Italia
In Italia 7 milioni di case sfitte e 150 mila famiglie sotto sfratto
Tempo di numeri per la questione casa. Le previsioni dell’Ance per il 2017 sono molto negative. Secondo l’osservatorio congiunturale dell’associazione dei costruttori ci sarà un ulteriore calo dei livelli produttivi dell’intero settore (-1,2%), con una riduzione del 3,6% delle opere pubbliche e del 3% della nuova edilizia residenziale. Per quest’anno l’osservatorio registra un piccolo aumento (0,3%) ma del tutto insufficiente per parlare di ripresa in un comparto che dal 2008 a oggi ha visto perdere 100mila imprese e 580mila posti di lavoro, 800mila se si considera anche l’indotto.
Intanto i prezzi delle case continuano a scendere. Nelle stime preliminari dell’Istat per il primo trimestre 2016 compare un ulteriore segno negativo: -0,4% rispetto al trimestre precedente e -1,2% rispetto al primo trimestre del 2015. Una diminuzione così contenuta ha fatto parlare (per esempio il centro studi di Casa.it) di sostanziale stabilizzazione dei prezzi, ma negli ultimi cinque anni il calo è stato del 15%. Confedilizia, l’associazione che rappresenta i proprietari di case e soprattutto i grandi investitori, se la prende con la tassazione e per bocca del suo presidente, Giorgio Spaziani, chiede al governo di ridurre l’imposizione fiscale nel settore immobiliare proseguendo nella linea dell’ultima manovra di bilancio.
Ripartite le compravendite. Sta di fatto, però, che il calo dei prezzi degli appartamenti e i mutui a tassi vantaggiosi hanno rimesso in moto le compravendite. L’osservatorio sul mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate ha calcolato un aumento del 20,6% rispetto al primo trimestre dello scorso anno. Un dato che risulta un po’ paradossale rispetto al quadro economico complessivo. Ma il paradosso più clamoroso e insostenibile è quello che nasce dal confronto tra il numero di case sfitte e i numeri dell’emergenza abitativa. In base ai dati del censimento del 2011, in Italia sono oltre 7 milioni gli appartamenti non locati; in molti casi si tratta di case di vacanza, ben 2,7 milioni – stima l’Istat – sono semplicemente appartamenti disabitati. Allo stesso tempo il 27,3% degli italiani vive in alloggi sovraffollati e quasi una persona su dieci è in situazione di disagio abitativo.
Problema europeo. Il problema delle case sfitte è comune a gran parte dell’Europa, ma l’Italia è ai primi posti, mentre è agli ultimi per le abitazioni sociali in affitto. «Il Paese avrebbe bisogno di un numero di case popolari doppio rispetto alle 800mila che attualmente ci sono», afferma Guido Piran, segretario generale del Sicet (Sindacato inquilini casa e territorio), un’esperienza nata negli anni Settanta in ambito Acli e Cisl. Nei giorni scorsi il Sicet ha diffuso i dati elaborati dal ministero dell’Interno sugli sfratti: sono oltre 150mila le famiglie che attendono l’esecuzione del provvedimento nei prossimi mesi. Un dato impressionante, l’aspetto più acuto dell’emergenza abitativa. Ma come si è arrivati a questo punto? E’ solo (si fa per dire) colpa della crisi economica globale o c’è dell’altro? Per cercare di capire bisogna fare qualche passo indietro e proprio Piran ci aiuta in questa ricostruzione. Prima metà degli anni Novanta, il mercato è spinto dall’affacciarsi dei figli del baby boom, si iniziano a costruire case a ritmi doppi rispetto al passato. All’inizio del nuovo millennio, con l’ingresso nell’euro, i bassi tassi di interesse rendono più conveniente comprare una casa con un mutuo che pagare un affitto, soprattutto perché nel 1998 l’equo canone viene definitivamente messo in soffitta. Il mercato cresce ancora e l’esplosione del problema della finanza pubblica, con i Comuni autorizzati dallo Stato a utilizzare per la spesa corrente gli oneri di urbanizzazione pagati dai costruttori, finisce per stimolare indirettamente la cementificazione del territorio, che peraltro non riguarda solo l’edilizia abitativa. «Nel 2006-2007 – sottolinea Piran – si costruisce come non era mai accaduto nella storia del Paese». Subito dopo, però, arriva la Grande Crisi e crolla tutto; viene a mancare anche il reddito. C’è un dato molto indicativo che il Sicet rileva per quanto riguarda gli sfratti: è dal 2006 che tra le cause di sfratto comincia a crescere in modo esponenziale la morosità, rispetto alla fine locazione e alla necessità del proprietario, oggi quasi residuali. Ebbene, proprio nel 2006 – otto anni dopo il ’98 – sono scaduti gli ultimi contratti stipulati a equo canone. Dopo di che è scattata la mannaia della crisi.
Frutto di scelte politiche. Si tratta evidentemente di fenomeni socio-economici molto complessi. Un aspetto però è chiaro: la situazione in cui ci troviamo non è frutto di un destino cinico e baro, ma di scelte politiche precise. E a questo punto – sostiene Piran – non sono più sufficienti provvedimenti tampone o settoriali: «Come Sicet diciamo che occorre cambiare il modo stesso di pensare allo sviluppo e, se fino ad ora è stata privilegiata la rendita finanziaria e immobiliare, adesso è il momento di puntare sulla rendita delle persone. Bisogna finalmente investire sui progetti di vita come motore dello sviluppo. Quando si fa un discorso di questo tipo vengono sempre tirate in ballo le compatibilità economiche. Ma qualcuno dovrà spiegarci perché sono compatibili i miliardi bruciati in borsa nel gioco della speculazione e non è compatibile investire sui progetti delle persone».