Firenze

Il viaggio di Mohamadu, in fuga dall’Africa: «A Firenze ho trovato una famiglia»

Il Mediterraneo, quasi un lago sulle cui sponde sono fiorite grandi civiltà, è oggi teatro di un terribile dramma, con gli oltre tremila viaggiatori della speranza morti nell’ultimo anno. Giovani in fuga da guerre o persecuzioni, alla ricerca di una vita degna.Mohamadu Tambadou, 25 anni, viene dal Mali. Come tanti, si è offerto al Mare non avendo scelta; costretto con la minaccia delle armi su una fragile barca stracolma, in procinto di affrontare la tempesta. Terrorizzato, dopo aver visto freddare sulla battigia un suo amico e altri compagni che, tremanti, si rifiutavano di salire a bordo.Recuperato dalla Marina Militare italiana è arrivato in Calabria, e poco dopo è stato condotto a Firenze. Qui, l’incontro con la famiglia Santetti ha ridato senso alla sua vita, dopo tanti mesi di sofferenze: dal Mali, al Niger, all’Algeria, alla Libia.Mohamadu: «In Libia eravamo come schiavi. Ci facevano lavorare duro e non ci pagavano. Dopo un mese nell’edilizia, abbiamo chiesto i soldi, rifiutandoci di lavorare se non ci erano dati. Ci hanno picchiati e rinchiusi in una cantina per due mesi. C’erano lì tante altre persone; alcuni li tenevano legati. Una notte, ci hanno portati al mare ammassati su un camion. Quando sei al mare, non puoi più scappare. Se ci provi, ti riprendono e ti uccidono.Nei quattro giorni, prima di incontrare la nave italiana che ci ha salvati, c’è chi è morto per la fame e per la sete. Durante il viaggio ho creduto di non farcela, di non potermi salvare. Ho pregato.A Firenze ho incontrato David, che era venuto a prendermi. Mi ha offerto vestiti e cibo».Carla, oltre ai suoi figli, ormai grandi, fa da mamma a tanti altri ragazzi, e insegna loro l’italiano.Carla: «Il gruppo dei migranti è arrivato a gennaio; faceva molto freddo. Accoglierli è, insieme, un’esperienza tremenda e bellissima. Vedi con dolore le condizioni in cui arrivano e incontri altri esseri umani che ritrovano la speranza nella vita. Mohamadu aveva tanta voglia di imparare e di comunicare per raccontare il suo vissuto a chi gli dà fiducia. Perché raccontare di sé, significa anche potersi in parte liberare da un’esperienza pesantissima, superando un dolore immenso».Come avete cercato di legare con i vostri ospiti?Carla: «Oltre il rapporto con la scuola d’italiano, che abbiamo nei locali della parrocchia, e gli incontri personali, quasi quotidiani, ci si vedeva con i ragazzi nostri ospiti il sabato e la domenica, per una giornata al mare, o una gita in campagna, insieme ad altri amici».Quando avete incominciato l’esperienza con i giovani migranti?Carla: «Con mio marito gestiamo una catena di Bed and Breakfast e, stimolati dalla visione ideale dell’Economia di Comunione, abbiamo deciso di mettere a disposizione una parte delle nostre strutture per l’accoglienza; ma non sapevamo come fare. Durante il ritorno da Rio de Janeiro, dalla GMG del 2013, ci siamo interrogati coi nostri figli, e abbiamo deciso di far qualcosa per la povertà che non era solo in Brasile, sicuri che Dio ci avrebbe fatto capire come attuare questo desiderio. Prima abbiamo accolto famiglie di sfrattati, inviati dal Comune, o altre situazioni di emergenza. Poi dalla Prefettura ci hanno chiesto di operare come C.A.S. (centro di accoglienza straordinaria), indicandoci una cooperativa che ci assiste. Abbiamo scelto di accogliere le persone con il solo rimborso delle spese delle bollette. Per noi è importante accogliere senza avere un guadagno economico».  Mohamadu: «Anche se non sono più a casa di Carla e David, resto loro molto legato. Ho ritrovato una famiglia. Mi consigliano e mi aiutano sempre, per realizzare il mio sogno: lavorare e continuare a studiare, magari all’università. Al Centro La Pira, ho preso il livello B2 per la lingua italiana e ho fatto amicizia con gli insegnanti e adesso mi preparo per la licenza di terza media, con la scuola di Agata Smeralda».So che hai incontrato Papa Francesco…Mohamadu: «Qualche settimana fa sono stato a Roma con Agata Smeralda, in udienza da Papa Francesco. Parlare con il Papa è stata un’esperienza stupenda. Io sono musulmano e ho sempre ammirato il Papa, come una guida per tutti. Quando ero bambino vedevo il Papa alla televisione e lo sentivo sempre parlare della pace e dei migranti: avevo il desiderio di incontrarlo. Porterò sempre nel cuore questo incontro».