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IMMIGRAZIONE: ACLI, «NO ALL’EQUIVALENZA TRA CLANDESTINI E CRIMINALI»

“No all’equivalenza tra clandestini e criminali”. Le Acli intervengono nel dibattito sull’immigrazione, che usa toni “spesso violenti e inaccettabili”. “I tragici fatti di cronaca di questi giorni – afferma il presidente delle Acli Luigi Bobba – non devono farci dimenticare che gli immigrati, anche quelli irregolari, si stanno rivelando un aiuto insostituibile per le famiglie italiane, oltre che una risorsa indispensabile per le imprese del nostro Paese. E’ perciò falso, ingiusto e ingrato, oltre che pericoloso, sostenere l’equivalenza immigrati uguale minaccia, clandestini uguale criminali”.

“E’ chiaro – continua Bobba – che la condizione di clandestinità costituisce oggettivamente un problema, oltre che un reato. Ed è ovvio che un contesto di illegalità può favorire il compimento di azioni criminali. Ma tutto ciò non ci autorizza a dimenticare che gli immigrati, anche quelli clandestini, sono prima di tutto persone, spesso in fuga dalla miseria o dalla guerra, che rischiano la vita per raggiungere il nostro Paese. O dobbiamo aspettare un altro barcone rovesciato per ricordarcelo?” Le Acli ribadiscono che “non basta la ‘severità’ per contrastare l’illegalità. Al contrario, sono le leggi restrittive come la Bossi-Fini che favoriscono l’irregolarità e la clandestinità degli immigrati, rendendo di fatto inagibili e impraticabili le vie legali”.

“Le politiche sull’immigrazione non possono essere affrontate a colpi di codice penale – afferma Bobba – o legate esclusivamente alle esigenze del mondo delle imprese e del lavoro, mettendo in secondo piano il rispetto dei diritti umani. Bastano, per l’Italia, tre esempi: le difficoltà frapposte ai ricongiungimenti familiari, l’assenza grave di una legge per i rifugiati politici, la situazione dei Centri di permanenza temporanea (Cpt) che vanno ripensati profondamente, quantomeno nella loro gestione”.Sir