Finalmente è una realtà: il servizio civile nazionale (Scn) si tinge di rosa. Infatti dal 2005 i tradizionali 12 mesi di impegno nel sociale non sono più concepiti come alternativa agli obblighi di leva ma come una proposta a cui possono aderire i ragazzi e, oggi, anche le ragazze tra i 18 ed i 28 anni.A questo appuntamento la Caritas italiana arriva più che preparata. Il progetto di Servizio civile nazionale che viene delineato dalla recente legge 64 del 2001 in qualche modo riprende un’esperienza che la Caritas vive da quasi trent’anni con l’accoglienza dei ragazzi obiettori e con l’ «anno di volontariato sociale» (Avs) dedicato invece all’impegno delle ragazze. Grazie a quest’ultimo progetto oggi sono circa 2000 le ragazze che hanno già svolto il loro personale servizio civile, impegnate nei programmi di formazione alla pace, in quelli a favore della nonviolenza, della condivisione dell’esperienza in piccole comunità, del confronto sulla dimensione valoriale e spirituale, sull’ascolto e sull’accompagnamento di persone in difficoltà per combattere l’emarginazione. Sono passati trent’anni e oggi il progetto, scomparsa la leva obbligatoria, diventa più integrato e cambia anche il nome. Si chiama «il servizio civile dei ragazzi e delle ragazze».Nella nostra diocesi la nuova opportunità è stata colta al volo, per ora, da nove ragazze ed un ragazzo. «Siamo coinvolti al massimo da questa sfida – ci dice la responsabile del servizio Debora Cei – il primo bando raggruppa dieci ragazzi con diversi vissuti, qualcuno non aveva mai sentito parlare della Caritas, qualcuno non è credente. Esperienze diverse quindi – continua Debora Cei – che però non impediscono di condividere una visione e, perché no, dei sogni comuni. Le strutture della Caritas si occuperanno prima di orientare la scelta di questi giovani indicando loro un tipo di servizio, poi della relativa formazione intesa non solo come trasmissione di conoscenza ma come accompagnamento personale e di gruppo, affrontando dimensione emotiva, dinamiche interpersonali, relazioni sociali nonché le problematiche dell’inserimento in un’organizzazione».I luoghi del servizio pisano: il centro d’ascolto Caritas (disagio adulto e alta marginalità) e le strutture affidate alle cooperative «Insieme» (disabilità) e «Il Simbolo» (madri con figli). All’interno di questi ambienti, uffici amministrativi, sportelli di informazione, semplici tinelli di una casa famiglia, anche i nostri ragazzi vivono la loro esperienza di solidarietà.È il caso di Anna Maria Giacco, 25 anni, pisana, laureata in psicologia, in servizio alla casa famiglia Demetra. Pochi giorni di full-immersion tra i minori che recano con sé una storia sofferta: «mi hanno molto colpito – dice Anna Maria – le lettere alla madre e al fratellino di una delle ragazze accolte nella struttura. Lettere che non arriveranno mai a destinazione».Federico Franchi, pontederese di 20 anni, svolge il servizio nella casa famiglia di Marciana: «Ho scelto questo progetto per capire meglio le problematiche dei soggetti più deboli e rappresentarle all’esterno. È il mio modo di combattere l’esclusione e l’emarginazione sociale». Francesca Meucci, 24enne pisana, collabora nella stessa struttura: «Ho un diploma di dirigente di comunità e durante il tirocinio ho capito che attraverso la solidarietà si possono inventare nuove professionalità rendendosi anche utili agli altri».Sara Ciotti, 25 anni, pisana, ha in tasca un titolo di fisioterapista ma ha aderito al progetto per avere un’occasione di riflessione e di ripensamento generale: «Mi occupo di integrazione a favore dei minori diversamente abili e ho aderito a questo progetto perché questo periodo avesse un preciso significato di solidarietà».Laura Zampano, 27 anni, valuterà se intraprendere la libera professione di avvocato dopo aver superato l’esame di stato. Intanto è reduce da un master in cooperazione e lotta alle povertà. «Il tirocinio si è svolto nell’osservatorio Caritas e da allora non l’ho più lasciato».A Linda Giannelli, 24 anni, mancano gli ultimi esami per la laurea di primo livello per infermiera professionista: «Assisto le ragazze madri che hanno fatto la scelta difficilissima di tenere il proprio bambino oppure di uscire da una dipendenza».