Pisa
IL PRIMATO DELLA CATTEDRALE
di Caterina Guidi
Quella cintola che «non veste bene»
In tanti l’hanno vista, esposta nella sala 11 del Museo dell’Opera del Duomo: è la cosiddetta cintola della Cattedrale, quella che secondo la tradizione veniva stesa attorno al perimetro della chiesa nelle solennità. Qualcuno avrà anche provato a immaginarsela: una striscia in damasco rosso che – nei tempi d’oro della Repubblica pisana – risaltava sul marmo bianco della Cattedrale dell’Assunta. In realtà, mai immagine fu meno corrispondente alla verità storica. «L’originale cintola della Cattedrale – spiega a Toscana Oggi Mario Noferi, autore di «La cintola del Duomo di Pisa» (Pierucci Editore, 2008) – era tutta un’altra cosa». Una storia che ricorda per certi versi la lampada cosiddetta di Galileo, ma con risvolti ancor più misteriosi. La cintola autentica, quella medievale, «era costituita da placchette in argento dorato, liscie, che dovevano riflettere la luce solare – specialmente al tramonto nel mese di agosto, quando la cintura restava distesa per un mese in onore dell’Assunta – creando un effetto scenografico che doveva essere davvero suggestivo». E poi? Gli arredi sacri più preziosi – ieri come oggi – correvano il rischio di essere rubati. Fu tale Gano, sicario del capitano Giovanni Gambacorti, nel 1406, a sottrarre la cintola con la forza, malmenando il sacrestano e rivendendo poi il bottino per una somma da capogiro. I canonici del capitolo cercarono di correre al riparo per quanto possibile, organizzando subito le ricerche e avviando il progetto per una nuova cintola. Ma la cosa non dovette andare a buon fine. Problemi tecnici, politici, non ultimo il Concilio di Trento con l’eliminazione degli arredi ritenuti un po’ troppo vistosi: questi i fattori che segnarono la battuta d’arresto nella realizzazione di una nuova cintola. Ma la devozione popolare non si poteva fermarla, specialmente dopo le epidemie che avevano colpito la città fra il Cinque e il Seicento: «il popolo correva da santi e reliquie, per scongiurare le pestilenze e le carestie. Fu proprio allora che si fabbricò un nuovo arredo – da porre attorno alla porta di San Ranieri – costituito da due pezzi residui del vecchio supporto di stoffa, impreziosito da formelle. Ma formelle che nulla avevano a che fare col primo esemplare, e che provenivano forse da altre cinture». Dei due pezzi ne restò uno solo, illustrato nell’Appendix del «Theatrum basilicae pisanae» di Giuseppe Martini, del 1704. Si tratta finalmente della striscia che ammiriamo oggi al Museo? No: «Quella che vediamo ora è un riadattamento estetico allestito per una mostra internazionale di arte sacra del 1906». Una vicenda complessa, sulla quale Noferi tornerà nel suo nuovo lavoro, «Di alcune disiecta membra di oreficeria sacra pisana del Tesoro della Cattedrale del secolo XIII». La storia è ancora tutta da scrivere.