Negli anni ’60 Anghiari, centro di una tradizione artistico-artigianale ben documentata già nel XVI secolo, acquista fama nazionale per il restauro del mobile antico grazie all’abilità tecnica e all’intraprendenza di alcuni anghiaresi. Rapidamente emerse la necessità di affiancare ai bravi artigiani già operanti nel territorio nuove forze per poter rispondere alle numerose richieste provenienti da ogni parte d’Italia.Fu allora che la lungimiranza del professor Giuseppe Nomi , insieme ad altre figure di spicco nel territorio quali l’onorevole Giuseppe Bartolomei, l’antiquario Poggini e lo stesso sindaco del paese, si manifestò nella richiesta al ministero della pubblica istruzione di una sezione distaccata dell’Istituto d’arte di Sansepolcro con un indirizzo specifico, «Arte e restauro del mobile antico».L’autorizzazione giunse nell’anno scolastico 1961-62 e tra mille difficoltà iniziò la storia della prima e unica scuola secondaria superiore di Anghiari, ancora oggi fiore all’occhiello del paese. Il professor Nomi, già docente di storia dell’arte, fu nominato coordinatore della scuola. Fu sicuramente un anno impegnativo per Nomi e per quei giovanissimi professori neo-diplomati presso l’istituto di Sansepolcro, ma gli sforzi di tutti furono ricompensati dal riconoscimento dell’autonomia dell’Istituto nell’anno successivo. Il professor Nomi venne nominato direttore della scuola per la passione e la competenza con cui aveva operato. Nomi si ispirò alla prestigiosa scuola tedesca Backhaus e riuscì a trasmettere a tutti il suo spirito determinato e la forza della sua motivazione tanto che presto arrivarono importanti riconoscimenti sia a livello locale che nazionale.Gli esiti furono così positivi che dal ministero giunse al professor Nomi la proposta di utilizzare l’esperienza maturata nella cittadina piemontese di Saluzzo, dove si voleva istituire una scuola gemella a quella di Anghiari. Il preside Nomi non si tirò indietro, pur lasciando a malincuore il luogo a cui si era tanto affezionato dopo anni di duro impegno; molti furono gli insegnanti che lo seguirono, diplomati dell’istituto anghiarese. Anche in questo caso si videro presto ottimi risultati frutto delle capacità del preside Nomi, che però tornò presto in Toscana, come preside dell’Istituto d’arte di Arezzo (1974-1978). Successivamente il ministero gli conferì il prestigioso incarico di ispettore ed il preside Nomi fu costretto a riprendere in mano la valigia anche se forte rimaneva la nostalgia e l’affetto che lo legavano alla sua valle, così forte che la sua carriera si è conclusa, prima della meritata pensione, nella scuola da lui stesso fondata, nella sua amata Anghiari.Il preside Nomi non ha però mai abbandonato i contatti con quel mondo che per tanti anni lo ha visto esimio protagonista: la scuola, le associazioni, i vecchi e nuovi allievi. Sempre disponibile con chiunque volesse condividere uno studio o necessitasse di un consiglio, con quell’occhio che si accigliava alla ricerca della soluzione migliore. Nel mio ricordo affettuoso ci sono ovviamente anche gli scontri e le divergenze d’opinione: è chiaro i rapporti non sono sempre stati idilliaci; d’altra parte avere di fronte un carattere forte per propensione, per determinazione e poi per esperienza non è cosa facile, come non era facile trovare una completa coincidenza di punti di vista sull’economia o sulla politica scolastica e lui non era uno che mollava; amava tirar la discussione fino a tardi, gli amici lo sanno, pur di esplicitare la sua opinione trovando impossibile chiudere una conversazione con un disaccordo, o forse, perché gli sembrava impossibile che un amico non condividesse il suo punto di vista e, quindi, voleva essere certo che fosse stato ben compreso.Il primo ricordo in assoluto del preside Nomi, forse per questo non posso che chiamare così chi poi è comunque diventato nel tempo un caro amico, è però da studente. In quegli anni il rapporto fra docente e allievo, cosa che a qualcuno oggi sembrerà incredibile, era improntato sul timore e sul rispetto; ma lui ci dimostrava come, pur nel rispetto dei ruoli, era possibile un confronto, dove l’opinione di ognuno è importante; e lui, i suoi ragazzi, era sempre pronto ad ascoltarli.La sua casa è sempre stata aperta: non dimenticherò mai gli incontri a casa Nomi; da allievo, da insegnante e poi da collega sono sempre stato accolto, io come tanti altri, con la stessa generosità e cordialità dal preside stesso e dalla gentile madre. di Benito Carletti