È una semplice stola di lana bianca, stretta e lunga; ma per la simbologia adottata dalla Chiesa cattolica ha un alto valore: è l’espressione di un legame speciale con il Papa e della potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, l’arcivescovo metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione. Domenica 29 giugno, festa dei Ss Pietro e Paolo, anche l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto – insieme ai metropoliti del mondo nominati nell’ultimo anno – riceverà il sacro pallio.Il rito della consegnaSuccederà tutto in San Pietro, durante una concelebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI. Al termine dell’omelia e prima della professione di fede, monsignor Giovanni Paolo Benotto sarà presentato al Santo Padre dal cardinale protodiacono. Poi giurerà obbedienza e fedeltà al beato Pietro apostolo, alla Chiesa romana e al Papa. Benedetto XVI benedirà i palli e ricorderà ai destinatari che questi dovranno essere «per voi simbolo di unità e segno di comunione con la Sede apostolica», vincolo di carità e stimolo di fortezza.La confezioneSecondo una antica tradizione, il pallio è ricavato dalla lana ottenuta con la tosatura degli agnelli, che ogni anno vengono donati al Papa nella festa di Sant’Agnese e che sono accuditi dai padri trappisti dell’abbazia delle Tre Fontane. La lana, tessuta dal laboratorio artigianale La Tela a Macerata, viene confezionata – come da tradizione – dalle suore benedettine del monastero di Santa Cecilia a Roma. La formaIl pallio ha la forma di un anello, dal cui centro pendono – sul petto e sul dorso – due lembi. È decorato con sei croci nere di seta ed è guarnito, davanti e dietro, con tre spille d’oro e gioielli (acicula) forse ricordo dei tempi in cui era una semplice sciarpa piegata a doppio e appuntata con una spilla sulla spalla sinistra.Benedetto XVI ha ripristinato per sé l’uso di un pallio più lungo e incrociato sulla spalla sinistra, lasciando inalterata, invece, la forma e le misure (sei centimetri di larghezza e due metri di lunghezza) del pallio concesso agli arcivescovi.Il significatoIl pallio rappresenta l’agnello portato sulle spalle: il vescovo che lo indossa è dunque il buon pastore e, insieme, porta l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta.Una interpretazione, questa, ripresa nel rito della consegna del pallio, quando il Santo Padre, benedicendo questo paramento liturgico, si rivolge a Dio dicendo: «Accogli benigno le preghiere che umilmente ti rivolgiamo e concedi, per i meriti e l’intercessione degli apostoli, a coloro che per tuo dono indosseranno questi palli, di riconoscersi come pastori del tuo gregge e di tradurre nella vita la realtà significata nel nome. Prendano su di sé il giogo evangelico imposto sulle spalle e sia per loro così lieve e soave da poter precedere gli altri nella vita dei tuoi comandamenti con l’esempio di una perseverante fedeltà, fino a meritare di essere introdotti nei pascoli eterni del tuo Regno».Le metropolieCome scrivevamo, questo paramento liturgico non è concesso a tutti i vescovi, ma solo agli arcivescovi metropoliti e ai primati come simbolo della giurisdizione loro delegata dalla Santa Sede. È il caso dell’arcivescovo di Pisa. Già nel 1092 la diocesi di Pisa fu elevata al rango di arcidiocesi metropolitana e il vescovo Daiberto assunse il titolo di arcivescovo, perché alla nuova metropoli di Pisa furono sottoposti i vescovadi della Corsica. Oggi il vescovo di Pisa ha il titolo anche di primate di Corsica e Sardegna, mentre sono suffraganee alla nostra arcidiocesi le diocesi di Livorno, Massa Carrara-Pontremoli, Pescia e Volterra. Diocesi in preghieraLa diocesi è chiamata ad accompagnare con la preghiera l’arcivescovo in questo significativo passaggio del suo ministero. La curia arcivescovile ha suggerito uno schema per la preghiera dei fedeli, per le celebrazioni di domenica 29: «Oggi – si legge nella preghiera suggerita – il nostro Arcivescovo Giovanni Paolo riceve dal Papa il pallio, simbolo di diretta e fedele collaborazione con Pietro nel servizio alle chiese locali. Invochiamo lo Spirito affinché la nostra Diocesi, fortificata da questo particolare vincolo di comunione ecclesiale, sia segno e strumento di santificazione e di riconciliazione».