Prato
Il tributo pratese alla Grande Guerra: ritrovati i nomi e le storie di tutti i caduti
La prima cosa che ha fatto è stata quella di andare davanti al chiesino di Sant’Anna in viale Piave e di copiare sul suo taccuino tutti i nomi dei caduti della prima guerra mondiale scritti sulla facciata. Poi per tre anni ha passato al setaccio l’anagrafe, ha visitato le tombe dei soldati al cimitero di Chiesanuova e letto le tantissime epigrafi poste nelle chiese pratesi. Per mesi è andato tre volte a settimana all’archivio diocesano per leggere gli atti di battesimo, di morte e di matrimonio di coloro che sono partiti per andare a combattere al fronte nel periodo 1915-1918. Fondamentale è stata anche la lettura del libro scritto da mons. Eugenio Fantaccini, vicario generale della diocesi di Prato, nel 1937. Da questo grande lavoro svolto con passione e competenza è nata la ricerca più accurata e completa dedicata al tributo che Prato ha pagato alla Grande Guerra. A compierla è stato Roberto Angelo Segnini, 71 anni, tecnico tessile che una volta andato in pensione si è laureato in storia con una tesi sugli anni d’oro del nostro distretto industriale. E oggi, che siamo nel centenario della conclusione del conflitto, Segnini presenterà il suo progetto, intitolato «La meglio gioventù è alla guerra», nel corso di un incontro in programma venerdì 2 novembre alle ore 17 alla Biblioteca Lazzerini. L’iniziativa è inserita all’interno del programma «Un autunno da sfogliare».
Nella foto Roberto Angelo Segnini
«Sono stato incoraggiato in questa ricerca da tantissime persone che non hanno mai saputo dove e come sono morti i propri cari», spiega Segnini che per la prima volta riesce a dare un ordine di grandezza al numero dei pratesi vittime di quella che Benedetto XV definì «l’inutile strage». In Italia il numero dei soldati morti è 650mila, di questi oltre un migliaio (Segnini li stima tra 1047-1115) sono pratesi o di adozione. Perché secondo le statistiche del ministero della guerra i caduti di Prato sono 783 ma giustamente Segnini ha voluto inserire anche chi non è nato qui ma è partito dalla città laniera per andare al fronte. Invece negli archivi ufficiali la suddivisione è solo per luogo di nascita e non di residenza. «Il periodo di riferimento è 1915-1920, perché non sono poche le persone decedute al termine del conflitto a causa di ferite e malattie contratte in tempo guerra – sottolinea lo storico – e il numero riguarda gli abitanti di Prato e di Vaiano (al tempo non era Comune a sé), ai quali ho aggiunto i caduti di caduti di Cantagallo: ben 131. Ho escluso quelli di Vernio perché esiste una buona ricerca fatta anni addietro. Ma il numero totale è certamente superiore perché dagli elenchi sono stati tolti gli “indegni”, coloro che sono stati processati e ritenuti colpevoli di reati di guerra come ad esempio la diserzione». Per ognuno di loro Segnini ha indicato: nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza, reggimento, compagnia e grado, luogo della morte, data della morte, causa, località di sepoltura. «Il tutto corredato dalle note di monsignor Fantaccini integrate dalle mie scoperte», aggiunge lo storico. Il vicario generale ne aveva contezza perché in quel periodo ebbe un compito delicatissimo: informare le famiglie della morte dei loro cari partiti soldato. «Riceveva le notizie dalla Croce Rossa oppure dal Vaticano, ma spesso si faceva portavoce anche delle informazioni avute dal sindaco tramite il comando supremo», spiega ancora Segnini. Non è possibile invece quantificare il numero totale dei chiamati alle armi e poi partiti. «In guerra partirono anche venti sacerdoti pratesi, impiegati come cappellani ospedalieri, due di loro morirono per aver contratto la spagnola». Sappiamo poi quanti furono gli orfani: 166.
Nella ricerca ci sono anche le storie di alcuni soldati ricostruite tramite le lettere ricevute dai familiari e conservate nell’archivio Fantaccini e nella sede dell’associazione combattenti e reduci in piazza San Marco. «Tra i tanti sono riuscito anche a ricostruire la morte dello zio di mia suocera, Donato Pacini – conclude Segnini -, io ho scoperto che è morto in un ospedale da campo dopo essere stato colpito da uno shrapnel, un terribile proiettile d’artiglieria riempito di sfere di piombo. La madre sapeva solo che era morto e anni dopo ha ricevuto una medaglia al valore».