Caro Direttore,dispiace come cattolico vedere «Toscanaoggi» prendere posizione su un argomento, quello referendario, che niente ha a che fare con la Religione e che mescola quindi impropriamente il sacro con il profano. Mi riferisco all’articolo di prima pagina e ai vari articoli e articoletti di seconda e terza pagina (Toscanaoggi n.37), fra i quali anche quello di un teologo che, a mio parere, si mostra un po’ presuntuosello nel ritenersi depositario della verità morale.Io mi permetto invece di concordare con l’articolo di mons. Maggiolini, vescovo di Como (indubbiamente dal lato dottrinale un po’ più autorevole di don Chiavacci) pubblicato sulla «Nazione» del 15 giugno dal titolo «Ma che c’azzecca l’Azione Cattolica con il referendum?».Enrico PieragnoliFirenzeLa sua obiezione, caro prof. Pieragnoli, va al di là di un singolo episodio i nostri servizi sul Referendum costituzionale e merita un approfondimento, proprio perché investe il ruolo della Chiesa e l’impegno dei laici cattolici, compresi quelli che operano nei mezzi di comunicazione sociale, «per un giusto orientamento dello Stato e della società».Il Papa, nell’Enciclica «Deus Caritas est», al § 29 ricorda che «la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica». Il compito della Chiesa è indiretto e consiste nel ricordare, alla luce del Vangelo, quei valori fondanti, senza i quali «le strutture giuste non vengono costruite né queste possono essere operative a lungo».«Il compito immediato di operare per un giusto ordine della società è invece proprio dei fedeli laici». È questa la loro missione, il compito a cui sono chiamati, rispettando della politica la legittima autonomia e «cooperando con gli altri cittadini, secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità». Che i laici quindi, sia singolarmente che all’interno delle associazioni, dibattano su temi socio-politici e prendano posizione non solo è lecito, ma è un loro ben preciso diritto-dovere, quando lo fanno in quanto cittadini chiamati a portare un loro contributo sempre in base ai valori a cui fanno riferimento. I giudizi, le opinioni potranno essere diversi e il dibattito anche acceso: l’importante è che come ha ricordato recentemente in un’intervista mons. Fisichella sempre ci sia attenzione e non prendere posizioni di rottura all’interno della comunità cristiana, cautela a non accentuare il dissenso e soprattutto rispetto per possibili voci diverse.Questo è avvenuto in occasione del Referendum sulle modifiche alla nostra Costituzione, come del resto si era già verificato in occasione di quello sulla legge 40, e ha fatto emergere un laicato vivo che si impegna e sa confrontarsi su temi di fondo e che soprattutto non vuol confinarsi e tanto meno essere confinato nelle sacrestie o nel solo volontariato.Può un Settimanale come il nostro rimanere assente da dibattiti dei questo tipo? Io penso di no e lo fa con una duplice funzione: dare spazio a questo laicato, ospitandone le opinioni (anche quelle che non condividiamo) e offrendosi come luogo di confronto tra le varie sensibilità del nostro mondo. Ma lo fa anche manifestando il suo pensiero e qui giochiamo la nostra responsabilità di laici allo scopo di contribuire al dibattito e, come abbiamo scritto più volte, al formarsi di opinioni personali e motivate.Farlo non è sempre facile, sbagliare è sempre possibile, ma questa è la nostra linea, analoga del resto, pur nella varietà delle situazioni, a quella di tutti i Settimanali cattolici, a cui oggi, più che nel passato, è chiesto di esserci, di saper dire qualcosa, di confrontarsi con i lettori, come prova questo colloquio settimanale.