Toscana
Industria, sono a rischio 100 mila posti di lavoro
di Ennio Cicali
Cassintegrati a valanga, posti di lavoro a rischio, produzione industriale in calo: è la Toscana della crisi, come forse non è mai stata conosciuta in questi ultimi anni. Nei primi mesi di quest’anno la produzione è calata dal 2,2%, secondo l’indagine trimestrale di Confindustria e Unioncamere (tra luglio e settembre è stato del 3%). Comincia a cedere l’occupazione, anche se di poco (-0,1%), dopo sei trimestri ininterrotti di aumento. «La crisi finanziaria ha contagiato l’economia reale e pesantemente condizionato la domanda» avverte Antonella Mansi, presidente di Confindustria Toscana. Tendono al peggio le previsioni degli imprenditori che non si aspettano grandi ordini dall’estero, ancor meno dal mercato interno. La crisi è grave, secondo la Cgil regionale che snocciola i dati di province e settori in difficoltà: numeri che la Toscana non conosceva da decenni. Ci sono settori come il florovivaismo e la cantieristica che da 20 anni non avevano conosciuto crisi.
Sarà un Natale amaro per 100 mila lavoratori delle aziende in crisi, tra licenziati, cassintegrati, precari e non stabilizzati: 33.353 sono gli occupati a tempo indeterminato in cassa integrazione, 4.763 quelli già in mobilità. Tra i precari, a 31.700 non sarà rinnovato il contratto tra i 158.000 che vanno di rinnovo in rinnovo, 17.695 resteranno a casa perché al 31 dicembre non hanno avuto la stabilizzazione prevista dalla finanziaria, di questi 6.933 sono occupati nella pubblica amministrazione, 6.662 nello spettacolo e 4.100 nella scuola, università e ricerca.
Sono 660 le aziende le imprese con più di 15 dipendenti coinvolte in ristrutturazioni, cessazioni e calo di attività. Altrettanto grave, o addirittura peggiore, la situazione delle piccolissime aziende artigiane, quasi sempre a conduzione famigliare. La crisi non risparmia nessuno, dall’industria manifatturiera al turismo (-8,9% negli alberghi, meno 10% per le città d’arte), all’agricoltura (-20%).
Calano, secondo la Cgil regionale, anche i titoli delle imprese toscane quotate in borsa. Non va meglio per le aziende a dimensione internazionale, da Ansaldo Breda al Banco Popolare, alla russa Severstal (Lucchini di Piombino), la statunitense General electric (Nuovo Pignone), la lussemburghese Arcelor Mittal (La Magona di Piombino).
A fronte della drammatica situazione la Cgil ritiene insufficienti i provvedimenti del governo. La social card da 40 euro al mese toccherà appena al 7% dei pensionati toscani, il bonus al 6,24% di loro e al 5,36% delle famiglie con figli. Al contrario, tutti i toscani perderanno 100 euro in media per la mancata restituzione del fiscal drag e ne spenderanno 197 in più per i tagli alla sanità (42 milioni), al sociale (19 milioni nel 2008, altrettanti nel 2009 e 30 nel 2010), la scuola, l’università, la ricerca, la cultura (8 milioni con i tagli al fondo unico per lo spettacolo). Diminuirà anche il rimborso per le energie rinnovabili: dal 55% al 36%.
Non restare con le mani in mano, questa la strategia comune per battere la crisi, lo chiedono i sindacati. Il segretario della Cisl Toscana, Maurizio Petriccioli lancia una mobilitazione regionale contro la crisi e chiama in campo anche Regione, istituzioni locali e controparti datoriali. Quello che è certo è che, di fronte alla drammaticità della situazione non c’è spazio per una tattica attendista o solo difensiva. . Per Alessio Gramolati, segretario regionale della Cgil, se ne esce solo se si rigenera fiducia, se il governo affronta il tema degli ammortizzatori sociali per sostenere il momento di passaggio.
In questa fase difficile è importante non licenziare per non disperdere il patrimonio di competenze del sistema produttivo. Non conviene, sostengono Petriccioli e Gramolati, privarsi di un patrimonio che può servire per la ripresa. Per questo Petriccioli chiede di finanziare in deroga gli ammortizzatori sociali.