Un parroco della mia diocesi ha messo all’esterno della sua chiesa un cartello per vietare l’ingresso a chi non abbia abiti adatti. Successivamente (visto che alcune signore continuavano ad entrare a spalle nude o con abiti a maniche corte) ha messo alcuni ampi foulard sulle panche in fondo alla chiesa. Poi, se durante le funzioni, vede qualche donna a spalle scoperte, o con le maniche corte dell’abito, è lui stesso a consegnare il foulard con l’invito a metterlo addosso. Trovo che l’iniziativa sia, di per sè, pertinente anche se eccessivamente conforme alle convinzioni tradizionalistiche del sacerdote. Considero però la norma in contrasto coi comportamenti dei sacerdoti di tutte le altre chiese della diocesi. Altrove, infatti, si accetta qualsiasi indumento anche se al di fuori, spesso, di ogni canone di decenza. Non sarebbe male, a mio parere, un comportamento diocesano univoco.A. J.LivornoMi sembra quanto mai opportuno che la Chiesa continui a ricordare a turisti e fedeli che non si può entrare in un luogo sacro e di preghiera come se fosse una spiaggia o un supermercato. Perché il problema non è poi solo quello dell’abito succinto, ma tanto per fare degli esempi anche del gelato o della bibita, del parlare ad alta voce o dell’usare il telefono cellulare. E per far maturare di nuovo una cultura del rispetto per i luoghi sacri sarebbe utile avere delle regole comuni, spiegate con chiarezza agli ingressi delle chiese. Senza però esagerare nelle prescrizioni e lasciando anche un margine di intelligente discrezionalità.Claudio Turrini