Italia
Immigrazione, la Caritas boccia la nuova legge
Immigrazione: «I cattolici dicano no a questa legge». Sull’immigrazione, in particolare, don Nozza ha espresso di nuovo il «fermo dissenso» rispetto allo spirito del testo di legge Bossi-Fini, già approvato alla Camera dei deputati, che ritiene «l’affermazione di una sorta di principio di indesiderabilità per chi bussa alla porta» e interdisce «i processi di integrazione secondo un criterio dominato dalla difesa di un’identità che, in alcune rappresentazioni parlamentari, ha assunto connotati di impronta razziale». Da qui la necessità di «vigilare sui germi di intolleranza» e l’impegno della Caritas a continuare «nei modi e nelle forme possibili, l’azione di opposizione» rispetto alla nuova legge.
«L’immigrazione, anche all’interno del mondo cattolico, non deve essere un tema per soli addetti ai lavori ha precisato don Nozza . È un grosso problema di popolo, che dovrebbe intervenire compatto per dire che questa nuova legge non ci piace. O tutti i protagonisti, nella scuola, nella catechesi, nella pastorale familiare, si giocano in questa partita, oppure è una partita persa». Don Nozza ha ricordato che la Caritas «già dal luglio scorso ha cominciato a chiedere di essere ascoltata in sede di Consulta nazionale sull’immigrazione, ma questo organismo non è mai stato convocato. Dopo aver stilato insieme alla Fondazione Migrantes, con il supporto di giuristi, un documento in sette punti con le nostre obiezioni al testo di legge, ci è stata concessa una sola audizione un paio di mesi fa a Palazzo Chigi».
Rispondendo alle domande di alcuni giornalisti su una presunta posizione «morbida» assunta dalla Caritas rispetto alla legge, don Nozza ha precisato: «Più volte abbiamo espresso chiaramente il nostro parere con affermazioni forti, ogni giorno decine di Caritas diocesane si sono pronunciate contro la legge. Ma abbiamo capito che parte dei grandi media non condividono l’approccio ai temi della povertà». Per questo, si è lamentato don Nozza, «oggi molte realtà impegnate sull’immigrazione vivono una grande stanchezza, perché vedono trattare la questione a pezzi anziché in maniera lungimirante e con azioni politiche capaci di affrontare il problema nella sua complessità». «Più che sentirci in minoranza ha concluso il direttore della Caritas , ci sentiamo non ascoltati».
«No alle segregazioni». In tema di giustizia minorile don Nozza ha espresso «apprensione» per possibili «inasprimenti delle pene e eliminazione di alcune fondamentali garanzie», constatando inoltre come, anche in tema di tossicodipendenze, disabilità fisica e disagio mentale «si manifestino intenti di revisione» con la tendenza alla «segregazione» in centri o addirittura nelle vecchie strutture manicomiali: «E un rovesciamento culturale rispetto all’intera tradizione delle più significative esperienze cattoliche». In questo scenario, ha ribadito don Nozza, la Caritas svolgerà «pienamente i compiti peculiari alla sua missione» di vigilanza, denuncia, controllo e formazione delle coscienze, con una modalità «non emotiva, pacata, condivisa a livello ecclesiale, che affermi non verità indiscutibili, ma modalità alternative e praticabili di affrontare i problemi sociali».
A Torino una comunità per «disintossicare i giovani dal consumismo». Una comunità residenziale per aiutare i giovani a «disintossicarsi dal consumismo» nascerà a giorni a Torino, nei locali dell’ex fabbrica Ceat, per iniziativa di un gruppo di giovani che fanno capo al Gruppo Abele. L’iniziativa, unica in Italia, è stata annunciata da don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, nel corso del suo intervento al convegno. «Dal confronto con molti ragazzi del ceto medio-alto ha spiegato don Ciotti è emerso un forte bisogno di disintossicarsi dal consumismo e da tutte quelle dipendenze, come Internet e i videogiochi, che generano solitudine. Dobbiamo avere un occhio sugli esclusi e uno sugli inclusi, perché nascono sempre nuove forme di povertà, come la povertà di valori e relazioni, di fronte ad un orizzonte culturale che penetra in modo sottile dicendoci che che conta solo l’apparire, il potere, il denaro, la forza, la bellezza. Di fronte a tutto questo dobbiamo trovare il coraggio di essere persone inadeguate».
I ragazzi che devono «disintossicarsi dal consumismo», in accordo con le famiglie, rimarranno alcuni mesi in questa comunità e saranno impegnati in attività di studio, lavoro e animazione gestite dal gruppo di giovani «Acmos». Nel corso del suo intervento don Ciotti ha esortato la Caritas ad «assumere un ruolo forte, coraggioso, fermo», in una stagione che richiede «una politica in senso alto per il bene comune», facendo attenzione a «non diventare solo dei contenitori del disagio, ossia una rete a carattere assistenziale che serve solo a fornire servizi a basso costo».
Pace, globalizzazione e Sud del mondo. Maggiore democratizzazione delle società del Sud del mondo; forme di «neoassociazionismo» e di comunità che si coordinano in reti a livello mondiale; un nuovo «immaginario culturale» che «avvalora l’iniziativa personale, comunitaria e solidale». Sono questi, secondo l’economista Cristina Calvo, coordinatrice di Caritas Argentina, i «germi di umanizzazione» che possono aiutare a contrastare la «globalizzazione dell’esclusione». Ne ha parlato durante gli ambiti di lavoro sulle tematiche internazionali.
«Le religioni sconvolgano di più le coscienze dei grandi della terra». «Se le religioni non riescono a sconvolgere la coscienza dei grandi del mondo per creare le condizioni di giustizia e pace per tutti, diventeranno una vernice fluorescente che nasconde soltanto i buoni propositi, senza nessuna incidenza reale sulla vita umana». È stato l’avvertimento di padre Justo Lacunza, rettore del Pisai (Pontificio istituto studi arabi e islamistica) durante i gruppi di lavoro sul ruolo delle religioni nei conflitti. «Le religioni ha affermato padre Lacunza devono diventare una voce forte per la coscienza delle istituzioni, degli organismi, delle nazioni, dei governi. Nelle società democratiche, libere e civili lo Stato non può avere un atteggiamento di inerzia, di apatia, di indifferenza davanti a coloro che si definiscono credenti. Un tale atteggiamento significherebbe che la libertà religiosa non è considerata uno dei capisaldi delle società civili e democratiche».
Facendo riferimento all’11 settembre, che secondo padre Lacunza ha segnato «l’inizio di una nuova era nei fragili rapporti tra popoli e nazioni su scala internazionale», con «l’ossessione, in alcuni ambienti politici mondiali, di parlare di relazioni internazionali in termini di spiegamento di forze militari, di controllo di armamenti, di verifiche degli arsenali nucleari», è urgente, per le religioni, «ritornare alle loro fonti per ricavare l’ispirazione necessaria e riscoprire il legame profondo che unisce le religioni con la vita dell’uomo sulla terra».