Dossier
India, le camicie della solidarietà
È una risposta concreta alla disoccupazione di Madaplathuruth (circa 3.000 famiglie), ma soprattutto permetterà alle giovani di avere anche una dote, indispensabile in India per sposarsi. L’inaugurazione è stata un momento di festa per l’intero villaggio. Il presidente della Regione, Claudio Martini, le autorità locali e regionali del Kerala lo hanno sottolineato con forza nei loro interventi. Martini, che la sera prima aveva avuto un lungo incontro con i politici locali, ha ribadito l’impegno della Toscana per le donne. «Lo sviluppo o c’è in tutto il mondo ha detto durante l’inaugurazione o non ci sarà da nessuna parte. Anch’io, come il Papa, penso che la povertà è la nemica della pace; dobbiamo costruire la pace per battere la povertà».
Dopo i discorsi, e il taglio del nastro, le famiglie del villaggio avevano, cucinando tutta la notte, preparato il pranzo per le oltre 1000 persone intervenute. E la sera, nella grande tenda costruita di fronte alla fabbrica, i gruppi parrocchiali hanno dato vita a uno spettacolo musicale. È significativo che i giornali locali abbiano dato spazio a questa notizia, con articoli e foto. Nel Kerala, c’è una forte presenza cristiana, ma la quasi totalità è indù; ai missionari vengono imposte molte restrizioni a cominciare dai visti di ingresso. Monsignor Francis Kallarakall, vescovo della diocesi di Kottapuram (nella cui giurisdizione c’è la casa delle suore e la fabbrica) non ha potuto essere presente all’inaugurazione perché impegnato con la riunione di tutti i vescovi indiani «e non è bene assentarsi dall’assemblea, anche se per importanti motivi». Ha voluto ricevere in Arcivescovado la delegazione. «La chiesa non vuole convertire nessuno ha detto monsignor Francis ma solo arrivare al cuore di ogni uomo e donna. Presentare Cristo, così come faceva madre Teresa. Servire i poveri è il nostro unico e solo obiettivo».
È un vescovo giovane, nato in un villaggio vicino. Regge la diocesi di Kottapuram, 34 parrocchie, dalla sua costituzione nel 1987. Ha voluto dedicare tutta la mattinata all’incontro con le suore francescane e la delegazione, rispondendo alle domande, spiegando la pastorale della diocesi. «La fabbrica ha detto ancora il vescovo non risolve i problemi del villaggio, e non poteva che essere così, ma è un segno, un segno importantissimo di speranza per tutti, cristiani e indù».
L’ultima sera, prima della partenza prevista alle 4 della mattina, nessuno aveva voglia di andare a letto. Le suore indiane avevano organizzato, dopo cena, un piccolo spettacolo con danze e canti. Poi ciascuno ha voluto esprimere il suo grazie per l’ospitalità, per l’aiuto dato a capire. E Roberto, che aveva cucinato la cena italiana quando era venuto il vescovo, ha detto con la voce rotta dall’emozione «stare con voi mi è sembrato come essere a casa mia, con le mie figlie. Mi avete aiutato in tutto, anche a superare la lontananza dalla famiglia». L’appuntamento è per la prossima estate, quando a fine agosto, le otto suore indiane verranno in Italia, e a Casalino faranno la professione solenne.
«L’Istituto stesso spiega ancora la madre doveva essere piccolo e povero e tutte le nostre case sono improntate ad una grande sobrietà e sono abitate da piccoli nuclei di cinque-sei sorelle. In India siamo presenti dal 21 febbraio 1994 con questa casa nel villaggio di Madaplathuruth. Su 300 famiglie moltissime vivono sotto la soglia di povertà: non hanno casa, né assistenza medica né lavoro e le famiglie praticano la coltivazione di noci di cocco e la pesca. Così, fin dal nostro arrivo, abbiamo finalizzato gli interventi nell’ area abitativa, in campo sanitario ed educativo e nella promozione del ruolo della donna».
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