Vita Chiesa
Il Papa pellegrino di pace in Terra Santa
AMMAN 8 maggio 2009. Suor Adriana è una comboniana italiana, in Giordania dal 2001: è una delle suore che gestiscono la casa Regina Pacis, che il Papa ha visitato questo pomeriggio nel suo primo giorno in Giordania. Per noi è un grande regalo dice commossa. La struttura, creata dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, è la casa madre di una realtà che comprende una trentina di altri centri in tutto il Paese, attivi nell’accoglienza di disabili. Senza fare distinzioni tra cristiani e musulmani, sottolinea. E’ bello vedere il Papa qui, tra noi, a parlare di pace. Qui oggi ci sono tanti giovani in festa, speriamo che questa bella accoglienza sia di buon auspicio per un viaggio che, nelle prossime tappe, sarà molto delicato.
E non si può dire che il viaggio di Benedetto XVI non sia partito col piede giusto, e con le parole giuste. Il suo discorso all’aeroporto di Amman (testo integrale), appena sbarcato, è stato molto apprezzato: La mia visita in Giordania mi offre la gradita opportunità di esprimere il mio profondo rispetto per la comunità Musulmana. Il Papa ha elogiato gli sforzi della Giordania per trovare una giusta soluzione al conflitto israelo-palestinese e per tenere a freno l’estremismo. Ad accoglierlo, il re Abdallah II Bin al-Hussein con la regina Rania. A rappresentare la Chiesa giordana il nunzio apostolico, Francis Chullikatt, il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal, gli ordinari di Terra santa, patriarchi e vescovi. Il Re, da parte sua, ha offerrto al Papa parole di grande amicizia: Provocazioni, ideologie ambiziose che puntano a dividere, rappresentano la minaccia di sofferenze indicibili. Dobbiamo opporci a questa corrente per il futuro del mondo. Soddisfare il diritto dei palestinesi alla libertà e il diritto degli israeliani alla sicurezza: questa, secondo re Abdallah, la strada per portare pace in Terra Santa.
Il tema della pace è sicuramente il grande tema di questo viaggio papale: Benedetto XVI ne ha parlato ampiamente con I giornalisti in aereo, durante il volo, quando ha sottolineato le radici comuni alle quali dobbiamo rifarci per superare i malintesi che secoli di separazione possono far nascere. E il tema della pace ha segnato il discorso che il Papa ha tenuto al centro Regina Pacis (testo integrale), che ha chiuso questa prima giornata del suo viaggio in Terra Santa: Vengo semplicemente con un’intenzione, una speranza: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, specificatamente per il Medio Oriente. Pace per Gerusalemme, per la Terra Santa, per l’intera famiglia umana. Da Gerusalemme intanto giunge la notizia che esponenti del Governo hanno chiesto al Papa di dire una parola contro il negazionismo. Polemiche che, mentre il Papa parla davanti ad alcune centinaia di giovani festanti, sembrano molto lontane.
Sul Monte Nebo (testo integrale del discorso)
LA VISITA ALLA MOSCHEA: NO AD UNA MANIPOLAZIONE IDEOLOGICA DELLA RELIGIONE
AMMAN 9 maggio 2009. Per i giornalisti, in sala stampa, sembra che la questione principale sia capire perché il Papa non si è tolto o meno le scarpe (i suoi ormai caratteristici mocassini rossi) prima di entrare nella moschea di al-Hussein, la moschea di Stato della Giordania. Il portavoce della Santa Sede, padre Raffaele Lombardi, è molto preciso nello spiegare che il Santo Padre era pronto a farlo, ma che quando è stato accolto all’ingresso è stato accompagnato su una stuoia che era stata posta per l’occasione sopra i sacri tappeti della moschea. Nessuna mancanza di rispetto verso un’antica usanza islamica, quindi, ma un gesto di accoglienza dei capi religiosi musulmani nei suoi confronti.
Una volta all’interno, ha spiegato ancora padre Lombardi, il Papa non ha pregato, perché non sarebbe corretto e rispettoso che un cristiano preghi in un luogo di culto di un’altra religione, ma si è semplicemente fermato in raccoglimento. Ad accompagnarlo c’erano il principe Ghazi, cugino di re Abdallah e suo consigliere per le questioni religiose, e l’architetto che ha progettato la moschea. In realtà, la terza volta di un Papa in un tempio musulmano (dopo la visita di Giovanni Paolo II a Damasco nel 2001 e quella dello stesso Benedetto XVI a Istanbul) è stata importante non solo per la visita fatta all’interno quanto per le parole pronunciate fuori (testo integrale del discorso): Musulmani e cristiani, proprio a causa del peso della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono oggi impegnarsi per essere riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera, desiderosi di comportarsi e vivere secondo le disposizioni dell’Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli. Benedetto XVI ha messo in guardia contro i rischi di una manipolazione ideologica della religione, talvolta a scopi politici e ha esortato una maggiore conoscenza reciproca.
E soprattutto, ha richiamato un tema a lui caro: La sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. E’ questo secondo il Papa il compito che cristiani e musulmani possono assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all’insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Quali credenti nell’unico Dio ha proseguito sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio.
Il Papa ha voluto rivolgere un saluto particolare anche al patriarca di Bagdad, Emanuele III Delly: La sua presenza richiama alla mente i cittadini del vicino Iraq, molti dei quali hanno trovato accoglienza qui in Giordania. Ancora una volta, chiedo con insistenza alla comunità internazionale e ai leader politici e religiosi locali di compiere tutto ciò che è possibile per assicurare all’antica comunità cristiana di quella nobile terra il fondamentale diritto di pacifica coesistenza con i propri concittadini.
Ad ascoltare il Papa, davanti a questa moderna moschea costruita su una collina che domina la città di Amman, una platea ristretta ma estremamente qualificata: capi musulmani ma anche vescovi cattolici e ortodossi, insieme a consoli e ambasciatori, rettori delle università, esponenti del mondo culturale. Un insieme di colori, di abiti, di volti che fa respirare l’importanza di questo incontro tra cristianesimo e islam. Sullo sfondo c’è anche il discorso che il Papa fece a Ratisbona, nel 2006, e che a causa di un fraintendimento suscitò una risentita reazione nel mondo islamico. Un discorso la cui eco in queste terre è ancora presente. Ce lo conferma la giornalista libanese che abbiamo accanto: Sappiamo che l’attenzione principale riguardo a questo viaggio del Papa è puntata su Gerusalemme e i territori palestinesi. Ma tra i musulmani c’è anche molta attesa di avere una parola di amicizia che permetta di superare ogni dubbio sul pensiero della Chiesa cattolica verso l’Islam: e il posto giusto per far ripartire il dialogo è proprio la Giordania.
Non è un caso quindi che il discorso con cui il principe Ghazi ha accolto Benedetto XVI sia partito proprio da qui, dal misunderstanding sorto dopo il discorso di Ratisbona. Abbiamo apprezzato dice, come a voler chiudere una volta per tutte quell’episodio le chiarificazioni date dal Vaticano. Il principe è tra i principali firmatari della Lettera dei 138 inviata al Papa nel 2007 in cui si parlava dell’amore per Dio e per il prossimo come terreno comune di incontro tra cristianesimo e Islam: quel documento ha costituito un passo importante nel dialogo tra le religioni.. E’ importante quindi che da lui, una delle autorità religiose più importanti del suo Paese e di tutto il Medio Oriente, siano venute parole di accoglienza, di affetto e di stima verso il Papa e verso i cristiani che abitano queste terre. I cristiani giordani ha detto – non solo hanno sempre difeso la Giordania, ma hanno contribuito a costruire questo Paese ricoprendo ruoli importanti nell’educazione, nella salute, nel turismo, nel commercio, nella scienza.
A concludere questa seconda giornata del viaggio del Papa in Terra Santa, nel pomeriggio, i vespri nella cattedrale greco-melkita di San Giorgio, alla periferia di Amman. In questa che è la nuova sede dell’arcivescovado greco-melkita il Papa ha trovato ad accoglierlo i rappresentanti delle tante Chiese Cattoliche presenti in queste terre: Maronita, Sira, Armena, Caldea, Latina, oltre all’arcivescovo greco-ortodosso. L’antico tesoro vivente delle tradizioni delle Chiese Orientali ha detto arricchisce la Chiesa universale. Il Papa ha ricordato ed elogiato in particolare le numerose iniziative di universale carità portate avanti dai cristiani (scuole, ospedali, centri per disabili ): iniziative, ha sottolineato, che si estendono a tutti i Giordani Musulmani e di altre religioni ed anche al vasto numero di rifugiati che questo regno accoglie così generosamente.
LA MESSA ALLO STADIO DI AMMAN: COSTRUIRE NUOVI PONTI
AMMAN, 10 maggio. «Benvenuto Benedetto»: il grido dei trentamila arabi cristiani arrivati da tutta la Giordania, ma anche dal Libano e dalla Siria, ha accolto il Papa nello stadio di Amman per la Messa della domenica, il momento più festoso della visita di Benedetto XVI in Giordania.
Sul prato, davanti al grande palco, 500 bambini venuti per ricevere la Prima Comunione, con la kefia rossa appoggiata sopra gli abiti bianchi. Il Papa saluta con il tipico saluto arabo, «Salam Aleikum»: la pace sia con voi. Nell’omelia (testo integrale), ancora un richiamo al «coraggio di costruire nuovi ponti per rendere possibile un fecondo incontro di persone di diverse religioni e culture e così arricchire il tessuto della società» e un invito a «dare testimonianza all’amore che ci ispira a sacrificare la nostra vita nel servizio degli altri e così a contrastare modi di pensare che giustificano lo stroncare vite innocenti».
Tra i fedeli c’è un entusiasmo bellissimo: tra gli animatori anche un prete libanese, padre Fady Tale, chiamato apposta per la sua capacità di coinvolgere i giovani: un giovane sacerdote che dirige una radio e una compagnia teatrale, canta, suona, compone musica. «La presenza del Papa sottolinea è importante per ridare slancio alle comunità cristiane in Terra Santa».
L’ultima giornata del viaggio del Papa in Giordania (testo integrale), prima tappa di questo suo pellegrinaggio in Terra Santa, si è conclusa con la visita al luogo del Battesimo di Gesù, sul fiume Giordano, dove il Papa ha benedetto le prime pietre di due chiese cattoliche, una del Patriarcato Latino di Gerusalemme e una del patriarcato Greco-melkita, che saranno costruite qui: un altro segno di una presenza cristiana che vuole essere una presenza viva e che guarda al futuro.
ANTISEMITISMO INACCETTABILE
TEL AVIV 11 maggio. E’ un Papa sorridente quello che scende le scalette dell’aereo che, dalla Giordania, lo ha portato a Tel Aviv. L’incontro con il presidente israeliano Shimon Peres, all’aeroporto, è stato cordiale e aperto. Dal Papa sono arrivate parole forti di condanna dell’antisemitismo (testo integrale): «Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l’antisemitismo dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione». Benedetto XVI Ha anche toccato uno dei punti più delicati che riguardano la città santa di Gerusalemme: «E’ mia fervida speranza che tutti i pellegrini ai luoghi santi abbiano la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni, di prendere parte alle cerimonie religiose e di promuovere il degno mantenimento degli edifici di culto posti nei sacri spazi». Il presidente Peres, da parte sua, ha avuto calorose parole di benvenuto: «Spero che questa visita ha detto – possa essere una continuazione del dialogo tra cristianesimo ed ebraismo». Un viaggio che inizia nel migliore dei modi, quindi: anche se ancora molti sono, oggi e nei prossimi giorni, i momenti importanti e delicati in programma. Molta attesa in particolare per la visita allo Yad Vashem, dove il Governo israeliano si aspetta una parola precisa contro le tesi negazioniste sulla Shoah.
P. FALTAS: MOMENTO STORICO PER I CRISTIANI
UN SILENZIO PER RICORDARE
UNA GIORNATA DEDICATA AL DIALOGO CON LE RELIGIONI
LA MESSA ALLA JOSAPHAT VALLEY: L’AGONIA DI UN POPOLO
BETLEMME: UNA PATRIA PER I PALESTINESI
BETLEMME 13 maggio. «La Santa Sede appoggia il diritto del Suo popolo ad una sovrana patria Palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti». Usa parole precisa, il Papa, per indicare la strada da seguire per uscire dalle paludi del conflitto israelo-palestinese. La sua visita a Betlemme, stamani, è iniziata con un discorso di saluto al presidente dell’Autorità Palestinese : Benedetto XVI ha affrontato subito i temi più scottanti. Quello della difficile situazione di vita dei palestinesi: “E’ mia ardente speranza che i gravi problemi riguardanti la sicurezza in Israele e nei Territori Palestinesi vengano presto decisamente alleggeriti così da permettere una maggiore libertà di movimento, con speciale riguardo per i contatti tra familiari e per l’accesso ai luoghi santi”. Ma anche il tema del terrorismo: “Rivolgo questo appello ai tanti giovani presenti oggi nei Territori Palestinesi: non permettete che le perdite di vite e le distruzioni, delle quali siete stati testimoni suscitino amarezze o risentimento nei vostri cuori. Abbiate il coraggio di resistere ad ogni tentazione che possiate provare di ricorrere ad atti di violenza o di terrorismo. Al contrario, fate in modo che quanto avete sperimentato rinnovi la vostra determinazione a costruire la pace”. Betlemme è in festa, piena di bandiere, striscioni, frati e suore, fedeli giunti da tutta la Palestina che in questo momento affollano piazza della Mangiatoia, in attesa della Messa. Ci sono anche (almeno quelli che sono riusciti ad arrivare) i cristiani di Ghaza, che hanno dovuto superare non poche difficoltà. Nel pomeriggio il Papa visiterà il Caritas Baby Hospital, poi il campo profughi di Aida. Una giornata che si preannuncia molto calda.
LA SORPRESA DEL RABBINO
LA SPERANZA CHE NASCE DALLA TOMBA VUOTA