Lettere in redazione
Io anziana, non mi fido delle «badanti»
Sono una signora di 86 anni ma non ho badanti, anche perché sono molto diffidente e penso che farei fatica a fidarmi. Con il nome di badante si indicano lavori diversi: c’è quella che una volta si chiamava «donna di servizio», c’è la «baby sitter», c’è quella che assiste gli anziani. Ma come si fa a sapere se una persona che viene in Italia è qualificata e adatta per fare questi lavori? Sono lavori che richiedono una preparazione particolare. Chi viene per lavorare per gli anziani, intanto dovrebbe sapere bene la lingua, poi dovrebbe essere rispettoso, avere molta pazienza. E avere chiarezza: non che dopo tre mesi torna al suo paese e manda una parente o un’amica, come molte fanno.
Noi italiani se cerchiamo un lavoro dobbiamo avere qualifiche, esperienza, titoli di studio. Perché per loro, che giustamente devono essere pagate bene perché fanno lavori difficili, non ci devono essere regole? Senza regola non c’è frati, si diceva una volta. La Chiesa oltre a difendere gli stranieri dovrebbe anche difendere gli anziani come me, e dire che le leggi ci vogliono e devono essere rispettate per il bene di tutti.
Secondo l’Accademia della Crusca, «badante» indica una «persona che si prende cura, soprattutto presso privati, di anziani o disabili». In questo si distingue dalla «colf», che si occupa piuttosto della gestione della casa (una volta si chiamavano «domestiche»). Il termine, comunque, non è molto amato e c’è chi lo considera poco rispettoso, perché in alcune regioni, come la Sardegna, viene utilizzato per chi guarda gli animali. Comunque sia, la parola è entrata nel linguaggio corrente. La prima legge che si occupa di questo tipo di lavoratori (anche se il testo parla piuttosto di «attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza») è la 189 del 2002 (la cosiddetta «Bossi-Fini»). Da allora, comunque, il termine «badante» è entrato ufficialmente nella normativa italiana. E anche in questi giorni nel governo si discute sull’opportunità di una sanatoria per «colf e badanti», dopo l’approvazione del decreto sicurezza.
Detto questo, giusto per far chiarezza sui termini, vengo alle sue obiezioni. Secondo dati recenti della Cgil ci sono in Italia oltre 750 mila «badanti», di cui 620 mila straniere: il 38% è senza permesso di soggiorno, il 22% ha il permesso ma lavora in nero. Il 7% di queste lavoratrici è in Toscana. Perché l’82% sono straniere? Semplice. Perché è difficile trovare un italiano che accetti di assistere 24 ore su 24 un anziano o un disabile con stipendi decisamente bassi (in genere non più di 800 euro al mese) e scarsissima considerazione sociale. Il fatto poi che un buon 38% sia irregolare (e da qualche giorno sia quindi un «delinquente», anche se il governo ripete che non corrono rischi) dipende in gran parte dal meccanismo di reclutamento previsto dalla legge Bossi-Fini. In pratica la famiglia che si trova nella necessità di procurarsi una badante straniera, che non sia già nel nostro paese con regolare permesso di soggiorno, dovrebbe fare una richiesta, senza conoscere la persona che assumerà e confidare che rientri nei «flussi» programmati dal governo, cosa peraltro assai difficile. Chi opera in questo settore sa del «tam tam» disperato di tante famiglie alla ricerca di un aiuto per poter mantenere in casa un anziano non più autosufficiente.
Dovrebbero essere preparate, sostiene la nostra lettrice. La maggior parte di queste «badanti» vengono dai paesi dell’Est europeo, dove spesso hanno studiato e magari si sono anche laureate, anche se si adattano a fare i lavori più umili per poter mandare un po’ di soldi a casa. Una maggiore qualificazione sotto il profilo infermieristico e assistenziale sarebbe certamente positiva, permettendo loro di guadagnare anche di più, ma in questa situazione è assai difficile da organizzare. Naturalmente anche tra loro, come tra noi italiani, ci sono le più brave e le meno brave, le più oneste e le meno oneste, le più capaci e le meno capaci. Ma chi ne trova una valida mi creda se la tiene stretta.