L’accordo di integrazione approvato ieri dal Consiglio dei Ministri è certamente un passo avanti nella necessaria attenzione dello Stato e della società civile a un processo irreversibile, quale è l’immigrazione in Italia. E’ il parere, espresso al SIR, di mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. Il regolamento di attuazione stabilisce i criteri e le modalità per la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. Ormai siamo vicini al dato di una persona immigrata, seppur metà dei quali comunitari, ogni dieci cittadini italiani osserva mons. Perego -. Cinque milioni di persone che stanno cambiando i luoghi fondamentali della nostra vita: la scuola, la famiglia, il lavoro, anche l’esperienza religiosa. L’accordo di integrazione interpreta questo fenomeno migratorio che interessa in profondità il nostro Paese, sottolineando il valore della conoscenza della lingua e delle istituzioni del nostro Paese. Per mons. Perego l’accordo è uno strumento positivo nel processo sociale e culturale.L’integrazione, però, non è un processo unilaterale di stranieri che si adattano, imparano soltanto -, ma di nuovi cittadini che si incontrano, sono chiamati a rispettarsi, a costruire insieme una nuova città. L’integrazione sottolinea mons. Perego – è una azione biunivoca che chiede anche un nuovo sapere, una nuova piazza, un incontro che vede tutti protagonisti. Nessuno impara e ama vivere nella città se non ritrova altri con lo stesso amore, rispetto, voglia e interesse per il bene comune. Secondo il direttore della Migrantes l’accordo chiede di diventare una tappa perché tutti riconoscano diritti e doveri, rileggano la cittadinanza come un’occasione da estendere per tutelare e aiutare ogni persona, soprattutto i nuovi e i piccoli, a partecipare alla vita sociale e culturale della città e del Paese. Da un’indagine che Migrantes sta conducendo in Emilia Romagna – dal titolo 100 storie di integrazione – cinesi e magrebini sono coloro che faticano di più a entrare in città, a riconoscere opportunità, a vivere bene. Questi dati, commenta mons. Perego, chiedono un particolare sforzo e un lavoro comune per l’integrazione più intenso in una direzione che verso altre, oltre all’impegno di valorizzare molto il contesto familiare, attraverso i ricongiungimenti familiari, per far sì che il processo d’integrazione abbia una base sicura.Sir