Fiesole

Il Vescovo Mario, un anno vissuto con noi

DI SIMONE PITOSSIIl 18 aprile esattamente un anno fa il vescovo Mario ha fatto il suo ingresso a Fiesole. In questa occasione gli abbiamo rivolto alcune domande. Dodici mesi in diocesi: come li ha vissuti?“E’ stato un anno importante per inserirsi nel cammino di una Chiesa. Ognuno ha fatto uno sforzo per “acclimatarsi”. Quella fiesolana è una Chiesa viva con un buon clero e sane tradizioni ben consolidate nelle varie parrocchie. Ho visto anche un grande senso dell’accoglienza distribuito ed espresso in varie forme: sto pensando alla Fraternità della Visitazione, alla casa di accoglienza della parrocchia del Giglio a Montevarchi, a varie case-famiglia sparse nella diocesi, a quella singolare e meravigliosa realtà che è la Fraternità di Romena. Si tratta di vari fermenti di accoglienza sia per migranti, sia per famiglie in stato di disagio, sia per persone rimaste ferite nella vita: varie attenzioni per le varie sofferenze. Per la nostra Chiesa sono segni di ricchezza spirituale. Un altro segno di grande ricchezza spirituale è la numerosa presenza di vita religiosa sia maschile, sia, e in particolar modo, femminile”. Ha accennato al clero. Quando sogna i suoi sacerdoti come li vede?“In buona parte come sono. Tra sogno e realtà siamo molto vicini. Nel sogno vorrei puntare al massimo sul senso di servizio al Signore e alle persone. I preti diocesani – e parlo al plurale perché un sacerdote non può mai concepirsi da solo ma ha senso nell’insieme del corpo sacerdotale – non sono monaci o frati: sono preti che collaborano con il Vescovo nel servizio diretto del popolo di Dio. La grande maggioranza dei nostri preti sono parroci. Vorrei sognare una disponibilità pastorale senza orari, una carità generosa senza riserve. Vorrei sognare tutti i preti diocesani che la sera, dopo l’ultima riunione, crollano dal sonno perché durante il giorno hanno donato tutte le proprie energie senza risparmio. Sogno preti che non hanno tempo per vedere la televisione perché spesi nella vita della parrocchia. Sogno preti entusiasti del Signore, della loro fede, del loro essere preti, della loro Chiesa preti capaci di sprizzare gioia da tutti i pori della loro pelle, la gioia di essere preti diocesani in questa Chiesa e donarsi completamente al Signore e al suo popolo”. Al Signore e al popolo?“Sì. Un generoso impegno pastorale presuppone un’intensa vita di preghiera. La storia ci insegna, dai Padri della Chiesa, a San Carlo, al santo curato d’Ars, fino ai grandi sacerdoti del nostro tempo, che i pastori più generosi sono stati grandi uomini di preghiera e viceversa”. Com’è stato il rapporto con la gente in questo anno?“Il rapporto con le persone è stato sempre bello, aperto e schietto. Ogni volta che sono stato in una parrocchia per una festa, per un incontro, o per le Cresime, mi sono sempre sentito a mio agio, mi sono sentito ben accolto dai sacerdoti e dalla gente. Ho sempre percepito un grande senso di comunione”. Il Seminario è spesso al centro di tante iniziative, soprattutto con i giovani. Come lo ha trovato?“Certamente il Seminario è una delle tradizioni più belle e vive della Chiesa fiesolana. Il numero dei seminaristi è sempre stato considerevole. Oggi poi la grande maggior parte di loro proviene vengono dalle nostre parrocchie e lascia sperare, quindi, di potersi ben calare nel tessuto delle nostre realtà. Il Seminario è luogo di incontri, convegni, riunioni di sacerdoti e di laici, è una struttura aperta sulla diocesi. In particolar modo sto pensando poi agli incontri di preghiera dei giovani: più di 150 giovani periodicamente in Seminario per un’ora di adorazione a sera, è un grande segno di speranza”. E il pianeta giovani com’è?“A livello diocesano esistono belle esperienze significative. Prima di tutto l’Azione Cattolica con varie attività durante l’anno e con i campi scuola estivi. Poi i campi dell’Opera La Pira, sia in montagna che al mare, che sono in larga parte frequentati e sostenuti da persone della nostra diocesi. Un’altra associazione ben radicata in diocesi è l’AGESCI con una considerevole adesione di giovani e ragazzi”. Sempre a proposito di estate ci stiamo avvicinando al periodo dei Grest…“I Grest stanno aumentando in molte parrocchie. Ed è una cosa bella perché è bene che i ragazzi vivano esperienze forti nella propria parrocchia. Sarebbe bello se la partecipazione potesse estendersi non solo ai fanciulli ma sempre più anche a un folto numero di ragazzi più grandi, già confermati con i doni spirituali nella Cresima”. Ci sono delle difficoltà nel settore giovanile?“Sono quelle comuni a tutte le altre diocesi e, più in generale, sono quelle che la nostra società contemporanea sta incontrando. Contrariamente a quanto accadeva alcuni decenni or sono, i giovani non amano molto la vita di gruppo e la loro socializzazione si esprime con dinamiche diverse e sempre nuove. Si sente l’esigenza di relazioni dirette, di incontri personalizzati. Questo esige nei sacerdoti e nei loro collaboratori tanta disponibilità e sapienza. La disponibilità di tempo per cercare tutti ad uno, ad uno, per attendere il momento propizio di ciascuno. La sapienza poi per saper offrire il giusto discernimento, senza chiusure preconcette verso l’attuale mondo giovanile, con la capacità di saper indicare mète alte nella maniera giusta e appropriata. Sono le difficoltà che incontriamo effettivamente negli oratori e nelle parrocchie, difficoltà che esigono di ripensare continuamente il modo migliore per interagire con i giovani e per rinnovare a loro la proposta della fede cristiana”. E ora veniamo alla famiglia. Spesso si parla di crisi. Qual è lo stato di salute delle nostre famiglie?“Ci sono due aspetti da mettere in evidenza. Prima di tutto, per quel poco che sommariamente che ho potuto vedere, ho notato una realtà di fondo formata da famiglie sane, buone e serene. Purtroppo queste famiglie non fanno notizia, perché la cronaca e il parlare comune tendono a raccontare e drammatizzare le situazioni più complicate e più pruriginose, con il rischio che anche le famiglie più serene vengano contagiate da questi messaggi e che, soprattutto le famiglie giovani, tendano a omologarsi su questa sottocultura. Il secondo aspetto da sottolineare è che esiste anche qui da noi un’emergenza famiglia. Ci sono difficoltà oggettive di disagio anche economico e c’è la difficoltà più generale dei giovani a prendere impegni stabili, c’è una diffusa paura del futuro, o quanto meno una notevole incertezza. Aumentano le convivenze rispetto ai matrimoni e sono sempre più numerose le famiglie allargate e le famiglie ferite. In diocesi c’è un Punto Famiglia che si impegna in questo settore e c’è un consultorio, ma le difficoltà in campo e le esigenze a cui rispondere sono molte. Dedicheremo alla famiglia gli “Orientamenti Pastorali” per l’anno 2011-2012”. Quale sarà il messaggio che la diocesi lancerà alle famiglie?“L’obiettivo dovrebbe essere quello di sostenere le famiglie che lo desiderano a sentire la loro dignità e la loro responsabilità di educare i figli e di costruire il futuro. Come Chiesa dobbiamo metterci al servizio delle famiglie perché tutte si sentano sostenute e incoraggiate nelle loro missione. Lo faremo innanzitutto con un invito alla preghiera, perché questo è il collante più forte per una famiglia. Cercheremo poi di favorire un’educazione cristiana positiva riguardo alla famiglia, agli affetti, alla sessualità, come pure di favorire una lettura delle maggiori difficoltà della vita (malattie, morte di persone care) come momenti importanti per l’educazione dei ragazzi alla vita reale. Ci sarà bisogno poi di un’attenzione particolare alle famiglie ferite negli affetti, perché nessuno si senta escluso dalla Chiesa, ma anzi tutti si sentano accolti. In tutto questo sarà importante avere il un sostegno delle parrocchie, degli insegnanti cristiani, delle comunità religiose, delle aggregazioni laicali che si interessano dei giovani, come pure delle società sportive più sensibili e disponibili”. Qual è il contributo che può dare lo sport?“Un bravo allenatore che educa bene i propri ragazzi ad un sano gioco di squadra, a giocare insieme per vincere senza offendere, per sentirsi gruppo ed esprimersi al meglio, offre un contributo educativo preziosissimo. Se un ragazzo trova messaggi convergenti in tutti i setotri dove si trova a vivere, la sua serenità è favorita e sostenuta. La vera sfida dell’educazione è qua”. A proposito di educazione alla vita cristiana, c’è una novità nelle iniziative pastorali. Un convegno per i catechisti che si svolgerà il 9 giugno. Che appuntamento sarà?“Il convegno catechistico di giugno si caratterizza in modo diverso rispetto a quello autunnale, che ha carattere di approfondimento. Questo vuole semplicemente offrire una presentazione di alcuni sussidi idonei perché i catechisti abbiano tempo, durante l’estate, di prepararsi e aggiornarsi per il prossimo anno”. Come vede la Chiesa fiesolana del futuro?“Una Chiesa in missione, tutta protesa all’annuncio del Vangelo e alla testimonianza del comandamento nuovo che il Signore ci ha lasciato. Questo deve essere l’impegno maggiore. Non sto sognando iniziative straordinarie. Sto semplicemente pensando come rendere sempre più “missionario” ciò che ordinariamente la Chiesa vive, dalla catechesi alla liturgia, dall’animazione delle parrocchie alle attività delle associazioni. Per questo sarà necessaria una grande attenzione alle nuove risorse: alla rete delle comunicazioni sociali, alla nuova realtà dei migranti, alle sfide delle culture diverse. Sono sfide importanti, da cogliere positivamente come occasioni per predicare e testimoniare il Vangelo. In futuro dovremo anche pensare una certa riorganizzazione delle parrocchie, perché la situazione demografica è in evoluzione e anche la realtà del clero diocesano sta progressivamente cambiando. Facendo tesoro di studi specifici già avviati in passato e senza nulla stravolgere, sarà necessario procedere ad uno snellimento della organizzazione pastorale della diocesi”.