Cultura & Società
In anteprima a Firenze «La scomparsa», il film della regista fiorentina Maria Luisa Carretto ispirato alla vita di Dino Campana
Il protagonista Dino, dopo un sogno inquietante, che lo spinge a scavare tra i ricordi, parte per un viaggio attraverso le immagini del passato: lungo la strada incontrerà personaggi che lo guideranno alla scoperta dell’universo femminile e dell’amore perduto, perché lei, Sibilla – il nome della sua amata Sibilla Aleramo – è Scomparsa, anche se riaffiora nella sua mente.
In occasione dei quarant’anni dall’introduzione della legge 180, la cosiddetta «legge Basaglia», che ha sancito la chiusura dei manicomi, Maria Luisa Carretto ha voluto ricordare e celebrare con il suo film, il poeta più visionario della letteratura italiana, che fu più volte rinchiuso in carcere e in ospedali psichiatrici, dove morì nel 1932.
Ci sono voluti quattro anni per terminare il film, che ha potuto vedere la luce grazie agli apporti della troupe, di Carlo Monni e degli altri attori, nonché dello sponsor «Oliviero Calzature» di San Piero a Sieve, che ha garantito una parte della produzione.
«Carlo Monni – racconta Maria Luisa Carretto – che conoscevo, mi disse che se avessi avuto bisogno di lui ci sarebbe stato e quindi gli chiesi di fare una parte nel mio film, per il ruolo dello psichiatra. Andai a trovarlo come al solito nel suo “ufficio”, il Parco delle Cascine, e mi ricevette dopo che aveva dispensato qualche parola a una signora che “lavorava” ad un angolo della strada. Pioveva “come Dio la mandava” e mi ero completamente inzuppata arrivando in motorino. Gli piacque subito l’idea e quando si girò il film gli raccomandai di venire con le scarpe, i sandali no, non sarebbero stati adatti a un dottore. Sul set si rivelò puntuale, bravo e paziente. Gli feci trovare un catering degno di Tognazzi e lui ne fu felice. Di lì a poco purtroppo morì. Fu un grande dolore».
«Giorgio Ariani invece, venne allo studio Larione 10 per ascoltare la mia idea, e lui mi parlò della sua vita d’attore, e del fatto che era in procinto di girare un film che aveva scritto e mi ricordo che nel bel mezzo della chiacchierata cadde dalla sedia, anzi, la sedia cedette sotto il suo peso. Si mise a ridere a crepapelle. Non si sa se fosse una sedia già un po’ rotta… Anche lui, di lì a poco, purtroppo ci avrebbe lasciati. Erminia Moscato venne da Milano per il casting e la scelsi perché ai provini fu veramente brava, una attrice a tutto tondo, che sa anche ballare. Davide Gemmani, invece, il protagonista, è nato in Romagna, ha l’accento di Dino Campana, e poi mi ricorda Ingmar Bergman, anche se non glielo dissi all’epoca, uno dei registi che ha avuto grande importanza nella mia formazione».
«Il mio intento nel girare il film – continua la regista – è stato quello di fare un ritratto del poeta Dino Campana, ambientato ai nostri giorni, con le mie parole, le mie impressioni, il mio sentire. Durante i sopralluoghi scelsi Livorno come città di partenza, per arrivare a Marradi con il treno, un mezzo che nel mio immaginario rappresenta il Cinema. Il primo film dei fratelli Lumière fu il documentario “il treno che parte dalla stazione”. Per me il cinema è Arte, la settima, non è mero intrattenimento anche se per la maggior parte delle persone è solo puro svago. I film sono opere d’arte da vedere al cinema: grande schermo e sala buia, per ricreare ed entrare nell’atmosfera del sogno e della poesia».
Biglietti: Ingresso intero €4 (1€ sarà devoluto in beneficenza a favore dell’Associazione Nosotras ONLUS).