Opinioni & Commenti

Il vile gesto di morte che offende Dio e l’umanità

di Fabio Zavattaro

Il dolore del Papa, all’Angelus, per il grave attentato compiuto ad Alessandria d’Egitto contro una chiesa copta: un vile gesto di morte che offende Dio e l’umanità intera. La strage di capodanno è costata la vita a 21 persone e una settantina sono i feriti. È il giorno dopo il primo gennaio, dal 1968 giornata per la pace, per volere di Paolo VI, «come augurio e promessa – scriveva Papa Montini – che sia la pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire».

Nel giorno di inizio anno Benedetto XVI ha anche annunciato di voler ricordare la prima giornata di preghiera di Assisi, 27 ottobre 1986, invitando i leader religiosi nella città di San Francesco, «allo scopo di fare memoria di quel gesto storico» voluto da Giovanni Paolo II 25 anni fa e di «rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace. Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio». C’è da sottolineare, ancora, che il messaggio per la prima giornata dell’anno aveva per tema la libertà religiosa, la quale, scrive Papa Benedetto, «è elemento inscindibile di uno Stato di diritto; non la si può negare senza intaccare nel contempo tutti i diritti e tutte le libertà fondamentali, essendone sintesi e vertice». No dunque alla sua strumentalizzazione: «il fanatismo, il fondamentalismo, le pratiche contrarie alla dignità umana, non possono essere mai giustificati e lo possono essere ancora di meno se compiuti in nome della religione». Il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti pregiudicano, per Benedetto XVI, la laicità positiva degli Stati; la libertà religiosa, dunque, via per la pace.

È in questa prospettiva che vanno lette le parole pronunciate dal Papa il due gennaio all’Angelus per condannare la strage compiuta davanti la chiesa copta. Parole che guardano all’intera realtà mediorientale, non dimenticando, come fece già altre volte, che è la popolazione tutta a subire la violenza di questi estremisti. Delle tragiche violenze in Iraq con gli attentati alle moschee, parlò ad esempio il 26 febbraio 2006, esprimendo ferma condanna per gli spargimenti di sangue e per la violazione di luoghi di culto. Altre voci, come quella del Nunzio a Bagdad, monsignor Fernando Filoni, oggi Sostituto alla Segretaria di Stato Vaticana, si sono levate per esprimere solidarietà in occasione di attentati e atti di violenza verso fedeli musulmani. Benedetto XVI parla, dunque, dell’attentato, forse un’autobomba, forse un kamikaze, avvenuto verso la mezzanotte del 31 dicembre davanti la chiesa di Tutti i Santi, nella città egiziana. «Questo vile gesto di morte, come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene, offende Dio e l’umanità intera». Parla, il Papa, di una «strategia di violenze che ha di mira i cristiani, e ha conseguenze su tutta la popolazione».

Proprio in Iraq, dopo il massacro nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Bagdad, gruppi legati ad Al Qaeda hanno rivendicato l’attentato e hanno dichiarato che i cristiani in Medio Oriente sono un «obiettivo legittimo» perché «inquinano» il mondo arabo. Da allora si sono moltiplicate le violenze contro i cristiani, fino ad arrivare, come il 30 dicembre scorso, a mettere bombe davanti le loro case. I cristiani rappresentano una comunità che ha fatto del dialogo la via da seguire anche in situazioni particolarmente difficili; ed è proprio questa scelta. Questa capacità di dialogo ad essere vista come elemento di disturbo da chi percorre strade lontane dallo stato di diritto. E non è un caso che anche nel mondo islamico si sono levate voci autorevoli per condannare gli atti di violenza contro i cristiani. Lo ricorda il Nunzio a Beirut monsignor Gabriele Giordano Caccia: queste voci, dice, sono un «piccolo segno che deve aiutare l’occidente a comprendere che l’Islam è anche religione di pace e deve aiutare i credenti dell’Islam a comprendere che non devono lasciarsi strumentalizzare per fini politici, utilizzando la religione».

Dispiace che le parole del Papa non siano state comprese nel loro vero significato dall’Imam di Al-Azhar, l’istituzione musulmana più prestigiosa del mondo arabo. Se da un lato Ahmed al-Tayyeb ha condannato l’attentato – ed è anche andato a portare la sua solidarietà al Patriarca copto Shenuda III – dall’altro ha criticato le parole di Papa Benedetto definendole un’ingerenza nelle questioni interne dell’Egitto. Parole che, invece, hanno toccato i responsabili dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia che hanno espresso «dolore e orrore» per l’attentato, invitando a pregare per le vittime, affinché quella criminale provocazione fallisca.

Benedetto XVI ha voluto anche manifestare vicinanza, invitando a pregare per le vittime, le famiglie, e incoraggiando le comunità ecclesiali a «perseverare nella fede e nella testimonianza cristiana della non violenza che ci viene dal Vangelo». Ha ricordato i «numerosi operatori pastorali» uccisi in varie parti del mondo, 23 persone tra cui un vescovo e 15 sacerdoti secondo l’agenzia missionaria Fides. Di qui l’invito a rimanere «uniti in Cristo, nostra speranza e nostra pace».

Cristo che ha posto la tenda in mezzo agli uomini, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, cioè ha posto le sue radici nella storia del suo popolo. Di più, non è solo tra noi, ma soprattutto in noi che si trova ora la tenda di Dio; ed è proprio nella debolezza, nella fragilità, nella mortalità di questa carne che va accolto il figlio: in principio era il verbo, la parola. Già «in principio» c’è la volontà di Dio di dialogare, di rivelarsi. Sta al credente il compito di accogliere la parola, di viverla e di essere testimone credibile di quella luce che ha cambiato la storia. La forza del cristiano è proprio in quel fanciullo che è l’alfa e l’omega, è il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi: quale segno più grande di speranza.

BENEDETTO XVI, ANGELUS: DOLORE PER IL MASSACRO IN EGITTO