Vita Chiesa
Incontro Cei a Bari, Roccucci: “nel Mediterraneo ferito dai conflitti c’è sete di pace”
“Molte comunità cattoliche – e non sono pochi tra di voi i vescovi di questi Chiese – hanno vissuto e continuano a vivere il dramma della guerra nei loro Paesi – ha sottolineato -. Una delle conseguenze dolorose è l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente che non può lasciarci insensibili”. “La guerra diffonde violenza nelle società, le riveste dell’abito dell’odio, che sempre più è percepibile nel dibattito pubblico e della vita quotidiana”, la denuncia: “Si diffondono le armi, il militarismo esercita un fascino su settori consistenti della società. Si sta affermando una riabilitazione della guerra, considerata strumento legittimo per risolvere situazioni conflittuali e per perseguire obiettivi politici”. Di qui l’urgenza dell’educazione alla pace, compito che “le comunità cristiane sono chiamate ad affrontare con urgenza e creatività. Educare alla pace per sconfiggere l’odio”. La Chiesa, per Roccucci, “è chiamata a calmare e non attizzare le passioni nazionali, ad abbattere i muri che dividono le società e a costruire ponti di riconciliazione”.
“C’è sete di pace – ha affermato – nel Mediterraneo ferito da troppi conflitti. La pace ha bisogno di dialogo e di amicizia, di costruire ponti e superare i muri della divisione e dell’odio. Oggi nel mondo globale, in un Mediterraneo abitato da donne e uomini disorientati e spesso dominati dalla paura, la speranza cristiana è un’urgenza e una responsabilità. Lo è davanti alle sfide di un cambiamento d’epoca che segna nel profondo le società mediterranee. Queste sfide sono domande di fronte alle quali non si può restare tranquilli, tanto meno rassegnati o indifferenti”.
“Il fenomeno delle migrazioni – secondo Roccucci – suscita reazioni di paura e di chiusura, spesso alimentate ad arte e manipolate. Un discorso nazionalista si accompagna a tali reazioni. Viene messa in discussione l’universalità della Chiesa. Oggi si pone in modo nuovo e pregnante la domanda sulla dimensione universale del cattolicesimo in comunità tentate dalla chiusura, dall’etnicismo, dal nazionalismo, mentre si affacciano modelli di nazional-cattolicesimo”.
“La pace, la convivenza e il dialogo, una società inclusiva a partire dai più poveri – conclude Roccucci – sono le frontiere su cui i cristiani possono dare un contributo profetico di cambiamento della storia, di umanizzazione delle società e di apertura all’universalità in un tempo di antagonismi e di risorgenti nazionalismi. Dalle comunità cristiane può arrivare un contributo decisivo alla costruzione di società inclusive, a partire dall’attenzione ai poveri”.