Dopo quaranta minuti di fila, finalmente siamo riusciti ad entrare. All’ingresso ci attendevano due grossi bracieri con un manipolo di legionari a sorvegliarli. Tra il freddo e le musiche di sottofondo ci siamo avviati per la strada che saliva tortuosa verso le case e le botteghe degli antichi artigiani. Il paese delle Ville di Monterchi sembrava proprio quello narrato duemila anni fa. Centinaia di piccole fiammelle abbarbicate lungo i vicoli e la collina illuminavano i centurioni, gli artigiani, gli schiavi, i patrizi, gli animali che affollavano il paese. Ognuno indaffarato nel suo mestiere e raccolto nel silenzio: chi a fabbricare corde, tessuti, chi a raccogliere e spremere le olive, che a vendere schiavi, battere il ferro, lavorare la creta. Nel cuore del paese il palazzo dei patrizi costellato di suonatori e belle signore, non si accorge del miracolo che sta avvenendo poco lontano. Nel paese non c’è posto per gli ultimi, sono lontani: chi a morire nello spettrale lebbrosario, chi a nascere in una semplice capanna. Alcuni angeli dalle «candide» vesti ci indicano la strada per arrivare al luogo della Natività, dove solo alcuni pastori venerano il bambinello. Un viaggio difficile da dimenticare quello nel presepe vivente di Le Ville.Luca Primavera