Toscana

Informazione a rischio, «Sos» alle istituzioni

di Ennio Cicali

E’ finita il 10 novembre scorso l’avventura del Corriere di Livorno, fondato nel 2007 da Cristiano Lucarelli, ex centravanti della squadra amaranto.  La cooperativa Adriano Sisto editore, che l’aveva in gestione, ha presentato richiesta di liquidazione. La difficile situazione economica sembra essere all’origine della cessazione del quotidiano che avviene in un momento di ripresa per la testata: nuove pagine – come quelle del lunedì e del giovedì intitolate Corriere del porto – vendite raddoppiate fino a raggiungere le 2.000 copie giornaliere, gli introiti pubblicitari triplicati. Con la chiusura hanno perso il lavoro 11 giornalisti, di cui 5 assunti a tempo indeterminato, 5 poligrafici e oltre 40 collaboratori.

Fino all’ultimo, ha scritto il direttore Cristiano Draghi, si è lavorato per evitare la chiusura. «Ma i debiti accumulati nel tempo hanno avuto più forza di noi – dice – né potevamo chiedere al nostro fondatore di fare di più di quanto (a fondo perduto) ha già fatto». Tuttavia, sembra che qualcosa si stia muovendo per il ritorno del Corriere di Livorno in edicola. Ci sono professionisti e imprenditori che senza tanto clamore si stanno mettendo insieme affinché ciò avvenga.

In crisi anche l’Unità, dove da un anno e mezzo i giornalisti vanno avanti con la cassa integrazione a rotazione. Dal 15 ottobre avrebbe dovuto chiudere la redazione di Firenze dove lavorano 5 redattori a tempo pieno, un grafico, più decine di collaboratori da tutta la Toscana.  La mobilitazione dell’intera redazione nazionale, delle forze politiche e sociali, dei lettori, ha spostato la chiusura al 31 dicembre. Lunedì scorso in tanti si sono ritrovati al Saschall di Firenze per testimoniare la solidarietà all’edizione toscana dell’Unità che rischia di chiudere. In tantissimi, giornalisti, personaggi istituzionali (il governatore Rossi e il sindaco Renzi, ad esempio), lettori, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo si sono dati appuntamento per testimoniare quanto sia importante mantenere in vita il dorso locale.

Nel tormentato panorama dell’editoria in Toscana spicca anche la crisi di Canale 10, la storica televisione nata nel 1979, passata dalla proprietà di Cecchi Gori al gruppo di Raimondo Lagostena, vede molte ombre addensarsi sul proprio futuro. I 22 dipendenti – 9 giornalisti professionisti, 13 tra tecnici e impiegati – sono impegnati nel garantire la continuità delle trasmissioni. «Siamo preoccupati – spiegano i lavoratori – per la totale mancanza di risposte da parte della proprietà sul futuro occupazionale ed editoriale dell’emittente».

Situazione economica difficile anche al Giornale della Toscana che occupa 14 persone. Da qualche mese i giornalisti ricevono lo stipendio in ritardo. Di positivo c’è che il quotidiano non va male, grazie al traino del Giornale nazionale che favorisce l’aumento delle copie.

Si è conclusa la vicenda che ha portato alla chiusura di Firenze, la testata free-press della società editrice EPolis. L’editore e il sindacato dei giornalisti hanno concluso un accordo che prevede la cassa integrazione straordinaria per tutti i giornalisti. L’azienda chiederà ai competenti organi ministeriali l’accesso alla cassa integrazione per la durata massima di due anni.

L’analisi: parlano i presidenti toscani di Ordine, Assostamapa e Ucsidi Sara D’Oriano

Il giornalismo è in crisi. Non è una novità. A dirlo sono i numeri del precariato, della disoccupazione e dell’assottigliamento delle vendite che da anni coinvolge l’intero settore. Che gli italiani non siano un popolo di lettori è risaputo. Che ci sia un boom di informazione gratuita sul web che scoraggia le vendite dei giornali, anche. Eppure poco è stato fatto per arginare e risolvere i problemi di cui da anni si parla. Con il risultato che oggi la crisi pesa più che in passato. E si vede. Si vede nella chiusura del Corriere di Livorno, nella chiusura (decisa) della sede dell’Unità di Firenze, nelle incertezze sul futuro del trentennale Canale 10. E queste sono solo le esperienze visibili di una selva di realtà sconosciute persino agli organi ufficiali.

«Il quadro di questa crisi è pesante – spiega Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana –. Tra l’ultimo semestre del 2010 e il primo semestre del 2011 le stime dell’ Inpgi (L’istituto di previdenza dei giornalisti) prevedono il pensionamento anticipato di circa  mille professionisti. Se si pensa che in tutta Italia, compresi i pensionati, sono circa 27 mila e che solo la metà sono lavoratori attivi, compresi i disoccupati, la cifra è allarmante. E la Toscana ne risente in misura superiore rispetto alle altre regioni italiane. Questo perché la nostra regione è ricca di proposte editoriali di vario genere a fronte di un mercato pubblicitario più fragile rispetto ad altre realtà nazionali».Antonello Riccelli, presidente di Ucsi Toscana (Unione cattolica stampa italiana) sostiene che la crisi nasce da «un apparente paradosso. C’è infatti una maggiore richiesta di informazione che va di pari passo a una difficoltà crescente del settore. Questo perché siamo sommersi da tante realtà editoriali poco stabili e molto frastagliate che col tempo hanno prodotto un indebolimento dell’intero sistema dell’informazione. Lo stesso dicasi per  tv e radio per le quali si è verificato un proliferare abnorme e selvaggio. Mancano delle regole chiare e questo provoca da un lato una crisi d’identità della carta stampata dovuta al web; dall’altro il disorientamento di tv e radio, rimpiazzate dal digitale terrestre a scapito dei giornalisti e dei loro diritti». Difficile fare delle stime esatte sui numeri di questa crisi: «Purtroppo è un fenomeno che sfugge allo stesso sindacato – spiega Paolo Ciampi, presidente di Associazione Stampa Toscana, il sindacato dei giornalisti toscani – La chiusura delle realtà editoriali genera una disoccupazione che non coinvolge solo i giornalisti regolarmente assunti, ma tanti free lance, collaboratori e piccole realtà che spesso lavorano sul web. Per questo abbiamo costituito un gruppo che nei prossimi mesi monitorerà in particolare la realtà di internet e abbiamo in programma una serie di incontri con le principali realtà locali, primo fra tutto l’Anci a metà dicembre, per sensibilizzare sul problema».È di questi giorni anche l’incontro tra Assostampa e l’assessore regionale alle attività produttive e del lavoro Gianfranco Simoncini, durante il quale è stata aperta una vertenza regionale sullo stato dell’informazione in Toscana. Frutto dell’incontro sarà una giornata di confronto, che si terrà all’inizio del prossimo anno, tra istituzioni, imprenditori e giornalisti, per concordare una soluzione comune al problema. «Le istituzioni sono molto attente e disponibili» sottolinea Ciampi. «E noi faremo in modo che gli ammortizzatori sociali previsti siano mirati ad aiutare le strutture più solide per garantire una continuità alla professione e al pluralismo informativo. È importante pensare a interventi mirati che riuniscano ordini professionali, istituzioni, il mondo dell’imprenditoria e l’associazionismo perché non si tratta della crisi di un settore ma del sistema dell’informazione e della cultura che sono alla base della crescita sociale del nostro paese».

A incidere sulla crisi anche l’abolizione delle tariffe postali agevolate che ha determinato in molti casi la chiusura di redazioni e case editrici, che hanno visto aumentare, in certi casi del 500%, la spesa per le spedizioni di giornali, riviste e libri e una carente formazione professionale delle nuove generazioni: «Senza dubbio c’è stata in passato una sproporzione tra il numero di coloro che volevano avere accesso alla professione e i posti effettivamente disponibili – spiega Riccelli –. In parte la selezione la fa il mercato stesso, in parte però c’è una mentalità diffusa che svilisce il lavoro del giornalista. È necessario riaffermare che non basta saper scrivere bene per fare questo mestiere. Non basta la preparazione universitaria e la formazione, che deve coinvolgere anche principi etici e deontologia, che attualmente non vengono insegnati». «Quello della formazione è un problema piuttosto importante – continua Bartoli –. Il numero dei pubblicisti in Toscana è in leggero aumento, quello dei professionisti e dei praticanti invece no. In passato la formazione avveniva sul campo, all’interno delle redazioni e seguendo l’insegnamento dei più anziani. Oggi questo non esiste più e inevitabilmente la qualità dei giornali è inferiore, determinata anche dal prepensionamento che implica una perdita di professionalità all’interno delle redazioni. Per questo stiamo attuando una nuova modalità di accesso all’ordine dei pubblicisti che prevede una formazione di almeno tre giorni sui principi etici della professione». «Le nuove tecnologie – conclude Bartoli – devono essere viste come risorse e non come ostacoli a una professione che sarà sempre necessaria ma che deve essere riqualificata e regolamentata».

Nelle due tabelle compaiono solo alcune emittenti, quelle che si avvalgono delle rilevazioni Audiradio e Auditel. Questo, secondo il Corecom Toscana (Comitato regionale per le comunicazioni) è l’elenco completo delle televisioni locali toscane. (Dati aggiornati al novembre 2009)Arezzo: Grande Italia; Linea uno; Telesandomenico; Teletruria; Tv1; Tva; Valdarno channel. Firenze: 8 Toscana (ex tele 37); Antenna 5; Canale 10; Italia 7; Rete 37; Rtv38; Sesta rete; Teleiride; Teleregione toscana; Tgr – Telegrosseto; Toscana tv; Tvr Teleitalia; VideofirenzeGrosseto: Teletirreno; Tv9 – Telemaremma.Livorno: Granducato Tv; Telecentro 1; Telecentro 2.Lucca: Canale 39; Noi tv; Reteversilia news; Telecamaiore Nuovi Orizzonti; Tiesse Teleradio Serchio.Massa Carrara: Antenna 3; Teleriviera; Ttn Tele Toscana Nord; Pisa: Canale 50; Telemondo Antenna 40.Prato: Tv Prato 39.Pistoia: Tvl tv LiberaSiena: Canale 3 Toscana; Canale 8 (Canale 6 tv); Reporter Tv; Teleidea.

Discorso di Benedetto XVI alla Fisc (26 novembre 2010)