Arezzo - Cortona - Sansepolcro

In Bolivia con il Vescovo per salutare don Stefano

La partenza è fissata per un pomeriggio di metà agosto. Destinazione: la Bolivia. Nel paese dell’America Latina il Vescovo, monsignor Gualtiero Bassetti, ha deciso di andare questa estate. E’ la meta del tradizionale viaggio missionario che ad agosto compie nel sud del mondo. Un viaggio che questa volta ha un doppio significato: non soltanto quello di toccare con mano le realtà «lontane» ma anche di accompagnare don Stefano Braconi, sacerdote della nostra diocesi, in Bolivia dove per tre anni sarà missionario «Fidei Donum».Infatti, dopo la partenza da Arezzo, nei pressi di Lucignano incontriamo la famiglia Braconi. È un momento intenso ma straordinariamente sereno. La sensazione del distacco da un figlio è forte ma vissuta da tutti con estrema dignità, segno di un’accettazione consapevole nella fede. Si sa, quando cerchi di metterti nella volontà di Dio, anche le reazioni umane più naturali ne risultano “trasfigurate”.Il giorno successivo arriviamo all’aeroporto di Santa Cruz de la Sierra. Il vicario apostolico di Camiri-Coevo, il vescovo monsignor Leonardo Bernacchi, nativo di Chiusi della Verna, è lì ad aspettarci. Ha l’aspetto di un semplice anziano frate. Col suo furgoncino che viene chiamata la camioneta ci vogliono 3 ore per arrivare a Camiri, sede del vicariato apostolico, che dista circa 290 chilometri. A metà strada attraversiamo il Rio Grande, affluente del Rio delle Amazzoni, che segna il confine del vicariato apostolico di Camiri-Coevo.La strada è la transamericana: parte dai paesi più a Nord e scende in Argentina. È stata fatta un paio di anni fa con contributi internazionali e ha favorito i commerci un benessere relativo. Alla partenza la vegetazione è simile alla nostra. Poi gradatamente diviene più brulla. La zona è quasi deserta, poche povere case isolate lungo la strada, e qualche piccolo paese. Nella guida bisogna fare molta attenzione, gli animali attraversano spesso la strada. Il traffico invece è minimo.Ci fermiamo per un breve saluto a Gutierrez, dove c’è padre Tarcisio. Qui la missione ha un centro di formazione professionale per infermieri e di educazione sanitaria. Alla cerimonia dei diplomi, hanno ricevuto i complimenti del rappresentante del ministero della sanità. Ci sono anche alcune suore, e conosciamo Francesco, un volontario di Firenze che da un anno insegna l’uso del computer.Arriviamo a Camiri dopo 36 ore di viaggio. Siamo ospiti della casa parrocchiale San Francesco d’Assisi, in pratica la canonica della Cattedrale. Ci vivono il Vescovo, due sacerdoti diocesani, un diacono permanente e due giovani aspiranti ad entrare in seminario. Il giorno dopo, al mattino, visitiamo il convento francescano di Santa Maria degli Angeli, dove tra gli altri opera padre Gilberto Bragagni, che negli anni passati è stato anche nella parrocchia di Saione. Ci accoglie con i bambini del catechismo. Poco sotto c’è una delle tante scuole del vicariato, retta dalle suore, che ha 600 alunni.Camiri è una cittadina di poco più di 30mila abitanti, nata sull’industria del petrolio. La nazionalizzazione ha provocato la chiusura degli stabilimenti. Gli studenti sono in tutto 14mila: la metà della popolazione boliviana è sotto i 25 anni di età, le famiglie hanno dai 5 ai 10 figli. L’impressione è che molta gente si arrangi, al limite della sopravvivenza, pur senza disperazione. È pur vero che molte case sono in mattoni da pochi anni, grazie ad aiuti europei.La Bolivia sta attualmente vivendo un momento difficile dal punto di vista sociale e politico. Al governo ci sono nuovi partiti, i cui rappresentanti sono normalmente di etnie indios, ma con basso livello di istruzione; l’informazione appare di regime; ed è stata da poco eletta un’Assemblea costituente che però non riesce a funzionare. In reazione all’imperialismo statunitense, questi paesi si appoggiano a Cuba. Inoltre c’è preoccupazione per l’influenza del Venezuela e del nuovo presidente Chavez.Il vicariato apostolico ha tra le sue opere anche delle emittenti. Dopo pranzo viene intervistato don Stefano (ma ormai è già per tutti el padre Esteban) alla radio, poi insieme siamo andati nel Centro pastorale ad una trasmissione in diretta tv. Il benvenuto viene dato dai bambini dell’Infanzia missionaria con canti e danze tradizionali. Don Stefano ha ricevuto una calorosa accoglienza. Con la sua presenza, il vincolo di comunione ecclesiale tra la nostra diocesi e il vicariato di Camiri è più forte. Quindi abbiamo visitato la scuola retta dalle Missionarie Francescane di Gesù Bambino, e l’oratorio giovanile Alvernia («La Verna»).Nei giorni successivi, sempre accompagnati da monsignor Bernacchi, abbiamo la possibilità di visitare varie opere e parrocchie: Boyuivi, Macherati, Villa Montes, Tentami, Ivo. Molte parrocchie sono rette da religiosi (soprattutto francescani, ma a Charagua ci sono i gesuiti), alcune dal clero secolare, proveniente da altri paesi del Sud America. I sacerdoti diocesani sono solo tre, di cui uno però è originario della Colombia.Siamo rimasti soprattutto impressionati dalle suore, molto numerose, e responsabili di tante importanti attività: una presenza preziosa ed indispensabile. Negli ultimi anni sono state fatte tante realizzazioni: scuole, oratori, dopo-scuola, orfanotrofi, cappelle, sale parrocchiali, centri ricreativi e sportivi, strutture di promozione umana e sociale, centri per la prevenzione e il recupero dalle dipendenze (anche in Bolivia una piaga sociale); la Caritas si è sviluppata e opera oggi soprattutto a livello di progetti, più che di distribuzione di aiuti diretti. A Tentami, un villaggio indio nel bosco, la scuola è stata costruita con gli aiuti inviati dal nostro vescovo: prima era di fango e infestata dagli insetti.A Camiri abbiamo anche visto la mensa dei lustrascarpe: bambini e ragazzi che non possono fare a meno di guadagnare qualche spicciolo, però sono accolti a condizione che prima passino qualche ora a studiare. Poi, monsingor Bernacchi ci conduce fuori Camiri, per strade sterrate, attraversando una palude salina, letti di fiumi in secca, per giungere ad una zona poverissima abitata da indios: piccole case di fango. Lì c’è un dopo-scuola pubblico. Il vicariato ha invece un campo da gioco e una sala della comunità che fa anche da cappella. I bambini scalzi accorrono per salutare «el monsenor» e per ricevere qualche caramella.E’ sabato quando torniamo all’aeroporto. Abbraccio don Stefano con forza e il nostro Vescovo nasconde a fatica la commozione.di Luca Lazzari