Violenza religiosa in crescita nel più grande paese musulmano al mondo, l’Indonesia, dove nei giorni scorsi due chiese e diverse case di cristiani sono stati incendiati nelle Molucche centrali. Il rapporto pubblicato ieri dal Wahid Institute accusa gruppi religiosi ma anche il governo. Le responsabilità di atti contrari alla libertà di fede sono per il 60 per cento dovuti a gruppi di ispirazione religiosa e per il 33 per cento allo stato. Erano stati 197 i casi registrati nel 2007, sono 232 quelli di cui si ha avuta notizia nell’anno che sta per finire. La responsabilità maggiore secondo il rapporto dell’istituto che porta il nome dell’ex presidente della repubblica e leader del Nahdlatul Ulama, organizzazione islamista che conta 20 milioni di aderenti va attribuita a movimenti musulmani radicali come il Fronte dei difensori dell’Islam (Fpi) e il Consiglio degli Ulema indonesiano (Mui). Al solo Mui sono attribuiti 50 dei casi di sopraffazione religiosa registrati nel 2008, e per la sua pressione il governo ha messo al bando la setta degli Ahmadiya, islamica ma considerata deviata. Un chiaro esempio di come la mobilitazione delle masse può essere usata per costringere il governo ad azioni che contraddicono la costituzione e che spingono la nazione alla disgregazione, ha detto il direttore del Wahid Institute, Ahmad Suaedy, alla presentazione del rapporto.Sir