Vita Chiesa

Incontro abusi in Vaticano: card. Marx, dossier distrutti o nemmeno creati, imposto il silenzio alle vittime, reati cancellati o scavalcati

«L’amministrazione non ha contribuito ad adempiere la missione della Chiesa ma, al contrario, l’ha oscurata, scredita e resa impossibile», la tesi di Marx a proposito della gestione della crisi degli abusi. «I dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati», la denuncia del porporato: «Le procedure e i procedimenti stabiliti per perseguire i reati sono stati deliberatamente disattesi, e anzi cancellati o scavalcati. I diritti delle vittime sono stati di fatto calpestati e lasciati all’arbitrio di singoli individui». Per Marx, «sono tutti eventi in netta contraddizione con ciò che la Chiesa dovrebbe rappresentare. Il modo in cui l’amministrazione della Chiesa è stata strutturata e svolta non ha contribuito a unire tutto il genere umano e ad avvicinare di più gli uomini a Dio ma, al contrario, ha violato tali obiettivi». «Tracciabilità» e «trasparenza«: sono questi, secondo il cardinale, i requisiti di una corretta amministrazione in materia di abusi, che «deve avvenire in modo tale che le persone si sentano accettate nelle procedure amministrative, che si sentano apprezzate, che possano fidarsi del sistema, che si sentano sicure e trattate giustamente, e che siano ascoltate e che vengano accettate le loro legittime critiche».

«Ridefinire la confidenzialità e il segreto, e distinguerli dalla protezione dei dati». È la proposta avanzata dal card. Reinhard Marx, nella sua relazione. Contestando alcune possibili «obiezioni» sulla «trasparenza e tracciabilità» delle procedure amministrative relative ai casi di abuso, Marx ha citato anche quella della «violazione del segreto pontificio» o del rischio di «rovinare la reputazione di sacerdoti innocenti o del sacerdozio e della Chiesa nel suo insieme attraverso false accuse, se queste vengono rese pubbliche». «Tali obiezioni alla tracciabilità e alla trasparenza non sono particolarmente convincenti», la tesi del porporato. «Ogni obiezione basata sul segreto pontificio sarebbe rilevante solo se si potessero indicare motivi convincenti per cui il segreto pontificio si dovrebbe applicare al perseguimento di reati riguardanti l’abuso di minori», ha affermato Marx: «Allo stato attuale, io di questi motivi non ne conosco».

«I principi di presunzione di innocenza e di tutela dei diritti personali e la necessità di trasparenza non si escludono a vicenda», la tesi del cardinale: «Anzi, è proprio il contrario». Da un lato, infatti, «una procedura trasparente, regolata in modo chiaro e definita, assicura che vengano fatti i passi giusti prima che coloro che devono pronunciare la sentenza lo facciano. È il miglior meccanismo di sicurezza contro pregiudizi o falsi giudizi sulla questione». Dall’altro, «una procedura chiaramente definita e pubblica stabilisce un grado di credibilità che permette di riabilitare la reputazione di una persona falsamente accusata, la quale altrimenti sarebbe esposta a pettegolezzi qualora le indagini non fossero adeguate, trasparenti o conclusive». «Trasparenza non significa accettazione acritica e diffusione non disciplinata di accuse di abusi», ha precisato Marx: «Il fine è un processo trasparente, che chiarisca e specifichi le accuse, e che segua gli standard generalmente accettati riguardo a quanto e come il pubblico, le autorità e la Curia Romana devono essere informati». «Non è la trasparenza, a danneggiare la Chiesa, ma piuttosto gli atti di abuso commessi, la mancanza di trasparenza o il conseguente insabbiamento», ha concluso il porporato.