Lettere in redazione
Imu: una tassa iniqua
La madre si sente quasi in colpa e pensa ad una donazione anche nella prospettiva, rimanendo lei la proprietaria, di dover far pagare ai figli, una ulteriore tassa patrimoniale (ulteriore perché anche l’Ici prima che l’Imu adesso sono tasse patrimoniali a tutti gli effetti), che sicuramente ci sarà se andrà al potere una certa corrente politica. Siccome sembra che le prime case saranno escluse, il trasferimento della proprietà ai figli eviterebbe il pagamento della patrimoniale relativa.
Ogni commento mi sembra superfluo se si fa riferimento agli aiuti alle famiglie. Si vede bene che quasi sempre provengono da anziani genitori o nonni.
Una tassa iniqua sulla mia unica casa
Ho sempre considerato iniqua la tassa da pagare allo Stato sulla prima e unica casa di abitazione costruita a fronte di grandi risparmi e con il lavoro di tutti. Sottolineo quel «tutti», perché il mio nucleo familiare di allora era costituito da ben otto persone di cui: io con mia moglie e due figli (maschio e femmina); babbo e mamma e due zii (maschio e femmina), tutti nella stessa casa. Questa casa, costruita nell’anno 1955 in un piccolo comune della Provincia di Pisa, è stata ampliata nel ’70 proprio per far fronte alla famiglia numerosa, pur mantenendo la caratteristica «unifamiliare». Attualmente sono solo, perché purtroppo le persone anziane sono passate ad altra vita; i figli si sono sposati e vivono altrove e anche mia moglie, benché sempre giovane (58 anni) è deceduta per la solita malattia del secolo. Io, ormai ottantatreenne, da 17 anni sono vedovo e continuo ad abitare in questa casa di mia proprietà, che non mi procura nessun reddito, ma solo spese di manutenzione non indifferenti. Giunto alla mia età mi devo procurare anche una badante e le spese sono davvero molte, ma allo Stato, avido di denaro, tutto questo non importa nulla.
Un abbonato
Due casi molto diversi alle prese con la stessa tassa, percepita come profondamente ingiusta. Ma se ne potrebbero aggiungere tanti altri, come l’anziano ricoverato in casa di cura e costretto a pagare lo stesso l’Imu, oltre a rette di degenza in genere stratosferiche. Oppure chi abita in palazzi storici, vincolati dalle Soprintendenze, con costi di manutenzione altissimi e che ai tempi dell’Ici poteva contare su un forte sconto, oggi abolito. Ha ragione il nostro lettore: l’Imu (e così l’Ici che l’ha preceduta) è di fatto una tassa patrimoniale che colpisce quasi tutti gli italiani, visto che l’80% delle famiglie è proprietaria di una casa (Fonte: Agenzia delle Entrate, «Gli immobili in Italia 2011»).
È vero che il governo Berlusconi aveva tolto l’Ici sulla prima casa e prevista l’Imu solo sulle altre abitazioni. Però, al di là delle promesse populiste che si possono fare in campagna elettorale, penso che chiunque vincerà le prossime elezioni sarà costretto a mantenere l’Imposta municipale unica (Imu) su tutto il patrimonio immobiliare. Il motivo è molto semplice: per quanto ci siano tanti sprechi ancora da eliminare nell’amministrazione pubblica, la situazione del nostro debito (che a novembre ha superato i 2 mila miliardi di euro) non permette la cancellazione di una tassa che vale – sono stime del governo – quasi 22 miliardi di euro, e che per come è congegnata finisce in gran parte nelle casse sempre più esangui dei Comuni. Abolirla vorrebbe dire trovare entrate equivalenti con qualche altra forma di tassazione, oppure decretare la bancarotta dei Comuni. Quello che può (e deve) esser fatto è una rivisitazione più attenta della normativa per far pagare in modo più equo questa imposta municipale. Sanando anche situazioni paradossali come quella denunciata dalla prima lettera.
Claudio Turrini