Toscana
Il Papa in Turchia: il piccolo gregge si stringe attorno al suo Pastore
Da circa due milioni di cristiani all’inizio del Novecento, un quarto della popolazione anatolica, si è arrivati a soli 115 mila, appena lo 0,15 per cento, quasi tutti concentrati nelle città più grandi quali Istanbul, Smirne e anche Mersin. Per metà fanno parte della Chiesa apostolica armena. Poi vengono le comunità cattoliche con circa 30 mila, principalmente latini, ma anche armeni, siriaci e caldei. Circa 20 mila sono i protestanti di varie denominazioni seguiti dai siro-ortodossi con circa 10 mila. I greco-ortodossi sono circa 5 mila.
Il clima generale delle comunità cristiane nei confronti della società è caratterizzato da numerosi ostacoli che rendono dificile la vita in una paese che si definisce «laico» dove l’assenza di personalità giuridica, le restrizioni al diritto di proprietà, l’impossibilità di formare il clero limitano le possibilità di svolgere una pastorale efficace.
Inoltre la stampa tende a presentare un’immagine negativa dei cristiani e diffonde pregiudizi. Influenzando l’opinione pubblica nella quale prevalgono, salvo rari casi, sentimenti di amicizia verso di noi.
Nelle nostre comunità del sud-est della Turchia, nel nostro Vicariato, il rapporto con le altre confessioni è buono e anche si collabora in alcune attività: un numero considerevole di ragazzi e di giovani frequentano regolarmente la catechesi settimanale assieme ai nostri pochi cattolici. La stessa cosa per i campi scuola che organizziamo e alle attività estive. Pure le famiglie partecipano ai ritiri spirituali e a quelli formativi. Anche l’Eucarestia domenicale è partecipata da fedeli di diverse confessioni.
Il Papa verrà come pellegrino alla Casa della Madonna ad Efeso, come promotore del dialogo ecumenico, nel suo incontro con il patriarca Bartolomeo e come messaggero di pace nel rapporto con il mondo musulmano.
L’attesa da parte della comunità cattolica, e più generalmente cristiana, è assai grande, dal momento che gli episodi degli ultimi mesi ci hanno rattristato assai. L’assassinio di don Andrea Santoro, gli attacchi contro altri sacerdoti e una presentazione negativa della Chiesa da parte di certa stampa ha creato qualche apprensione, ma non paura.
Ora più che nel passato siamo convinti che il Signore ci vuole qui e le difficolta che troviamo sono, in certo modo, una conferma. Non c’è paura, ma siamo divenuti piu prudenti. Il Vescovo ha ancora un poliziotto che fa da scorta.
Come comunità cristiana dell’Anatolia incontreremo Benedetto XVI ad Efeso, dove celebrerà la Messa presso il santuario mariano nazionale, la «Casa della Madonna». Le misure di sicurezza sono diventate strettissime, per cui sarà difficile avvicinarsi a lui.
Viviamo nell’attesa dell’incontro e aspettiamo che ci confermi nella gioia di essere cristiani all’interno di un mondo musulmano dove il messaggio che possiamo comunicare è anzitutto la testimonianza della vita più che la proclamazione fatta a parole.
Ad Antiochia un Padre cappuccino italiano e una consacrata dell’Ordo Virginum di Milano.
Ad Adana una suora delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori, italiana. Attualmente ad Adana non c’è il sacerdote e si alternano due volte la settimana un Padre da Iskenderun e uno da Mersin (130 km di distanza).
A Trabzon sul Mar Nero un sacerdote polacco che fa la spola con Samsun a 350 Km. di distanza.
In base al Trattato di Losanna del 24 luglio 1923, soltanto le comunità greco-ortodossa, armena ed ebraica sono riconosciute come «confessioni ammesse» e godono perciò di un particolare statuto giuridico. Le altre minoranze (caldee, siriaco-cattoliche, siriaco-ortodosse, latine, protestanti) sono considerate come «straniere» e subiscono una serie di forti limitazioni. Ai cattolici, tra l’altro, non è permesso costruire nuove chiese o strutture per la formazione del clero.
La sua giurisdizione diretta, oltre l’Arcidiocesi di Costantinopoli, comprende quattro altre diocesi turche (Calcedonia, Derci, Imbro e Tenedo, Isole dei Principi). In Grecia si estende sul Dodecaneso, su Creta, sul Monte Athos e sulle diocesi settentrionali, amministrate pro-tempore dal 1928 dalla Chiesa greca. Gli ultimi patriarchi sono stati Athenagora I (1948-1972) e Demetrio I (1972-1991). L’attuale, Bartolomeo I (nella foto), nato nell’isola di Imbro il 29 febbraio 1940, è stato eletto all’unanimità dal Santo Sinodo il 22 ottobre 1991.
Accadde un giorno, quando l’èra ellenistica finiva e quella romana si espandeva, che da sponde lontane, dopo grandi fatiche per il lungo viaggio, arrivò nei pressi di Efeso l’apostolo Giovanni il quale aveva preso con sé Maria, la madre di Gesù, e si stabilì su una collina, nei pressi della città: la collina dell’usignolo, dove, secondo una antica tradizione, Maria e Giovanni vissero alcuni anni. La probabile permanenza di Maria in Turchia dà già modo e facilità di chiamare detta terra la seconda Terra Santa, alla maniera della Palestina, santificata dalla presenza di Gesù. Ma se la veridicità di tale evento storico è affidata principalmente alla tradizione orale, devota e popolare dei primi cristiani, per altri eventi ci sono documenti storici biblici assolutamente certi, scritti oltretutto dagli stessi apostoli. Tale è il caso della permanenza e della predicazione di San Paolo, nella stessa grande città di Efeso.
Gli «Atti degli Apostoli», le Lettere degli Apostoli e l’«Apocalisse» fanno menzione di città e luoghi dell’attuale Turchia come di un territorio importante, vivace e aperto alla predicazione del Vangelo. E se a ciò si aggiunge che in Turchia, in Antiochia sull’Oronte (attuale Antakya), i discepoli di Gesù per la prima volta vennero chiamati cristiani, secondo l’annotazione degli Atti («Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani»), allora si ha un’idea di quale grande sacralità sono intrise le pietre, la storia e le città della Turchia. Si direbbe che subito dopo la morte di Gesù, l’Asia Minore (la Turchia) divenne il luogo privilegiato della predicazione degli apostoli e della costituzione delle prime comunità. E tale seme cristiano diede i suoi frutti ininterrottamente e con grande vivacità, specialmente, per i primi cinque secoli, che sono poi oltretutto i più importanti per la teologia, la costituzione della Chiesa e la mistica.
Non c’è modo e spazio di parlare qui dei grandi Santi e dei Concilii che ebbero vita in Turchia in quei secoli, ma basterà solo citare i tre grandi Cappàdoci: San Basilio Magno, San Gregorio Nisseno e San Gregorio Nazianzeno. Da soli illuminano un secolo, il Quarto, e condizionano, benevolmente, tutta la teologia di quei primi tempi, nella valorizzazione della Scrittura e della cultura pagana, che viene letta con attenzione e con sguardo critico; danno inizio alla vita monastica e a quella cenobitica e avviano l’esperienza mistica nella terra della Cappadocia, specialmente nella valle di Goreme. Il rileggere le loro opere, apre al lettore e al cristiano di oggi un orizzonte religioso e culturale dell’antica Turchia cristiana che, forse, non immaginiamo.
Vincenzo Arnone