Cultura & Società
Infanzia e adolescenza. Garante: «Italia all’avanguardia, ma non mancano criticità»
Martedì 20 novembre ricorre la Giornata mondiale dell’infanzia 2018. Per l’occasione l’Autorità garante dell’infanzia e l’adolescenza ha presentato oggi a Roma la campagna #DirittiInCrescita, accompagnata dal claim «Proteggiamo la cosa più preziosa. Il futuro», e le iniziative che saranno messe in campo a partire da domani nel percorso che porterà alle celebrazioni del 30° anniversario della Convenzione Onu nel novembre 2019. A Filomena Albano, garante per l’infanzia e l’adolescenza, chiediamo qualcosa di più su campagna e iniziative e anche di fare il punto sui diritti dei bambini e ragazzi oggi in Italia.
Dottoressa, si tratta di una campagna particolare…
«Abbiamo chiesto ai bambini e ai ragazzi, nell’ambito di un nostro progetto, di riscrivere alcuni diritti della Convenzione. I bambini hanno dato spazio alla fantasia e all’immaginazione e sono venuti fuori nuovi diritti, come il diritto al sorriso o alla lentezza: i bambini dicono che i genitori o anche gli insegnanti, gli adulti in generale, li riempiono di attività e impegni, mentre loro vogliono andare più calmi; è il diritto alla spensieratezza, alla leggerezza, all’essere bambini. Un altro importante diritto emerso è quello a un tempo di qualità da condividere con i genitori. Traendo spunto dalle loro sollecitazioni, abbiamo pensato a uno spot radio e tv che abbiamo realizzato grazie alla collaborazione con il Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio. Adesso, grazie alla Rai, è veicolato in prossimità della Settimana dell’infanzia e dell’adolescenza, che parte domani, 20 novembre. Lo spot, che continuerà a essere diffuso nel prossimo periodo, prevede anche una campagna social e uno spazio dedicato nel sito web dell’Autorità garante dell’infanzia e l’adolescenza. Puntiamo a più iniziative che mirano a sottolineare l’importanza dei diritti dei bambini e dei ragazzi. La rivoluzione culturale della Convenzione di New York è solo agli inizi: essa mette al centro i bambini e li rende non solo destinatari della protezione degli adulti, ma persone titolari di diritti propri».
Questo cosa comporta?
«Un mutamento nella relazione tra il mondo degli adulti e quello dei bambini enorme, che non si legge più solo in termini di autorità, com’era in passato, ma in termini di autorevolezza. Anche tra i genitori e i bambini il rapporto muta: un tempo c’era la potestà genitoriale, ora la responsabilità genitoriale. Non è solo un cambiamento di parole, ma – ed è qui la rivoluzione culturale della Convenzione di New York – un cambiamento di impostazione. Significa considerare i bambini non solo minori, ma persone che di minore hanno solo l’età».
L’anno prossimo sarà il trentennale della Convenzione Onu: in Italia che frutti ci sono stati in questo periodo?
«Il nostro è un Paese faro sotto il fronte dell’affermazione dei diritti. È stato tra i primi a ratificare la Convenzione di New York nel 1991. Sul piano dell’attuazione pratica dei diritti, invece, ci sono tantissime criticità su cui intervenire. Tra le altre, la questione delle pari opportunità dei bambini e dei ragazzi, a prescindere dal luogo dove nascono e si trovano a vivere, che è un principio fondante della Convenzione di New York. Un altro aspetto è la povertà, che non è solo quella economica – attualmente ci sono in Italia un milione e duecentomila bambini poveri -, ma è anche educativa, che rischia di compromettere non solo il loro presente, ma anche il futuro. Inoltre, il bambino povero è anche povero di relazioni e, quindi, più solo. C’è anche, quindi, il tema della solitudine dei bambini e degli adolescenti, che impostano le loro relazioni spesso nel mondo della rete e non in quello reale, con i coetanei. Ci sono, poi, tante situazioni di vulnerabilità, che sono tali anche quando sono apparentemente ordinarie. Penso, ad esempio, ai figli dei genitori separati, che affrontano momenti difficili di transizione familiare e che vanno supportati e non travolti dai conflitti. Penso a situazioni di fragilità estrema come i figli dei genitori detenuti. Domani firmeremo con il ministero della Giustizia e l’associazione “Bambinisenzasbarre” un protocollo per i figli di genitori detenuti per sensibilizzare le autorità giudiziarie sulla necessità che i bambini conservino le relazioni genitoriali anche nell’ipotesi in cui un genitore fosse ristretto in un istituto penitenziario. Nessuno deve essere lasciato indietro, i bambini non possono essere stigmatizzati nel contesto scolastico o dove svolgono le loro attività, a causa, ad esempio, dello stato di detenzione dei genitori».
Tra le altre iniziative per il trentennale della Convenzione, qualcuna le sta particolarmente a cuore?
«Stiamo veicolando un nuovo progetto di diffusione della Convenzione tra i bambini di ottanta scuole italiane, in collaborazione con il Miur. È prevista anche la distribuzione del libro «Viaggio alla scoperta dei diritti dei bambini. Geronimo Stilton e la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza spiegata ai ragazzi». Un’associazione, poi, organizzerà conferenze ludiche in tutta Italia e io stessa girerò in tour per incontrare i bambini e raccogliere i nuovi diritti che loro scriveranno. Un altro progetto coinvolge i minori stranieri non accompagnati, presenti in centri di accoglienza, in un laboratorio fotografico che si tradurrà in una mostra, dal 6 dicembre al 6 gennaio, a Roma, al Museo delle Mura. Infine, il convegno nazionale al Teatro Adriano di Roma, il 10 dicembre, che sarà interamente gestito dai ragazzi, anche dalla Consulta dei ragazzi dell’Autorità garante, e che avrà come destinatari i rappresentanti delle istituzioni».
Nello spot l’Autorità garante viene rappresentata come un paladino dei diritti, anche quelli meno conosciuti: qual è l’impegno maggiore?
«L’impegno è enorme, perché l’Autorità è nata con delle dimensioni piccole e man mano sta crescendo. È un’istituzione recente del nostro Paese, che anche grazie al mondo dei media deve essere conosciuta e riconosciuta. Il suo ruolo è quello di ponte tra i bambini e i ragazzi, da un lato, e le istituzioni, dall’altro. Il nostro ruolo ci consente di intercettare i bisogni attraverso l’ascolto dei bambini e dei ragazzi e di tutti quelli che operano con loro e portarli all’attenzione delle istituzioni che possono intervenire in modo da trasformare queste esigenze in diritti effettivamente esigibili».