Pisa

IL SEGNO DELLA COMUNIONE CON IL PAPA

di Gino Bigini*

Il canone 437, paragrafo 1, del Codice di diritto canonico, che costituisce l’ordinamento giuridico della Santa Chiesa, stabilisce che il Metropolita è tenuto all’obbligo, entro tre mesi dalla consacrazione episcopale, o, se è già stato consacrato, dalla provvisione canonica ovvero dalla sua nomina alla sede episcopale affidatagli, di chiedere al Romano Pontefice il Pallio, con il quale è stata significata la potestà della quale il Metropolita è investito di diritto nella propria provincia ecclesiastica, in comunione con la Chiesa Romana.Dunque, il Pallio è un’insegna che attesta la potestà di cui è investito l’Arcivescovo Metropolita e la sua comunione con il Papa, Vescovo della Chiesa di Roma.Sull’origine del Pallio si sono fatte varie ipotesi, ma la più credibile sembra essere quella di chi sostiene che esso ha un’origine essenzialmente ecclesiastica, attestata già sicuramente per il IV secolo. Tuttavia, l’uso ecclesiastico del Pallio sacro si rapportava senz’altro al pallium, l’antico manto filosofale di provenienza greca, sopravveste prediletta (Tertulliano, scrittore del secolo III, ne tesse l’elogio) e tenuta in alta stima dai primi fedeli cristiani: Gesù Cristo e gli Apostoli erano rappresentati rivestiti del pallio, quale vero Maestro di verità e di sapienza con i suoi Discepoli. Questa veste anticamente molto ampia e solenne ad un certo punto, verso la fine dell’Impero romano (sec. IV), si presentò assai ristretta, sotto forma di una larga sciarpa, divenuta in ambito ecclesiastico insegna liturgica propria dei Vescovi di Roma, i Papi.In effetti, il Pallio liturgico nelle sue raffigurazioni più antiche ci si mostra sotto forma di sciarpa completamente aperta e disposta sopra le spalle con lo stesso andamento che aveva l’antico pallium – manto: un lembo della striscia segnato con la croce pende dinanzi, sul petto, dal lato sinistro, sale sulla spalla sinistra, gira attorno al collo e, passando sulla spalla destra, scende assai basso dinanzi, sul petto, per tornare infine sulla spalla sinistra e ricadere dietro la schiena (si può notare, per es., quest’uso nella figura del vescovo Massimiliano a S.Vitale in Ravenna, prima metà del secolo VI).In seguito, a partire dal secolo IX, si cominciò a fare in modo che i due capi del Pallio, mediante delle spille, pendessero esattamente sul mezzo del petto e del dorso, arrivando, così, a quella forma semplice, circolare, che si è mantenuta comunemente fino ad oggi, con dimensioni molto più ridotte (ma possiamo notare che il Pallio indossato dal Sommo Pontefice attuale ha ripreso il suo aspetto antico). Il Pallio è di colore bianco, ornato generalmente di sei croci nere, con gli estremi lembi delle appendici terminanti in piccole lastrine di piombo foderate di seta nera. Le spille gemmate, che un tempo servivano a tenerlo fermo, sono diventate semplicemente decorative.Il Pallio è un’insegna d’onore e di giurisdizione riservata di diritto al Papa e agli Arcivescovi, ciò sicuramente a partire dal sec. VII, secondo quanto attestato da antichi documenti pontifici e sinodali. La confezione dei Pallii, affidata ad una comunità di monache presso Roma, è fatta con lana di agnelli (tradizionalmente due) benedetti ogni anno nella festa di Sant’Agnese (21 gennaio) presso la Basilica omonima. I Palii benedetti dal Papa o da un Cardinale suo delegato nella vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo (29 giugno) sono conservati presso il sepolcro del principe degli Apostoli, Pietro: il contatto del Pallio sacro con quelle venerate reliquie lo ha fatto sempre e giustamente considerare come segno di partecipazione della potestà superiore conferita dal Signore allo stesso Pietro di pascere le sue pecore (Pasce oves meas, cf Vangelo secondo Giovanni, 21,15 s.) e per questo esso è simbolo altamente espressivo dell’unità con la Sede Apostolica in perfetta comunione.L’Arcivescovo di Pisa, in quanto Metropolita di antica origine, presiede la provincia ecclesiastica la cui Sede diocesana (Pisa) gli è stata assegnata dal Sommo Pontefice e tra le sue competenze vi è soprattutto quella di vigilare che nelle Diocesi suffraganee siano conservate la fede e la disciplina ecclesiastica e che in esse si compia regolarmente la visita canonica cui ogni Vescovo è tenuto in forza del suo mandato (cf can. 436).Egli può usare il Pallio sacro, a norma delle leggi liturgiche, in ogni chiesa della provincia ecclesiastica, metropolia, alla quale presiede, non però fuori di essa. Si deve, infine, notare che il Pallio è strettamente legato alla giurisdizione che il Metropolita esercita nella propria provincia, tanto che se questi viene trasferito ad un’altra sede metropolitana, è tenuto a richiedere un nuovo Pallio.

*Gino Biagini, sacerdote pisano, vicario giudiziale del Tribunale regionale ecclesiastico