Opinioni & Commenti

Il Papa sulla guerra, un autentico Magistero

di Alberto MigoneLe varie fasi della guerra in Iraq sono state come scandite dagli interventi del Papa che hanno dato alla pace motivazioni profonde, unite a quel realismo dell’esperienza che conosce bene le tristi conseguenze di ogni conflitto.Ma questi interventi, a ben leggere e collegare, per l’insistenza, le argomentazioni, la coerenza con i precedenti documenti della Chiesa si configurano come un autentico magistero in tema di pace, di guerra e di diritto e ordine internazionale dai contorni ancor più precisi anche rispetto alla classica dottrina cattolica.

Il Papa col suo «mai più la guerra» e il contestuale, obbligante impegno per la pace traccia così un obiettivo etico impegnativo per le nazioni e i governi e vincolante per i cattolici come lo sono altri no, dall’aborto all’eutanasia, alla famiglia e al lavoro. Sotto questo profilo molte distinzioni non sono possibili e rischiano di non darci ali per un migliore futuro.

Questa «profezia evangelica» colpisce e affascina, soprattutto i giovani e lo abbiamo visto in questi giorni, ma pone anche interrogativi sulla sua realizzazione possibile, in un mondo che resta pur sempre segnato dal peccato, e sulla reale efficacia di strumenti alternativi alla guerra nei confronti dei diritti umani ripetutamente violati, delle nuove forme di violenza organizzata, delle tirannie sempre più minacciose. Dobbiamo forse rassegnarsi a tutto ciò, in un irenismo che accetta e non contrasta? In fondo sono questi gli interrogativi che hanno attraversato, inquietato e diviso, anche il nostro mondo. E pongono un problema reale che si affronta però tenendo fermo che la guerra, e la guerra d’oggi, non può essere strumento risolutivo delle controversie internazionali. E gli strumenti non possiamo chiederli al Magistero: ritrovarli è compito del cristiano, soprattutto dei laici. È la traduzione culturale e politica che opera perché la profezia si incarni quanto può, più che può nelle concrete situazioni, oggi, qui. Questo postula politici che pensano, elaborano, operano, prendendo sul serio l’ispirazione cristiana, che in determinati momenti è anche audacia. Questa ricerca di mezzi alternativi è apparsa particolarmente povera in questa circostanza – come in altre su altri problemi – da parte dei politici cristiani. Constatiamo così che la politica in questa drammatica circostanza ha mancato ai suoi compiti.

Non tutto però può essere demandato alla classe politica. Anche le nostre comunità cristiane hanno compiti non meno impegnativi. Si tratta di passare, dopo la fase appassionata, al momento riflessivo, in cui ci si chiede come mantenere vivo e dar concretezza all’impegno per la pace. E si affrontano – con un’attenzione anche alla loro legittimità – le diverse sensibilità e posizioni che nel nostro mondo su questi temi ci sono e sono emerse chiaramente. Ignorarle non serve: costruisce il confrontarsi – sereno e fraterno – anche in riferimento a come questi avvenimenti sono stati vissuti e valutati dalle varie associazioni e nelle singole Chiese locali. E il confrontarsi senza dividersi è una sfida, difficile, ma che fa crescere. Come si vede il magistero del Papa non può essere archiviato a guerra finita.