di Giacomo CocchiDue momenti distinti, due ambiti di impegno pastorale per la Chiesa di Prato. Il primo riguarda la Peregrinatio Mariae che fino al 12 dicembre porterà la Madonna di Fatima in tutte le parrocchie diocesane, l’altro la riflessione, a tutti i livelli, dai sacerdoti, ai gruppi e alle famiglie, del tema quanto mai urgente della «Sfida educativa», indicato dai vescovi italiani come argomento prioritario della Chiesa italiana per i prossimi dieci anni. É lo stesso Vescovo Simoni, dalle pagine di Toscana Oggi, a delineare l’orizzonte verso il quale la comunità ecclesiale deve tendere per l’anno pastorale appena iniziato.Quali indirizzi e priorità per la nostra diocesi?«L’anno pastorale appena iniziato prevede in linea generale due momenti distinti: il primo va da settembre fino alle solennità natalizie, il secondo prenderà il via a gennaio 2011 e proseguirà nei mesi successivi fino all’estate. Il primo momento è qualificato dall’ultima parte della Missione diocesana 2005-2010 che avrà il suo termine ufficiale il prossimo 26 dicembre, solennità di Santo Stefano. In questi mesi l’attività preminente è la Peregrinatio Mariae, iniziata dopo il pellegrinaggio a Fatima del giugno scorso. Dal 23 giugno la Madonna pellegrina sta visitando tutte le parrocchie diocesane e altri ambienti e il 12 dicembre ci sarà una grande (spero proprio grande) convocazione diocesana conclusiva in cattedrale, nella quale affiderò di nuovo la diocesi a Maria.Da gennaio la Diocesi è chiamata a riflettere sul tema che i Vescovi italiani hanno scelto per il decennio 2010-2020, cioè la “sfida educativa”. La riflessione, ampia e articolata, è finalizzata a rivedere e migliorare e, se del caso, a instaurare percorsi educativi in tutti i campi della nostra Chiesa.Tornando alla Peregrinatio Mariae, dico volentieri che sono molto contento. Quante persone sono passate a salutare, venerare, pregare Maria meditando, così, il Vangelo di Gesù, e accostandosi alla Riconciliazione e all’Eucarestia! Una vera esperienza di fede risvegliata e pregata, una vera missione fra il popolo credente, è stata e sarà questa Peregrinatio».Ci sono già degli appuntamenti in programma?«Nei giorni 11-14 gennaio si terrà la “quattro giorni teologica”, tutta dedicata al tema dell’educazione e della formazione riguardante ogni ceto del popolo di Dio. È una iniziativa rivolta in primis ai sacerdoti, ma chi vorrà partecipare potrà farlo. In quei giorni, almeno due sere, gli oratori della “quattro giorni”, persone esperte nel campo dell’educazione e della pastorale giovanile e familiare, parleranno la sera in due (o tre) assemblee a S. Francesco, e questo costituirà il convegno diocesano annuale che ordinariamente si tiene a settembre. Inizieremo così una corale riflessione e revisione sul tema dell’educazione e dei suoi itinerari. Occorre sul serio una presa di coscienza del problema educativo, a partire dal documento della Cei che sarà pubblicato a breve».Nel campo dell’educazione le parrocchie rivestono ancora un ruolo importante?«Ci si augura che le parrocchie e i parroci, già richiamati da me più volte in proposito, dimostrino una apertura e un impegno maggiori su questo tema così cruciale. C’è bisogno di idee e di forte capacità di revisione di tutti gli itinerari educativi, c’è bisogno di concreta progettualità educativa. Non c’è formazione cristiana né efficace evangelizzazione se la Parola di Dio non si incarna in percorsi stabili, che abbiano contenuti e metodi non affidati all’improvvisazione ma a una impostazione programmatica fedele nel tempo».Quale «sfida» aspetta i parroci?«Abbiamo dei parroci indubbiamente capaci, ma nessuno di loro è autosufficiente. Bisogna vivificare i rapporti interparrocchiali. Urgente e di capitale importanza, al tempo stesso, avere a disposizione dei consacrati e dei laici, uomini e donne, motivati e competenti per dottrina e didattica. Tema e problema decisivo quello della ministerialità diffusa in diocesi, nelle parrocchie e nelle aggregazioni laicali. Un problema messo a fuoco negli anni scorsi ma occorrono e sono sempre più urgenti delle decisioni risolutive e pratiche».Quali gli strumenti per educare gli educatori?«Le vie sono queste: le parrocchie, anzitutto, ma collegate le une e le altre e col centro diocesano; gli uffici diocesani – catechistico, liturgico, giovanile e familiare – impegnati a mantenere in vita e a migliorare gli itinerari formativi; la scuola di teologia, che dovremmo indicare e consigliare a più persone possibile; le aggregazioni laicali, ma anch’esse inserite nel cammino diocesano.Penso poi all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Pur avendo uno statuto non strettamente catechetico ma culturale, esso ha bisogno di docenti capaci di vedere la loro opera nell’ambito della presenza cristiana nel mondo.Sull’offerta di momenti formativi, sia dottrinali che spirituali, credo che dovremmo e potremmo fare di più».In che senso?«Penso alla formazione permanente dei sacerdoti e alla catechesi e formazione nelle parrocchie. Il presbiterio diocesano è chiamato a partecipare ai soliti appuntamenti: ritiri mensili, assemblee periodiche, esercizi spirituali. Anche quest’anno gli esercizi spirituali offerti saranno di due specie: una residenziale al Palco a febbraio e l’altra, come lo scorso anno, “itinerante” fuori diocesi, in “luoghi santi” d’Italia e d’Europa.C’è bisogno di più partecipazione. Quanto agli esercizi spirituali del presbiterio, non pochi sacerdoti preferiscono compierli fuori Diocesi. Tutto va bene, l’essenziale è che tutti sentano il dovere e la necessità di compiere questa esperienza annuale e di partecipare alle varie riunioni fissate per loro in Diocesi.Ma c’è di più. Tra “lectio divina”, adorazione eucaristica, momenti e cenacoli di riflessione teologica e di cultura, e altro ancora, in Diocesi dovrebbero essere offerte, ancora meglio di quanto già si fa, opportune possibilità di approfondimento e di esperienze formative. Qua e là ci sono persone che stanno ai margini della Chiesa ma desiderano ascoltare ed essere ascoltate».Ha parlato anche dell’incremento delle catechesi per adulti nelle parrocchie«È stabilito che da ottobre fino alla Quaresima le catechesi siano ancora a base biblica e abbiano come tema principale “Maria nel Vangelo”. Non facciamo l’errore di pensare che meditare su Maria sia un mero esercizio devozionale, mentre invece è con lei e guardando a lei che si può favorire la scoperta di Gesù. A questo proposito l’ufficio catechistico ha preparato un sussidio contenente percorsi di catechesi rivolti a parrocchie, gruppi e famiglie.Ma, come si sa, riguardo alla catechesi e formazione degli adulti, io propongo – e anzi chiedo – che si prenda sul serio la rete dei cosiddetti “cenacoli” familiari».A settembre 2011 si terrà ad Ancona il congresso eucaristico nazionale. Come si preparerà la diocesi a questo evento?«Ci prepareremo passando dalla riflessione su “Maria e Vangelo” a quella sull’Eucaristia compresa, celebrata, adorata e vissuta. Queste catechesi eucaristiche dovranno essere compiute nel periodo pasquale. Intanto, cercheremo di valorizzare la tradizionale Settimana Eucaristica che si svolge a Sant’Agostino e la celebrazione diocesana del Corpus Domini, giovedì 23 giugno.Aggiungo che non è mai troppa la revisione del modo con cui si svolgono le nostre celebrazioni eucaristiche domenicali e festive al fine di renderle vive, partecipate, articolate dalle parole e dai silenzi oltre che da bei canti corali di tutta l’assemblea. Infine l’occasione del Congresso Eucaristico sarà opportuna anche per la prosecuzione e l’incremento dell’adorazione eucaristica in diocesi. Vera grazia di Dio quella che da due anni e mezzo si tiene nel chiesino di San Paolo. Stiamo lavorando perché un’ adorazione prolungata si impianti anche nel vicariato est, e poi anche altrove».Parliamo del Seminario.«Per prima cosa posso dire che il Seminario non chiude! Il Seminario resta, con la previsione di qualche seminarista in più. Certo, è di primaria necessità l’animazione vocazionale a tutti i livelli della Diocesi, un’animazione che implica parlare e formare al senso della vocazione e delle vocazioni in generale e di quella presbiterale in particolare. Va di pari passo l’incessante preghiera e la cura – ecco un problema di fondo – delle coscienze dei ragazzi e dei giovani attraverso una formazione più personalizzata possibile».Questo è un compito della pastorale giovanile.Sì, mi aspetto con fiducia una crescita formativa nell’ambito della pastorale giovanile. Anche il Centro vocazionale diocesano deve essere collegato con i vari percorsi della pastorale giovanile. Come negli anni passati, auspico ancora la prosecuzione e nuovi impianti di esperienze “oratoriane” diffuse; ma purtroppo trovo delle resistenze in proposito, e d’altra parte l’esperienza degli oratori necessita di preti che ci credono e di animatori che vi si impegnano.Non si può dimenticare, poi, che i primi passi della fede e della formazione avvengono in famiglia. Ecco perciò l’altra urgenza, la formazione delle coppie di fidanzati, di sposi e di genitori. Ma su questo punto la diocesi che fu di mons. Fiordelli, apostolo infaticabile della pastorale familiare, non è all’anno zero. Eppure ci sono spazi vuoti da riempire. Vuol parlare dei «cenacoli familiari»?«Certamente e volentieri. Da sempre ho creduto alla necessità di animare le parrocchie e la loro opera educativa attraverso una rete di gruppi che da qualche anno chiamo “cenacoli familiari”, un’espressione che può andar bene per vari tipi di esperienze catechetico-spirituali su base familiare, capaci di avvicinare gli adulti come le catechesi in sede parrocchiale ordinariamente non possono fare. Trovo una certa sensibilità in diversi laici. Vorrei che i miei confratelli credessero di più in questa proposta, la quale nonostante le difficoltà è concretamente attuabile, se ci si crede, come dimostra l’esperienza di alcune parrocchie».Intanto l’impegno della diocesi sul piano sociale e della carità cresce di anno in anno«È noto quanto la diocesi compie a livello centrale e parrocchiale nel vasto campo dell’opera della “carità samaritana”. Resto sempre ammirato dal nostro volontariato e dalle iniziative organizzate direttamente dalla Caritas diocesana e da realtà ad essa collegate. Penso alla S. Vincenzo, alla Mensa e al Dormitorio La Pira, al Centro di aiuto alla vita, alla Misericordia, ad esperienze come Emmaus e anche il Ceis, e non solo. Un altro campo in cui da tempo siamo molto impegnati è quello degli immigrati. Vogliamo essere il loro prossimo! Il vicariato apposito, la pastorale dei migranti, la Caritas, il movimento vincenziano, il centro missionario, l’Operazione Mato Grosso e le singole parrocchie, per quanto stanno facendo meritano ammirazione e incoraggiamento. Quest’opera, d’altra parte, contribuisce a chiarire le idee e a formare in proposito una coscienza civile più civile e più evangelica. D’altra parte, se curiamo la “Missione ad gentes” – le nostre Missioni pratesi e le Missioni in genere – come è possibile trascurare la Missione tra le tante etnie venute da lontano?»Anche l’arcivescovo Marchetto, già segretario del Pontificio Consiglio per i migranti, ha avuto parole di apprezzamento per come la diocesi sta seguendo la comunità cattolica cinese…«Lo ripeto: noi crediamo di contribuire non solo a praticare un preciso comando del Signore ma di servire la giustizia, la solidarietà e la pace sociale.Il 12 dicembre, per la conclusione della Peregrinatio Mariae e nella successiva solennità di Santo Stefano, desidero in cattedrale la presenza degli immigrati cattolici, e se ad essi si aggiungeranno anche i cristiani non cattolici e immigrati di altre religioni, ne sarò contento. Spero che ne siano contenti tutti a Prato e capiscano come queste iniziative non sono – e non si vogliono prestare – a nessuna strumentalizzazione di parte. Sono certo che questo è un mio dovere e un dovere della Chiesa. Anche questo tema, del resto, insieme a quello della cura dei malati e dell’assistenza ai più deboli, ci suggerisce di continuare nello sforzo di formare il maggior numero di cristiani ad una coscienza civile ispirata davvero alla dottrina sociale della Chiesa, oltre che alle dichiarazioni dei diritti e doveri dell’uomo e della nostra Carta costituzionale. Nel panorama molto grigio e deludente della vita sociale e politica questa nostra insistenza spero che rappresenti un segno di speranza. Sì, l’ispirazione cristiana della società e della politica è davvero una grande speranza. Ma i cristiani ci credono davvero?».