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IMMIGRAZIONE: CARITAS EUROPA SU RIMPATRI FORZATI: ‘QUALCHE ELEMENTO POSITIVO’

Qualche elemento positivo ma anche “preoccupazione” sulle misure di “detenzione in vista di una espulsione, inclusa la detenzione di bambini e l’effetto non sospensivo di un ricorso contro una espulsione forzata”: questo è il commento di Peter Verhaeghe, esperto di immigrazione di Caritas Europa, sulla recente adozione (l’11 maggio 2005), da parte dei 46 Paesi del Consiglio di Europa, di un testo con 20 linee guida sul rimpatri forzati degli immigrati in situazione irregolare. In una anticipazione al Sir Verhaeghe giudica positivo il fatto che il Consiglio d’Europa “dia priorità a delle opzioni di ritorno volontario e incoraggi gli Stati a promuovere dei programmi a questo scopo”.

Caritas Europa accoglie anche con favore “il principio secondo cui una persona non può essere rimandata in un Paese in cui corre il rischio di trattamenti disumani o degradanti da parte di agenti non statali”. E nota anche “con soddisfazione il divieto dell’uso di tecniche costrittive durante la procedura di espulsione, tecniche che rischiano di ostruire le vie respiratorie parzialmente o totalmente, provocando il rischio asfissia nella persona”. Verhaeghe ricorda a questo proposito “la triste sorte della giovane Semira Adamu, asfissiata durante una espulsione da parte delle autorità belghe”. Però, aggiunge, “anche se il documento del Consiglio d’Europa prevede che la detenzione di una persona in vista di una espulsione non può essere decisa che dopo un esame rigoroso e individuale”, lo strumento della detenzione “non contribuisce ad un ritorno dignitoso”. Caritas Europa contesta “l’efficacia della detenzione come misura per garantire un effettivo rimpatrio. Alcune statistiche mostrano che il numero di persone detenute ed effettivamente rimpatriate non supera in media il 35%”. Caritas Europa contesta soprattutto la detenzione dei bambini, “che siano o no accompagnati dai genitori”: “I bambini non dovrebbero mai essere detenuti. Questo provvedimento è per loro una esperienza traumatica”. Si teme, in particolare, che “le precauzioni indicate dal testo non garantiscano a sufficienza i diritti dei bambini e che, nella pratica, questa mancanza di chiarezza conduca a violazioni dei loro diritti”. Sir