Opinioni & Commenti

Il Papa in Gran Bretagna parla al cuore della Chiesa e del Paese

di Fabio Zavattaro

I viaggi internazionali di Benedetto XVI vanno letti nella duplice prospettiva della continuità con il suo predecessore, ma anche della volontà di indicare un percorso che, pur situandosi in questa prospettiva, ne segni una discontinuità di impostazione. Lo abbiamo visto con le Giornate mondiali della gioventù, nate dalla fervida intelligenza pastorale di Papa Wojtyla, e plasmate in una continuità-diversità da Benedetto XVI.

Così il viaggio inglese (16 – 19 settembre con tappe a Edimburgo, Glasgow, Londra, Canterbury e Birmingam) presenta, in modo forse più accentuato, questo binomio. È chiaro che in primo luogo è una visita dal grande significato ecumenico, e che si pone, appunto, in continuità con Giovanni Paolo II che nel maggio del 1982 fece tappa in diverse località inglesi. Ma è innegabile che molto è cambiato da quella visita che diede il via, con la dichiarazione firmata da Papa Wojtyla e dall’arcivescovo di Canterbury, Robert Runcie il 29 maggio 1982, alla seconda fase del lavoro della Commissione mista cattolico-anglicana – che va sotto il nome di Arcic II – e che ha prodotto importanti dichiarazioni sulla salvezza, la giustificazione, la natura della Chiesa, e su questioni dottrinali, da sempre fonte di divisioni. In ultimo, c’è da ricordare che il lavoro della Commissione ha portato, nel 1998, al documento «Il dono dell’autorità» che registrava un vero progresso sulla questione del primato di Pietro.

Papa Benedetto, invece, arriva in Inghilterra e trova una Chiesa in crisi, divisa. Ha scelto, assieme ai vescovi, un tema che vuole essere un modo per condividere gioie e sofferenze: «Il cuore parla al cuore». E lo vediamo, Papa Benedetto, parlare al cuore di una Chiesa, quella cattolica, che vive la testimonianza del dialogo e del cammino ecumenico; ma anche ad una Chiesa anglicana che nella scelta dell’ordinazione sacerdotale alle donne ha provocato non poche ferite interne, accentuate dalla volontà, ribadita ufficialmente lo scorso 12 luglio, di dire sì all’ordinazione delle donne vescovo e di pastori omosessuali. Vi arriva dopo aver promulgato la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, che vuole essere una mano tesa a quegli anglicani contrari alle ordinazioni femminili, offrendo loro degli Ordinariati per permettere a ministri e fedeli anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano.

Secondo elemento di discontinuità, il fatto che Papa Benedetto è in Gran Bretagna su invito della Regina, dunque visita di Stato, e questo rende storico il viaggio del Papa: non fu così, infatti, con Giovanni Paolo II. C’è un terzo elemento, non meno importante degli altri: il Papa presiede, per la prima volta, una beatificazione. Dall’inizio del suo Pontificato, infatti, è sempre stato il prefetto della Congregazione per le cause dei santi a presiedere questi riti. Il cardinale John Newman poi è figura importante della cultura inglese e il suo «viaggio» dalla Chiesa anglicana alla Chiesa romana è stato un fatto molto rilevante per il suo tempo, e anticipatore della stagione che ci troviamo a vivere.

Nella difficoltà di un dialogo, segnato più da fratture e divisioni che da un cammino di comunione, Papa Benedetto, in Gran Bretagna, parla al cuore della Chiesa e del Paese, dal suo cuore. Ma lo slogan del viaggio è anche una sorta di impegno: la lingua del cuore è anche la lingua delle immagini, dei momenti più che degli argomenti. E in questo viaggio non mancano né i primi, né tanto meno i secondi.