Preoccupazione per i fratelli e le sorelle sia ortodossi che evangelici, oltre che cattolici, che arrivano in Italia alla ricerca di una vita migliore. Ad esprimerla sono i rappresentanti delle principali Chiese cristiane in Italia in un messaggio diffuso alle Chiese e comunità ecclesiali per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio. A firmare il testo sono per la Chiesa cattolica, mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo; per la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, il presidente Domenico Maselli, e per la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia (Patriarcato ecumenico) il Metropolita Gennadios. Nel fare il punto sulle sfide comuni che chiedono n impegno corale, le Chiese parlano della immigrazione cristiana nel nostro Paese, un fenomeno scrivono – che ci riguarda da vicino e che chiede a noi tutti una rinnovata generosità. Ci riferiamo alla immigrazione. Si tratta di centinaia di migliaia di fratelli e sorelle sia ortodossi che evangelici, oltre che cattolici, che sono approdati in Italia per cercare una vita migliore. La loro venuta è come una preghiera rivolta anche a noi perché ricevano una risposta di amore. Anche l’ecumenismo italiano deve ascoltare questo grido. Dobbiamo affinare le orecchie del nostro cuore scrivono nel messaggio i rappresentanti delle chiese -, allargare la nostra mente e unire le nostre braccia per accogliere questi nostri fratelli e aiutarli a crescere anche nella fede. Quella dell’immigrazione è solo uno dei problemi che preoccupano le Chiese. Nel messaggio infatti si legge: Abbiamo davanti a noi nuove sfide che chiedono invece un impegno più comune. Basti pensare alla diffusione di quella mentalità materialistica che sta allontanando sempre più dal Vangelo uomini e donne, giovani e adulti, ed anche adolescenti e bambini. L’attitudine egocentrica che ne consegue spinge a ripiegarsi su se stessi privilegiando i propri interessi e dimenticando quelli dei poveri, dei deboli, degli immigrati, degli zingari e di coloro che non hanno né voce né posto nella società. Non possiamo non guardare preoccupati questa involuzione che avvelena le radici stesse della convivenza nel nostro Paese. Il messaggio contiene anche un invito alle Chiese a spendersi con maggiore impegno per l’unità dei cristiani (A noi viene chiesto di non lasciare nulla di intentato per compiere quei passi che ci portano verso l’unità) e a non cadere nella sottile tentazione di assuefarci alla divisone, di convivere troppo facilmente con la ferita della disunione, ritenendola una condizione insuperabile. Se così facessimo, saremmo responsabili di una grave colpa.Sir