Mi riferisco alla lettera di don Dino Fabiani, pubblicata sul n. 33 di Toscanaoggi. Non solo per la fiducia nella competenza e nella obbiettività di Franco Cardini, ma anche per essermi doverosamente documentato sulla materia, sono persuaso della fondatezza delle sue analisi e della correttezza dei dati da lui riportati. E mi offende che, di conseguenza, io debba essere definito «ingenuo o addirittura imbecille». Mi addolora che Don Fabiani, prima di lanciare accuse di clericalismo e peggio, non abbia sentito il bisogno di una facile verifica. E mi addolora ancor più la sua convinzione che, per amare la nostra Chiesa nonostante i suoi peccati, occorra oltre che soffrire per i tradimenti e le infamie dare credito incondizionato a tante falsità storiche che sono diventate luogo comune (e sbagliato).Giorgio GalliFirenzeDon Fabiani ha usato certamente espressioni forti (anche nei confronti del settimanale), ma non credo avesse l’intenzione di offendere qualcuno. Le critiche che venivano mosse al nostro articolo non si muovevano sul piano storico (sul quale la competenza di un esperto come Franco Cardini è indiscutibile), ma su quello della comprensione ecclesiale, contrapponendo erroneamente la nostra posizione a quella del Papa, che a proposito dell’Inquisizione ha chiesto pubblicamente perdono per lo «spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo». E questo anche se don Fabiani non se n’era accorto era il punto di partenza anche del bell’articolo di Franco Cardini.Claudio Turrini