Lettere in redazione
Il posto dei cattolici nel partito democratico
Non facciamoci influenzare dalle esternazioni di Buttiglione quando sostiene che nel Pd non vi è più posto per i cattolici, da dove gli viene questa autorità di giudizio? Voglio pensare al suo tornaconto politico. Se non ricordo male la divisione di quel che restava della DC avvenne sotto la sua segreteria politica.
I cattolici con la «fusione» Ds-margherita hanno contribuito a sdoganare definitivamente i Ds dal comunismo. I compagni nel Pd non sono più comunisti e se continueranno a lavorare per la crescita economica dei poveri e dei lavoratori mi troveranno sempre d’accordo. I comunisti (figli di Dio anch’essi) adesso sono in Rc e Pdci. Alle prossime elezioni vedremo la loro forza.
Per quanto riguarda i valori non negoziabili le preoccupazioni sono condivisibili. Faccio presente che la nostra forza sarà sempre minoritaria (le statistiche dicono che i praticanti presenti alla messa della domenica sono sotto il 20%) perciò nostro dovere sarà di ribadire e sostenere i nostri valori il più possibile e non solo a parole. Dall’altra parte l’ossequio alla Chiesa è puramente una convenienza politica, dimostrazione di ciò: appello di Giovanni Paolo II in occasione del conflitto in Iraq caduto nel vuoto, abbiamo obbedito agli Stati Uniti (non sono anti americano). All’appello del Papa sulla disoccupazione, sulla precarietà del lavoro cui sono confinati i giovani chi può dare risposta? Il centro destra?
Ognuno rifletta bene sulle decisioni da prendere, nel frattempo ricordo che ai cattolici ben pensanti e scrupolosi non piacquero neppure La Pira e Don Milani.
La decisione delle dirigenze dei Ds e della Margherita di dar vita ad un nuovo soggetto politico, il Partito democratico, è stata senza dubbio coraggiosa. E si deve riconoscere che questa nascita è stata una delle cause principali del cambiamento del quadro politico che è in atto in questi giorni, con la creazione di un nuovo soggetto della sinistra radicale e antagonista e la fine della Casa delle Libertà. Cambiamenti intendiamoci dagli esiti ancora incerti e destinati ad incrociarsi con il probabile referendum sulla legge elettorale o sull’accordo che potrebbe scongiurarlo. La speranza è che si superi questa fase di «bipolarismo coatto», litigioso e paralizzante. Ma guai a riporre troppa fiducia nella legge elettorale, che da sola non può cambiare la cultura politica di un paese.
Se sul piano politico e almeno per ora gli effetti della nascita del Pd sono stati positivi per l’intero sistema politico, rimettendo in moto un meccanismo inceppato, non possiamo però nasconderci le difficoltà culturali di un progetto che è anche una scommessa. Anche se in questi ultimi decenni molti steccati sono caduti, non è cosa da poco mettere insieme la tradizione del cattolicesimo democratico (o almeno una parte consistente di quella tradizione) con gli eredi del comunismo. Specie dopo la trasformazione del Pci (poi Pds e infine Ds) da partito delle masse comuniste a partito del radicalismo di massa, che esalta i diritti dell’individuo. Lo si è visto anche pochi giorni fa con la «forzatura» dell’emendamento sulle «discriminazione di genere» introdotto al Senato nel decreto sulla sicurezza. Un contesto assolutamente non pertinente per una norma che non possiamo accettare, perché mira a superare ogni differenza tra maschile e femminile, riducendo tutto a «tendenze» (compreso quella omosessuale), liberamente scelte dall’individuo. Se queste tendenze radicaleggianti persisteranno, la scommessa del «Pd» sarà persa e le due «anime» saranno destinate a ridividersi. A sinistra sono in molti a sperarlo e da tempo stanno facendo di tutto per alzare lo scontro con i cattolici, con forzature sui temi etici e sparate sui presunti «privilegi» della Chiesa. Vediamo come Veltroni saprà disinnescare queste mine.
Claudio Turrini