Pistoia

Immigrati, l’appello del vescovo Tardelli alla diocesi di Pistoia

LA richiesta: mettere a disposizione locali, per alleggerire la situazione che grava su Vicofaro

Mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia e Pescia (Foto archivio)

“Chiedo a tutti i parroci ma anche ai religiosi e alle religiose, come a tutti i laici di buona volontà, la disponibilità di ambienti da destinare all’accompagnamento di singoli o di piccoli gruppi di immigrati”. È la richiesta del vescovo Fausto Tardelli alla diocesi di Pistoia. L’obiettivo è quello di “alleggerire il carico che grava su Vicofaro”, dove da anni è presente l’esperienza di accoglienza “portata avanti con generosità” da don Massimo Biancalani. “In questi anni – scrive Tardelli – don Massimo ha aperto le porte della canonica, dei locali parrocchiali e persino della chiesa per offrire una primissima accoglienza soprattutto a chi vaga per le strade, ha problemi di varia natura anche di salute mentale o è uscito per motivi diversi dai percorsi istituzionali oppure più semplicemente, cerca un tetto, un punto di appoggio per trovare un po’ di lavoro. Tutte persone da accompagnare in un cammino educativo certamente non facile, verso un inserimento positivo e costruttivo nella società. E’ stata ed è scuramente un’accoglienza “rischiosa” da tanti punti di vista ma la carità, si sa, ha sempre dei lati “rischiosi””.

Dopo qualche anno, scrive Tardelli, “credo comunque che sia giunto il momento di prendere in carico
la realtà di Vicofaro da parte dell’intera diocesi, offrendo accompagnamento a singoli immigrati o a piccoli gruppi, secondo un modello che risulta ad oggi il più efficace, quello cioè di un accompagnamento diffuso nei territori. Questo anche per fare in modo “che la parrocchia possa avere a disposizione, oltre agli spazi per l’accoglienza, quelli necessari alla pastorale ordinaria della comunità (come chiesa, canonica, aule per il catechismo). Voglio qui esprimere – aggiunge il vescovo – anche la mia comprensione per il disagio che alcuni residenti della zona hanno provato in questi anni”.

“Appello alla diocesi per l’accompagnamento dei fratelli immigrati” è il titolo del messaggio rivolto a preti, diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici. “L’accompagnamento dei fratelli e delle sorelle immigrati – scrive Tardelli – è qualcosa che ci interpella fortemente come Chiesa”. Un impegno che non è nuovo: “Come chiesa pistoiese possiamo vantare sicuramente una lunga storia di attenzione ai poveri e a chi è nel disagio, anche italiani. Non è infatti vero, come a volte si sente dire, che la Chiesa si occupa solo di immigrati. Basti pensare soltanto che quasi il 50% dei contatti che si hanno nei centri di ascolto Caritas della diocesi è purtroppo di connazionali. Senza trascurare dunque gli italiani, dobbiamo fare di più per l’accompagnamento fraterno degli immigrati, proprio in questo nostro tempo dove, paradossalmente, le situazioni di fragilità nel mondo anziché diminuire aumentano. Ci è chiesto soprattutto in questo anno giubilare, se non vogliamo che esso si riduca ad esteriorità e a un’occasione sprecata. Ci guida la parola chiara del Signore nel vangelo: “Ero straniero e mi avete accolto”.

La Chiesa, aggiunge Tardelli, non può risolvere da sola il problema dell’immigrazione che spetta alle istituzioni: “La mancanza di risposte adeguate da parte delle istituzioni contribuisce in modo significativo al disagio sociale che stiamo sperimentando. Come Chiesa, siamo però chiamati in ogni caso, per la nostra parte, a testimoniare, attraverso dei piccoli segni concreti, la dignità di ogni fratello e sorella immigrato, creato a immagine e somiglianza di Dio e amato come “unico” da Lui”.

La richiesta quindi è alle parrocchie e agli istituti religiosi, e ai laici “di buona volontà” per un accompagnamento “che sia innanzitutto fraterno e amicale ma anche di buon livello, custodito e sostenuto economicamente, in modo che si possano avviare reali processi di integrazione. Non vorremmo però affidare gli immigrati a delle cooperative. Queste possono sicuramente dare una mano perché per un accompagnamento efficace e l’integrazione ci vogliono persone preparate e competenti. Noi però vorremmo accogliere questi nostri fratelli nelle nostre comunità perché queste siano per loro come delle famiglie. Credo che una tale apertura fraterna diffusa nel territorio da parte delle nostre parrocchie, sia l’unico modo per avviare davvero processi di integrazione. Ci farebbe poi enorme piacere se questo impegno fosse almeno sostenuto e favorito dalla varie Istituzioni come pure da altre realtà del territorio.
Nello stesso tempo chiedo pure la disponibilità di persone che, come volontari, si prestino per seguire questo servizio ai fratelli immigrati. E anche questa è una cosa davvero molto importante e necessaria. Vedremo come raccogliere le disponibilità che spero siano tante”