Vita Chiesa

Intervista a mons. Corti: Offrire una conoscenza più profonda dell’Eucaristia

Week-end sempre più frenetici, allontanamento dalla Chiesa come istituzione, la tentazione sempre più diffusa di vivere “come se Dio non esistesse”. Gli italiani e l’Eucaristia. Ne parliamo con mons. RENATO CORTI, vescovo di Novara e membro della delegazione italiana che partecipa alla XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Gli abbiamo anche chiesto di spiegarci cosa si nasconde dietro il mistero dell’Eucaristia e quali conseguenze l’incontro di Gesù nel Sacramento dovrebbe avere nella vita di tutti i giorni.

Partiamo da un dato evidente a molti: sembrano sempre meno le persone che si accostano al sacramento dell’Eucaristia…

“È vero ma non così dappertutto e nella stessa maniera. In Italia sono ancora tantissime le persone che vivono la domenica come il giorno del Signore. Credo che pur costatando una diminuzione nell’arco di questi ultimi decenni, questa partecipazione rappresenti ancora per la Chiesa una opportunità straordinaria che andrebbe valorizzata al massimo. È però vero che molti battezzati in questi ultimi 50 anni sembrano aver perso la strada che dalla propria casa, nel giorno del Signore, conduce alla Chiesa per la messa domenicale. Se ci chiediamo le cause, credo che siano più di una e tra queste c’è sicuramente la nuova fisionomia che stanno assumendo il sabato e la domenica. Nel week-end si concentrano moltissime attività organizzate dai vari soggetti della vita sociale, dai comuni alle società sportive alla scuola. Sono iniziative belle, però occorre avere anche la lucidità per riconoscere che è in atto una forma di secolarizzazione che non avviene con una lotta contro la Chiesa o il Vangelo, ma semplicemente offrendo opportunità che alla gente piacciono e che finiscono per occupare tutto il tempo”.

Possibile che la disaffezione dei cristiani alla messa domenicale dipenda solo dalla mancanza di tempo?

“La questione è certamente più profonda ed è di tipo spirituale. Ricorderei una duplice tentazione. La prima, che è la più grave, è la tentazione di vivere come se Dio non ci fosse. La seconda tentazione è quella di dirsi religiosi e credenti ma sganciando questa esperienza spirituale dalla Chiesa istituzionale e quindi dai luoghi e dai momenti tipicamente ecclesiali, il primo dei quali è proprio la Domenica e la celebrazione della Eucaristia”.

Che fare?

“Credo che questi dati chiedano che ai fedeli vada offerta una conoscenza più profonda del mistero che ricevono. Penso soprattutto ai giovani e ai ragazzi che sono i più assenti la domenica e, dunque, costituiscono un problema che fa soffrire. Ci dobbiamo fortemente impegnare a svelare loro il senso profondo dell’Eucaristia e la bellezza di una vita cristiana che si alimenta alla duplice mensa della Parola e del Pane”.

Che cosa è l’Eucaristia?

“L’Eucaristia è per un cristiano il segno più alto della volontà di Dio di essere vicino all’uomo. Se noi rileggiamo la storia del popolo ebraico, vediamo un Dio che è in marcia verso l’uomo per stabilire un’alleanza d’amore con lui. Già Mosè diceva: Quale Dio è così vicino come il nostro Dio. Ma il passo più sorprendente di questa marcia di Dio verso l’uomo è quello indicato dal Vangelo e, in particolare, dal Vangelo di Giovanni, nella sua prima pagina, là dove si dice che il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. E, dunque, se Mosè poteva dire che Dio è vicino, noi possiamo dire che non solo Dio è vicino all’uomo ma ha voluto farsi uomo. Nessuna religione al mondo afferma una cosa di questo genere. Ecco, l’Eucaristia è il segno più alto e perenne di questa scelta di Dio di essere presente nel cuore dell’umanità. E sotto i segni del Pane e del vino questa vicinanza diventa una comunione vitale, nel senso che noi veniamo assimilati a Cristo, diventando suoi consanguinei, con lui un solo corpo”.

Con quali conseguenze?

“Chi celebra l’Eucaristia e riceve il corpo di Cristo è chiamato a rendere visibile ciò che Dio è per lui nel rapporto con gli altri, perché l’amore di Dio nasce da un cuore grande, per il quale tutta l’umanità è la famiglia dei suoi figli. E, dunque, l’immergersi nell’Eucaristia diventa responsabilità e capacità di realizzare una presenza nel mondo che manifesti desiderio di unità e disponibilità ad amare fino al sacrificio. Due cose che costituiscono il dono più grande che si possa fare all’umanità da parte di ciascuno di noi. Un cristiano che vive dell’Eucaristia, è un uomo impegnato a vivere in favore dell’uomo, considerato come fratello”.a cura di Maria Chiara Biagioni