Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Incidenti sul lavoro, prostituzione ed economia: il messaggio del Vescovo alla Diocesi, in occasione della festa del patrono di Arezzo e della Diocesi.

«Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore». Esse «ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore». Carissimi fratelli e sorelle, il brano del vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato ci introduce perfettamente alla festa che la nostra comunità cristiana celebra quest’oggi.Ricordiamo, infatti, san Donato, secondo vescovo di questa chiesa particolare e patrono della città di Arezzo e della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, e con lui celebriamo la nascita, nella nostra terra, della prima comunità di credenti.San Donato fu per lungo tempo Pastore di questa chiesa, rimanendo alla guida della giovane comunità cristiana che qui si era formata per oltre vent’anni, durante i quali percorse infaticabilmente il vastissimo territorio del municipio romano di Arezzo annunciando il Vangelo ai pagani.La sua intensa predicazione e la sua intima adesione alla Parola di Dio, testimoniata dallo zelo missionario che animava il suo ministero episcopale, gli valsero l’appellativo di «apostolo della Tuscia». Egli si fece strumento nelle mani di Dio e, accogliendo l’esortazione che l’apostolo Pietro nella sua prima lettera rivolge agli anziani, modellò il proprio servizio nella Chiesa all’immagine del buon Pastore, custodendo il gregge che gli era affidato “volentieri” e “di buon animo”.Come non riconoscere, allora, in san Donato il buon pastore descritto dal profeta Ezechiele nella prima lettura: egli passò in rassegna il gregge che, disperso, abitava queste terre, annunciando a ciascuno la salvezza operata da Dio attraverso il sacrificio del Cristo. San Donato fece di genti diverse e lontane un popolo solo, e con l’offerta della propria vita si rese testimone credibile del Vangelo a immagine di Cristo, buon Pastore, che offre la vita per le pecore.Su quella testimonianza, sulla fede dei primi cristiani di Arezzo – spesso misurata con il sangue – si fonda ancora oggi saldamente la nostra Chiesa. E sebbene i tempi attuali siano così diversi da quelli nei quali il nostro patrono si spendeva per la diffusione del Vangelo e per l’edificazione di una solida e fervente comunità cristiana, anche la nostra fede è messa alla prova, il nostro gregge minacciato dai lupi.I falsi idoli che ispiravano l’ostilità dei pagani verso i cristiani si ripresentano oggi nell’indifferenza che abita spesso la nostra società, nella diffusione di modelli di vita contrari al Vangelo, nella ricerca di obiettivi e nel manifestarsi di comportamenti che offendono la dignità e la sacralità della vita. Mi vengono in mente i drammi di molte ragazze e donne che arrivano nell’aretino con il miraggio di un avvenire migliore e che, invece, vengono avviate alla prostituzione nel cuore delle nostre città. Negli ultimi tempi le forze dell’ordine hanno portato alla luce vicende sconcertanti nella nostra provincia, ma le pur positive azioni degli organismi di polizia non possono bastare a sradicare una piaga sociale che annulla la dignità della persona e la riduce a puro oggetto di piacere rudimentale.Perciò, va condannato con forza lo sfruttamento a fini sessuali della persona (in particolare quando si fa leva sulla miseria, sul ricatto o sulla violenza), ma va deplorata con altrettanta determinazione una cultura edonistica che si nutre di un vero e proprio commercio dei corpi e che, di fatto, alimenta la prostituzione. Ormai viviamo in una società che tende a banalizzare l’esperienza dell’amore e della sessualità e che esalta gli aspetti effimeri della vita oscurandone i valori fondamentali. Così diventa quanto mai urgente, anche nella nostra amata terra, annunciare e testimoniare che la verità dell’amore esiste là dove si realizza un dono pieno e totale delle persone con le caratteristiche dell’unità e della fedeltà.Tornando alla mirabile figura del Vescovo Donato, va ricordato anche il senso di giustizia che guidava le sue azioni. Un’analoga rettitudine di coscienza deve ispirare l’agire di coloro che adesso, nel terzo millennio, hanno responsabilità in ambiti fondamentali della società civile. A cominciare dal mondo del lavoro che nella nostra terra sta attraversando una fase estremamente delicata. Le difficoltà di numerose aziende, il ricorso sempre più frequente agli ammortizzatori sociali, l’eccessiva flessibilità che rischia di trasformarsi in precariato preoccupano l’intera comunità ecclesiale che sempre più spesso diventa uno dei pochi punti di riferimento per le famiglie che devono fare i conti con la sciagura della disoccupazione e gli stupendi con un esiguo potere d’acquisto.Dal momento che il lavoro è un bene per tutti, la capacità progettuale di una società proiettata verso il futuro si misura anche e soprattutto sulla base delle prospettive di impiego che essa è in grado di offrire. Pertanto, la «piena occupazione» è un obiettivo doveroso per ogni ordinamento orientato alla giustizia e al bene comune.E non possono non allarmare gli incidenti sul lavoro che con una inquietante regolarità si ripetono nell’aretino. Nel 2005, proprio in occasione della solennità di San Donato, avevo citato le parole scritte da Papa Leone XIII nella «Rerum Novarum» alla fine dell’Ottocento: «Nemini licet», a nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell’uomo di cui Dio stesso dispone con grande rispetto. Ma, a distanza di un anno, la situazione non sembra essere cambiata. Anzi, stando ai recenti episodi di cronaca, il quadro appare addirittura peggiorato. E, quindi, torno a dire che sono troppi coloro che perdono la vita sul posto di lavoro o restano feriti all’interno delle aziende e nei cantieri. La vita di chi lavora è infinitamente più importante della professione e va assicurata con ogni mezzo.«Io sono il buon Pastore», dice Gesù nel Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato. Egli scorge il lupo, ma non scappa come il pastore mercenario, non abbandona il suo gregge! Non cessa di difendere il gregge che il Padre gli ha affidato, ma offre la sua vita per le pecore, anche per quelle lontane, che non sono nell’ovile, e fa di loro un gregge solo, conducendole sui pascoli erbosi e alle acque tranquille cantate dal re Davide nel salmo 22.Il buon Pastore sia l’antidoto alla nostra indifferenza. «Mi sta a cuore», ripeteva don Lorenzo Milani ai ragazzi di Barbiana. Anche a noi deve stare a cuore l’altro, sia esso vicino oppure lontano. E anche a noi devono interessare le sorti del mondo che continua ad essere funestato da scontri dimenticati e che adesso vive giorni di angoscia per la guerra in corso in Libano e in Israele. Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di conflitti lontani a cui è possibile guardare con occhi distaccati. Non è così, carissimi. La nostra mente non può restare insensibile di fronte alle decine di morti che mietono le bombe intelligenti, i razzi rudimentali o le incursioni degli eserciti. Il nostro agire non può essere dettato dalla logica dell’apatia. La pace si costruisce partendo dal quotidiano: il dialogo e la concordia che si invocano per il Medio Oriente, l’Africa, l’Asia o il Sud America vanno vissuti anche qui, nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle parrocchie, nelle scuole. Soltanto in un clima diffuso di rispetto può maturare un’autentica cultura di pace capace di diffondersi anche nella comunità internazionale.Fratelli e sorelle! I semi di speranza, incarnati nella vita di san Donato, si scorgono anche nel cammino della nostra comunità diocesana, avviata a celebrare in ottobre, assieme all’intera chiesa italiana, il quarto convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Verona. Nel corso dell’anno pastorale che si sta concludendo, le nostre comunità hanno approfondito il tema del convegno “Testimoni di Cristo risorto, speranza del mondo” e hanno vissuto giorni di straordinari intensità ospitando uno dei cinque eventi di avvicinamento all’appuntamento del prossimo autunno: quello sulla cittadinanza. Ne è emersa una comunità cristiana che conosce le difficoltà di doversi confrontare con la cultura dominante che dimentica le radici cristiane e non di rado vi si contrappone, ma che, coerente con le proprie tradizioni e le proprie antiche risorse, trova in questa consapevolezza lo stimolo a rimotivare la propria fede attraverso una rinnovata esperienza di catechesi per gli adulti.Una comunità sempre più protesa verso le situazioni di fragilità umana, per comunicare a tutti gli uomini e, in particolare, a coloro che vivono ai margini della società, l’amore e la misericordia di Dio.Una comunità più aperta al confronto con la società e alla presenza culturale, quali atteggiamenti imprescindibili per «offrire il proprio peculiare contributo al rinnovamento dell’uomo e della società». Come ho già ricordato, la vita del Vescovo Donato è stata caratterizzata da uno zelo missionario che ne ha fatto un maestro dell’insegnamento. Da lui la nostra comunità ecclesiale può trarre le giuste motivazioni per riscoprire una sua dimensione nell’educazione alla cultura. Spetta in particolare ai laici plasmare il contenuto della cultura. Infatti, diventa più che mai urgente tornare a fare delle nostre parrocchie, delle nostre associazioni e dei nostri gruppi i laboratori culturali in cui avviene l’incontro fecondo fra il Vangelo e i vari saperi. E un mio particolare pensiero va al mondo della scuola che anche nella nostra provincia non è esente da difficoltà e problemi: agli insegnanti dico grazie per il ruolo delicato e insostituibile che svolgono; agli studenti chiedo di vedere nell’esperienza scolastica non soltanto un preambolo all’impegno lavorativo ma un tempo propizio di crescita che li accompagnerà per il futuro. Affidiamo questi “semi” di speranza alla protezione di san Donato. Con il suo esempio egli aiuti noi sacerdoti nel servizio alla Chiesa, perché accogliamo nel cuore l’esortazione dell’apostolo Pietro a essere modelli di fede per il gregge che ci è affidato. Con la sua intercessione egli ottenga che Cristo buon Pastore vegli sul suo gregge, parli ai cuori delle pecore perdute e smarrite, sani quelle ferite e malate, confermi quelle sane e forti.Amen!

+ Gualtiero Bassetti Vescovo