Vita Chiesa
In preghiera con Padre Pio
di Jacopo Masini
Un luogo di aggregazione e di condivisione, un cammino di preghiera e di crescita spirituale verso Gesù e la sua Chiesa. Un punto di riferimento per molte persone che hanno visto in San Pio da Pietrelcina un testimone autentico del messaggio evangelico, una figura che capisse la sofferenza e riuscisse con le sue parole a dare un senso nuovo al dolore e all’esperienza umana. I gruppi di preghiera sorti dall’invito del frate santo sono ormai una realtà consolidata a livello ecclesiale, portati avanti da molte comunità parrocchiali anche nella nostra regione. E mentre, a seguito dei vari libri pubblicati in questi giorni, sui giornali e in tv si dibatte sulla vita di Padre Pio, i gruppi da lui fortemente voluti continuano serenamente la loro attività di preghiera.
Negli anni ’50 Padre Pio recepì l’invito di papa Pio XII perché i fedeli si dedicassero con assiduità alla preghiera, promuovendo così l’aggregazione di persone in gruppi attorno all’ospedale «Casa Sollievo della Sofferenza» che stava sorgendo a San Giovanni Rotondo. I gruppi traggono ispirazione proprio da un simile contesto, in cui la malattia e il dolore si tramutano in occasione di in-contro con Dio. Aperti a tutti, i gruppi si propongono ancora oggi di essere anche un percorso di formazione per crescere nella fede e nella Chiesa. Fu Giovanni Paolo II a sottolineare nel 1998 proprio questo punto, invitando a far sì che i gruppi fossero sempre più una «occasione di approfondita catechesi e stimolo alla serena e coraggiosa coerenza cristiana».
È don Francesco Bazzoffi, responsabile dei gruppi di preghiera per la Toscana, a guidarci alla scoperta di questo mondo di spiritualità nella nostra regione. «Non c’è solo devozione particolare ad una figura importante della Chiesa – spiega don Francesco – ma anche una vicinanza particolare al mondo che soffre, alle persone malate. Non è un caso che il punto di riferimento fondamentale ancora oggi sia l’ospedale di San Giovanni Rotondo con le sue attività e con le sue pubblicazioni». La rivista Casa Sollievo della Sofferenza, edita nel 1949, costituisce un valido aiuto per le attività dei gruppi, con le sue schede di approfon-dimento su temi particolari. «Gli incontri si svolgono a cadenza mensile – continua don Bazzoffi – e sono preceduti dall’adorazione eucaristica, durante la quale si recita il rosario, la celebrazione dell’Eucaristia, e la lettura di alcuni brani scritti da Padre Pio. Il materiale attinto da Casa Sollievo della Sofferenza rappresenta uno spunto ulteriore per discutere e condividere».
I gruppi di preghiera sono regolati da uno statuto approvato dalla Santa Sede e dalle varie diocesi, in cui si evidenzia il legame dei vari gruppi con le chiese locali in cui sono inseriti. In particolare poi la presenza di un assistente ecclesiastico per ogni gruppo e di un referente laico permette la gestione delle attività di preghiera e di coinvolgimento delle persone che vi partecipano. «Sono gruppi di spiritualità – sottolinea don Bazzoffi – in cui la figura di padre Pio rappresenta un modello per arrivare ad una conoscenza più profonda della fede e ad un’unione sempre più concreta con Gesù».
Firenze e la Toscana rappresentano un terreno molto fertile per i gruppi di preghiera. La tradizione di spiritualità promossa da Padre Pio è legata al nome di Mons. Giancarlo Setti, la cui figura è stata recentemente ricordata attraverso una mostra nei locali della parrocchia di San Remigio a Firenze, e che fu una della persone più vicine al frate cappuccino. «Padre Pio desiderava una guida per i gruppi di preghiera, una persona che accompagnasse i vari gruppi, li seguisse da un punto di vista spirituale e tracciasse il cammino per un’autentica crescita cristiana», raccontano alcuni fedeli di San Remigio. «Don Setti non smise mai di fare il parroco – proseguono nel ricordo gli appartenenti a questa comunità fiorentina – ma nelle varie realtà in cui si venne a trovare portò il suo impegno a fare della preghiera, della Messa e della conoscenza della Parola di Dio un motivo di forte legame fra la gente». Nominato da padre Pio stesso come responsabile dei gruppi di preghiera, don Setti si spese con grande forza non solo per la loro diffusione, ma anche perché costituissero «uno strumento di conversione per coloro che si affacciavano alla fede, un mezzo per accogliere tutti – sottolineano coloro che si affiancarono a don Setti – permettendo così a tutti di crescere nella conoscenza di Cristo».
Ma come mai proprio Padre Pio? «La sua particolare inclinazione a capire la sofferenza delle persone, fisica o interiore che fosse, continua ad affascinare chi si avvicina alla sua figura», racconta Alessandro Lunghi di Sant’Egidio, parrocchia fiorentina a stretto contatto con la realtà della sofferenza in quanto interna all’Ospedale di Santa Maria Nuova.
Un santo dunque attuale, «un testimone della vicinanza di Cristo ai sofferenti e una figura capace di attirare e confortare anche chi è lontano o scettico», commenta Canio Cortese di San Remigio. Chi infatti partecipa ai gruppi di preghiera ha colto nella sensibilità del frate cappuccino, che emerge dalla sua storia e dai suoi scritti, «un motivo di ammirazione, ma anche di risposta al proprio bisogno di spiritualità», sottolinea don Francesco Bazzoffi.
Oltre agli incontri mensili di preghiera, uno degli appuntamenti più importanti è costituito dal pellegrinaggio nei luoghi di forte spiritualità. Don Setti stesso, che per anni è stato l’animatore carismatico dei gruppi di preghiera, valorizzava una simile esperienza, portando molte volte i suoi parrocchiani ad esempio in Terra Santa, a lui molto cara e considerata come la meta per eccellenza di un pellegrinaggio. Un ruolo altrettanto significativo ricopre il viaggio a San Giovanni Rotondo e nelle altre località dove è vissuto Padre Pio: «È un momento rilevante di formazione per le persone – commentano i fedeli di San Remigio a Firenze – e un’occasione per condividere un’esperienza che porti la gente a crescere nella fede e nella conoscenza dell’opera di assistenza ai malati che Padre Pio ha fondato a partire da Casa Sollievo della Sofferenza».
I gruppi di preghiera sono ormai un punto di richiamo per molta gente nella nostra regione. E questo si verifica attraverso un radicamento nel territorio costituito dalla diffusione nelle parrocchie. Padre Pio emerge come un tramite verso una fede più profonda e più autentica, in cui farsi concretamente prossimi a chi sta male o versa nel dolore. Un mezzo per incontrare nell’altro il Signore e un’occasione per sentirsi sempre più appartenenti alla comunità cristiana.
LA SCHEDA
I gruppi di preghiera, nati su invito di San Pio da Pietrelcina, sono diffusi in tutta Italia: in Toscana sono 138, secondo quanto indica il portale internet dell’Opera Padre Pio, e sono presenti in tutte le diocesi. Nelle varie realtà diocesane i gruppi si inseriscono nel contesto parrocchiale, anche grazie all’impegno portato avanti, in alcuni casi, dai frati cappuccini.
«Sono nove i gruppi di preghiera nella diocesi di Prato – spiega don Moreno Paci che ne è l’assistente diocesano – e portano avanti il proprio cammino di formazione spirituale, anche grazie alla lettura di testi di Padre Pio. A conclusione di un tale percorso – continua don Paci – si colloca il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, un’esperienza coinvolgente e molto sentita».
Anche la diocesi di Fiesole presenta «una realtà di gruppi di preghiera ben radicata nel territorio», come spiega padre Guido Raspini, che conobbe personalmente padre Pio. «La prima volta che mi recai a San Giovanni Rotondo fu nel 1953 – racconta padre Raspini – e ricevetti da Padre Pio l’invito a formare dei gruppi di preghiera, secondo l’auspicio di Pio XII. Già nel ’57 riuscii a portare con me 200 persone: fu come una conferma del cammino intrapreso dai gruppi». Nel parlare delle motivazioni che spingono i fedeli ad aggregarsi ai gruppi di preghiera, padre Raspini sottolinea «il bisogno di pregare assieme ad un sacerdote, per la Chiesa e per le necessità di ciascuno», mentre l’esperienza del pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo è vissuta come un’occasione «per visitare come una persona cara, un parente stretto».
Anche il coordinatore diocesano dei gruppi di preghiera di Livorno, padre Fabrizio Civilini, mette in rilievo la figura di Padre Pio «per la sua conformità a Cristo, secondo la sua vocazione francescana: la gente – sostiene padre Civilini – si rende conto del valore della sofferenza e di quanto Padre Pio insegni a viverla e a comprenderla». Da qui i vari gruppi di preghiera che si riuniscono il 23 di ogni mese, e durante gli incontri si svolgono momenti di formazione incentrati sulla Parola di Dio.
Analoga esperienza anche per quanto riguarda la diocesi di Pisa: «ogni 23 del mese si fa memoria della morte di Padre Pio – racconta don Franco Baggiani – e ogni anno viene effettuato un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, non solo per visitare i luoghi del santo, ma anche per vivere una profonda esperienza di comunità». Nel discutere del rapporto tra le persone e Padre Pio, anche don Baggiani mette in risalto quanto «il frate cappuccino abbia cercato di imitare Cristo e costituisca dunque un tramite per arrivare a Gesù».