Opinioni & Commenti
In cammino verso la Pasqua sulla strada che porta a Emmaus
Due discepoli di Gesù sulla strada che conduce al Villaggio di Emmaus. Gesù è morto già da tre giorni. Camminano fianco a fianco, discutono tra loro. Stanno scappando; non comprendono le terribili cose che hanno visto durante la Passione di Gesù, e come mai il re del mondo si sia lasciato uccidere come un criminale… A un certo punto, un viandante (Gesù in persona) si avvicina e cammina con loro. Giunti al villaggio, il Passeggero fa finta di voler continuare, ma i discepoli lo pregano di fermarsi: «Resta con noi, perché si fa sera…». Entrano, si mettono a tavola, il Passeggero prende il pane, dice la formula di benedizione, poi lo spezza e lo divide con loro. I loro occhi si aprono e lo riconoscono… Ma Egli sparisce dai loro occhi.
Dal pane spezzato e condiviso avvenne la trasformazione da fuggiaschi impauriti in testimoni coraggiosi. Non dalle dotte disquisizioni sulle Scritture… E la stessa «strada che porta a Emmaus», è la strada che io trovo simbolica, emblematica per ciascuno di noi che osiamo chiamarci cristiani. Sempre, ma specialmente nel tempo «pasquale».
Quel pellegrino sconosciuto, li provoca cercando di metterli davanti ai fatti avvenuti in Gerusalemme, facendo loro notare che Gesù, il Cristo, doveva sopportare quelle sofferenze per entrare nella sua gloria, per essere riconosciuto come Eterno Amore… Ma sarà solo quando Gesù prende il pane, dice la formula di benedizione, lo spezza e lo condivide con loro che si apriranno i loro occhi e lo riconosceranno. Solo nel momento dello «spezzare il pane», nella gioia della condivisione, riconobbero veramente chi fosse quel «fuggiasco».
Certo, anche e soprattutto oggi, è importante per noi credenti, conoscere, studiare, approfondire il senso di tutte le Scritture della Bibbia e degli Apostoli, fino (per ora…) a Papa Francesco. Ma, per tutti noi, troppe volte, soprattutto oggi, smarriti dai e nei fatti del mondo che ci provocano continuamente, deve essere chiaro che la nostra testimonianza di fede va vissuta pienamente, fino alla gioia della condivisione: spezzare il pane, con tutti i nostri fratelli che soffrono, accanto a noi, e nel mondo intero. E la sofferenza sterminata dei più deboli e dei più miserabili, deve essere per noi quel «punto di appoggio», il più forte di tutti!, che salva il mondo e rende tutti felici.
Nessuno di noi può restare estraneo al combattimento spirituale, quindi autentico, che la fede anima oggi dentro il nostro cuore. Il tormento, la lotta fra la «Luce» che è nel mondo ed il rifiuto della «Luce» ad opera di coloro ai quali era destinata. Ma, nonostante tutto, la «Luce» è in noi, e rende più vera, più seria, più impegnativa, più responsabile la nostra presenza nel mondo. La lotta fra la luce e le tenebre, tra le bellezze del mondo e la sofferenza umana, tra lo splendore e la fragilità dell’universo, sul piano della sola ragione, sembra non avere soluzioni. Ma con l’aiuto della fede, riusciamo a fare quotidianamente esperienza della salvezza e della liberazione dell’Uomo dalla sua paura e dalla sua solitudine. Ed occorre ancora, (l’Abbé Pierre ce lo diceva spesso!) che la coerenza del credente non può accettare, sine die, a lungo l’umiliazione di vedere tanti fratelli, nel mondo, offesi nella loro dignità di Uomini, di figli del Padre, onnipotente-prigioniero di Amore, senza casa, senza lavoro, senza pane, senza libertà, e pochi altri che se la spassano nell’abbondanza.
Il ricordo dei discepoli di Emmaus, spinge a rompere questa situazione di guerra in cui si trova il mondo e a testimoniare la propria fede vivendo l’adorazione nella condivisione.