Prato

Intervista a Daniele Mannocci: «Da un pezzo di carta abbiamo fatto la provincia»

di Gianni Rossi«Nel 1995 ci siamo trovati tra le mani un foglio di carta, il decreto istitutivo dell’ente, oggi lasciamo una Provincia». Ha esordito così il presidente della Provincia Daniele Mannocci nella conferenza stampa di fine mandato. Si è anche commosso, lui che della Provincia è stato il primo presidente. «La nostra è una Provincia giovane per popolazione e per storia – ha sottolineato – che ha saputo rispondere alle esigenze di sviluppo del territorio impegnando risorse per circa 800 miliardi di vecchie lire pur continuando a mantenere l’imposizione fiscale più bassa d’Italia». Un presidente soddisfatto, dunque.«Sì, il nostro bilancio è positivo. Consegniamo una provincia strutturata, che ha ben lavorato e che ha molte punte di eccellenza. Certo, siamo stati favoriti in questi nove anni dal clima di simpatia che i pratesi nutrono verso questo ente desiderato per anni e anni. Ci è stata data molta fiducia e io credo che via abbiamo corrisposto». Di cosa va particolarmente fiero?«Innanzitutto della novità che il nostro ente rappresenta. Abbiamo costruito un ente nuovo non solo nel senso di recente, ma soprattutto nella sua concezione. Le altre province, di vecchia data, in genere erano – e in parte sono – chiuse in sé stesse, nelle vecchie competenze. Noi invece abbiamo aperto la Provincia fin da subito alla società, mettendola in dialogo col territorio. Una provincia dal volto nuovo, anche grazie ai dipendenti – il 40% hanno meno di 40 anni, il 50% sono laureati e il 63% donne – che hanno contribuito a costruire una struttura efficiente e moderna. Una provincia rosa, per il più alto numero di donne in giunta e consiglio». Dove ha inciso di più il nuovo ente?«Partirei dalle politiche del lavoro, le cui competenze sono oggi riunite nella Provincia. Il sistema automatizzato del collocamento e dell’incontro domanda-offerta di lavoro costituisce un’esperienza pilota. In questo ambito voglio menzionare l’investimento cospicuo nella formazione. Poi il settore ambientale, con la messa in sicurezza del territorio e con il piano dei rifiuti, delineato dopo decenni di incertezze. Poi vorrei citare il settore scolastico, dove grazie all’impegno della Provincia tutte le strutture sono a norma. Potrei continuare, ma segnalo ancora l’impegno per la diversificazione, a cominciare dall’agricoltura e dal turismo. Ma più che un elenco di fatti, mi piace sottolineare una filosofia di fondo». Quale?«La Provincia ha dato identità compiuta ad un territorio che l’aveva più che altro virtualmente, se si esclude il Comune capoluogo. Prima si pensava soltanto alla piana». Ha qualche rammarico?«No, direi di no. Se pensiamo che sei anni fa non avevamo nemmeno un ufficio tecnico strutturato… Sono soddisfatto, davvero. E il merito è della squadra di governo, del Consiglio, ma anche di tutti i dipendenti». Eppure il centrodestra nella campagna elettorale afferma che la Provincia è rimasta in ombra…«Per carità, di meglio si può sempre fare, ma bisogna confrontarsi su temi specifici, non su discorsi. La critica non mi sembra appropriata. Tutti i parametri ci dicono che siamo all’avanguardia tra le province». L’iniziativa che più ha concentrato le critiche in questo ultimo mandato è stato il gemellaggio con la città cinese di Wenzhou. Ne è rimasto sempre convinto?«Certo, ne sono convinto più che mai. A Prato, volenti o nolenti, vive una comunità cinese cospicua. Chi dice che sono state le amministrazioni locali a portare i cinesi a Prato sa di dire una sciocchezza. Se i cinesi sono venuti qua è perché qui hanno trovato chi ha dato loro il lavoro. Il gemellaggio crea alcune piste interessanti per favorire l’integrazione, avviando un dialogo con il territorio di provenienza. Ecco allora l’arrivo di medici e di insegnanti cinesi a Prato, per uno scambio proficuo. Poi c’è l’aspetto eminentemente economico: non dimentichiamo che la Cina sta diventando il più grande mercato del mondo: se noi – grazie alla presenza dei cinesi a Prato – riusciamo a trovare dei canali preferenziali, siamo in grado di offrire opportunità nuove per l’economia locale». Il suo impegno politico è nato con l’arrivo al governo locale dei cattolici democratici, una novità assoluta per il nostro territorio. Che bilancio si può trarre di questa presenza?«Credo che questa novità sia stata importante, non solo per il significato in sé, ma per l’apporto che i politici d’ispirazione cristiana hanno dato all’amministrazione locale. Grazie a loro, per la prima volta, gli enti locali si sono occupati davvero di tutti i cittadini, senza preclusioni di sorta. Basterebbe sottolineare, per quanto ci riguarda, l’impegno davvero grande che abbiamo profuso nella tutela del patrimonio artistico, in primo luogo quello sacro. Poi direi che è nell’attenzione particolare alla persona e ai suoi bisogni, alla sussidiarietà vera, che questa presenza ha dato i frutti più importanti. Ne è nato un pluralismo sociale e culturale che in gran parte è stato una novità». Quale sarà il suo prossimo futuro?«Fo parte del comitato elettorale dell’Ulivo, quindi sosterrò Logli per la mia successione. Il mio impegno non nasce nella politica ma, finito questo mio mandato, credo che sia giunto il momento di entrare direttamente nella politica: ecco, lavorerò per rafforzare l’alleanza e, in particolare, la Margherita».