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Incendi Amazzonia: Oliveira (Repam), «Bolsonaro attacca Chiesa e Ong per cercare di chiamarsi fuori dalle sue responsabilità»

«Il Governo Bolsonaro vuole attaccare le organizzazioni non governative, ma soprattutto cerca di attaccare la Chiesa dentro al tema del conflitto agrario». Lo sostiene Márcia Oliveira, docente di Sociologia all’Università Federale di Roraima (Ufrr), componente della Giunta della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) e perito in vista dell’imminente Sinodo dell’Amazzonia, interpellata dal Sir sugli incendi che stanno distruggendo vaste zone della foresta amazzonica. 

«Bolsonaro – prosegue la docente – cerca molte volte di attaccare alcuni organismi come la Commissione pastorale della terra (Cpt) e del Consiglio indigenista missionario (Cimi), entrambi collegati alla Chiesa brasiliana. Sono due importanti istituzioni che difendono i popoli dell’Amazzonia. Bolsonaro, con le sue dichiarazioni, cerca di tirarsi fuori e al tempo stesso di coinvolgere proprio chi lavora in difesa dell’Amazzonia. È grave che il Governo non voglia responsabilizzare le sue istituzioni e cerchi di rovesciare la colpa sulla Chiesa che difende la popolazione e sulle organizzazioni sociali, che sono invece contro il piano di distruzione della foresta. Mi sembra una strategia molto codarda». La conclusione della sociologa è che «la Repam ha una posizione chiara, assieme ai vescovi latinoamericani del Celam, a fianco della popolazione che vive in questa regione e contro il piano di distruzione della foresta amazzonica». «Abbiamo una posizione molto forte contro il Governo e contro gli interessi imprenditoriali, che causano il fuoco e danneggiano non solo gli alberi, ma tutte le forme di vita della foresta. Inoltre, la Repam è contro il piano di saccheggio della foresta a favore delle monoculture di soia e mais e degli allevamenti».

«Da due settimane gli incendi vanno avanti e si stanno man mano estendendo, sia nell’Amazzonia brasiliana che nei paesi vicini, in particolare in Bolivia e Perù. In Brasile le situazioni peggiori sono negli stati di Acre, Rondônia, nel sud dell’Amazonas, nel Pará e nel Mato Grosso. La cosa molto grave è che le autorità ufficiali del Governo non stanno facendo nulla per fronteggiare questa situazione». «Anzi – rincara la docente -, è proprio il Governo a essere d’accordo con le grandi imprese, che sono interessate a far retrocedere la foresta per dare spazi agli allevamenti e alle monoculture agricole, soprattutto la soia. Invece le più danneggiate sono le popolazioni originarie, che dalla foresta traggono tutto il loro sostentamento». Cifre ufficiali parlano di circa 73mila fuochi, con danni incalcolabili e per ora non quantificabili per la regione che contiene il 20% della riserva d’ossigeno del pianeta. La docente sottolinea che, in questo periodo dell’anno, per quanto riguarda molte zone del Brasile, non ci sono cause naturali che possano scatenare incendi: «È importante sottolineare che la siccità non si verifica in questa stagione, per esempio nello stato dove vivo, il Roraima, dove la foresta è mescolata alla savana, la stagione secca è in dicembre e gennaio. Non può essere questo il motivo delle fiamme».

A, suo avviso, piuttosto le «fiamme non si scatenano naturalmente, ma sono provocate attraverso una strategia di distruzione della foresta». «I piccoli contadini non hanno l’abitudine di appiccare fuochi nella loro foresta, sanno bene che la loro vita dipende da loro. Chi incendia la foresta è gente vicina alla grande agricoltura intensiva e all’allevamento. Succede ogni anno, ma quest’anno la cosa ha assunto una gravità senza precedenti».