Nel 2009 vi sono stati 4.298 respingimenti in mare e 14.063 rimpatri forzati, per un totale di 18.361 persone allontanate. Caritas e Migrantes riconoscono la necessità di controllare le coste contro i trafficanti di manodopera ma il rigore va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga da situazioni disperate e in pericolo di vita. Lo affermano nel Dossier statistico immigrazione presentato oggi a Roma. Il contrasto degli sbarchi sottolineano – non deve far dimenticare che nella stragrande maggioranza dei casi all’origine dell’irregolarità vi sono gli ingressi legali in Italia, con o senza visto, di decine di milioni di stranieri che arrivano per turismo, affari, visita e altri motivi. Rispetto a questi flussi anche la punta massima di sbarchi raggiunta nel 2008 (quasi 37mila persone) è ben poca cosa. Risulterà inefficace il controllo delle coste marittime, se non si incentiveranno i percorsi regolari dell’immigrazione. Non è in discussione la necessità di regole precisano – bensì la loro funzionalità. Intanto le persone rintracciate in posizione irregolare, ma non ottemperanti all’intimazione di lasciare il territorio italiano, sono state 34.462. Le persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione sono state 10.913. Nell’insieme il 58,4% non è stato rimpatriato.Come ogni anno il Dossier Caritas/Migrantes ridimensiona anche l’enfasi data al fattore criminalità con motivazioni fondate: tra le tante, è dimostrato che il ritmo d’aumento delle denunce contro cittadini stranieri è molto ridotto rispetto all’aumento della loro presenza, anzi, nel periodo 2005-2008 il tasso di criminalità riferito agli immigrati entrati di recente in Italia è più basso rispetto a quello riferito alla popolazione già residente; il confronto tra la criminalità degli italiani e quella degli stranieri, ha consentito di concludere che gli italiani e gli stranieri in posizione regolare hanno un tasso di criminalità simile. Non mancano, inoltre, gli episodi di discriminazione, non solo in ambito lavorativo, che colpiscono maggiormente gli africani, i romeni, i cinesi, i marocchini, i bangladesi. Alcune compagnie d’assicurazione, ricordano, praticano addirittura polizze auto più costose per il cosiddetto rischio etnico.Sir