Vita Chiesa

Incontro abusi in Vaticano: testimonianza, «la vittima non è colpevole del suo silenzio, le ferite non vanno mai in prescrizione»

«Volevo rompere il silenzio di cui si nutre ogni forma di abuso; volevo ripartire da un atto di verità, scoprendo poi che questo atto offriva un’opportunità anche a chi aveva abusato di me». «Ho vissuto l’iter di denuncia con un costo emotivo molto elevato», ha raccontato la donna: «Parlare con sei persone di grande sensibilità, ma solo uomini e per di più sacerdoti è stato difficile». «Io credo che una presenza femminile sarebbe un’attenzione necessaria quanto indispensabile per accogliere, ascoltare e accompagnare noi vittime», la proposta.

«L’essere creduta e la sentenza, comunque, mi ha donato un dato di realtà», ha proseguito la donna, abusata a 11 anni, per cinque anni consecutivi, da un sacerdote della sua parrocchia: «Quella parte di me che ha sempre sperato che l’abuso non fosse mai accaduto, si è dovuta arrendere, ma al contempo ha ricevuto una carezza: io ora so che sono altro, oltre l’abuso e le cicatrici che porto».

«La Chiesa può andare fiera della possibilità di procedere in deroga ai tempi di prescrizione, ma non del fatto di riconoscere come attenuante, per chi abusa, l’entità del tempo trascorso tra i fatti e la denuncia», come nel suo caso, la denuncia della donna: «La vittima non è colpevole del suo silenzio! Il trauma e i danni subiti sono tanto maggiori quanto più lungo è il tempo del silenzio, che la vittima trascorre tra paura, vergogna, rimozione e senso di impotenza. Le ferite non vanno mai in prescrizione, anzi!».