Opinioni & Commenti
Il Papa sconfitto
Intanto con lui prendiamo atto di una sconfitta. Tutti gli espedienti messi in atto al limite delle possibilità umane non hanno ottenuto l’auspicato risultato. La guerra è iniziata, con tutto il corteggio di conseguenze che anche una guerra moderna trascina sempre con sé. La televisione ci porta in casa le immagini di incendi, nuvole nere, fragore di bombe con le loro esplosione da primato, case distrutte, morti e feriti lungo le strade e sulle sabbie del deserto. Le cronache parlano di scenari inquietanti e di quadri apocalittici, di difficoltà superiori a quelle previste, di probabili prolungamenti delle ostilità, di possibili iniziative di riserva forse nemmeno programmate. Per gli alleati occidentali il cammino verso la vittoria non è affatto quella marcia trionfale che si poteva pensare, che forse si era pensato. Naturalmente tutto questo aggrava la situazione della popolazione che, come sempre, porta sulle sue spalle e sulle sue carni il peso della follia dei grandi. E siamo soltanto agli inizi.
C’è da pensare che anche il Papa avesse nella sua mente messo in serbo la possibilità della non riuscita e del fallimento dei suoi coraggiosi e pressanti interventi. Egli non ha però esitato a mettere in gioco anche il suo prestigio per la causa della pace. Quello che temono in genere gli statisti non ha costituito per niente un ostacolo al suo operato. Gli storici potranno dire che non si era mai visto un caso del genere. Un intervento così massiccio e a tutto campo da parte di un Pontefice per scongiurare il pericolo di una guerra è un caso nuovo nella storia pur così lunga e m ultiforme della Chiesa.
Il Papa non è stato ascoltato dai capi delle nazioni, i quali ora porteranno le conseguenze delle loro scelte: conseguenze che peseranno sul futuro dell’umanità e che già si avvertono nel presente. I rapporti fra le nazioni sono già cambiati, l’Onu appare spezzata nella sua autorità, l’Europa non ha retto alle sue interne divisioni e sembra che quasi debba ricominciare daccapo, l’Oriente e l’Occidente peggioreranno i loro rapporti non proprio e non sempre del tutto idilliaci e pacifici, questioni locali come quella della Palestina aggiungeranno nuovi ostacoli a quelli già numerosi che impediscono un già quasi impossibile dialogo. C’è però in questo campo, da riconoscere un successo della politica del Papa: l’aver impedito che il conflitto in atto potesse degenerare in una guerra di religione, in un grande scontro di culture. Uno scenario pericoloso che avrebbe potuto riportare la storia molti secoli indietro, un pericolo scongiurato, una minaccia allontanata.
Ma c’è un aspetto nella sconfitta del Papa che costituisce un capitolo a parte e che addolora in un modo del tutto particolare: l’atteggiamento di certi cattolici che ancora una volta hanno preferito ascoltare il richiamo della politica piuttosto che quello della Chiesa.
Inutile ripetere ora le grandi ragioni della pace. Della grande pace, si intende, quella che si basa sulla giustizia in un mondo che vive da tempo in stato di assoluta ingiustizia, in stato permanente di peccato grave. Speriamo in una fine immediata delle ostilità e in un futuro dialogo che si incarichi seriamente della creazione di un mondo migliore. Vanno in quella direzione le indicazioni del Papa e della Chiesa. Perché, diremo con don Tonino Bello, “se anche il Signore ci vorrà dare la gioia di veder subito tutte le spade rimesse nel fodero, ma dovessimo lasciare il mondo così scombinato in fatto di giustizia e di solidarietà, non faremmo altro che rimandare il problema e allungare il collo della bottiglia nel quale ci siamo cacciati”.