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Il Papa e l’Islam: la lezione di un padre

di Alberto MigoneLe polemiche sul discorso del Papa a Ratisbona – o meglio su una citazione contenuta in quel discorso – si vanno in gran parte smorzando.

A rasserenare il clima hanno giovato un’attenta lettura del testo e le precisazioni fornite dalla Santa Sede; d’altro canto una parte del mondo musulmano si è resa conto – come ha riconosciuto il rettore della Moschea di Marsiglia – che «le manifestazioni violente e l’interpretazione sintetica e strumentale del discorso» finiscono per danneggiare l’intero mondo musulmano.

Quel che emerge da tutta la vicenda è che il dialogo con l’Islam – «franco e sincero, con grande rispetto reciproco» – è «una necessità vitale», ma non è facile, soprattutto perché trova sul suo cammino dei macigni che non possono essere ignorati, come la fucilazione in Indonesia di tre cattolici, accusati di sedizioni e di… «violenze anti-islamiche». È stato un dramma di povera gente che si è svolto – dispiace riconoscerlo – nel sostanziale disinteresse e senza alcuna seria protesta, neppure da coloro che alzano sempre la voce quando la pena di morte è applicata altrove.

Ma qui ora mi piace sottolineare due aspetti che, a mio parere, illuminano e fanno riflettere.

Il primo è l’atteggiamento di Benedetto XVI. Come un padre frainteso dai figli – la paternità del Papa, seppur in diversa misura, abbraccia il mondo intero – si è «rammaricato per le reazioni suscitate», ha spiegato l’autentico senso delle sue parole, ha rinnovato l’invito al dialogo, anche con gesti concreti (l’ultimo l’invito a Castel Gandolfo agli ambasciatori di tutti i Paesi musulmani). Ma ha anche ribadito, quasi filo conduttore di un pontificato che «non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme» e che «è la ragionevolezza che deve guidare nella trasmissione della fede». Certo, questo è stato per lui un tempo di sofferenza, percepita e condivisa: ne è stata prova la raddoppiata presenza alla catechesi di mercoledì 20 e quel lungo applauso carico di affetto.L’altro aspetto che mi piace rilevare è il comportamento dei cattolici, soprattutto del semplice popolo di Dio. Pur addolorati per la violenza delle reazioni e per la volgarità delle tante vignette – queste sì sataniche – non sono scesi in piazza.

Si sono informati per capire e valutare il vero contenuto del discorso, apprezzandone così la chiarezza e la lungimiranza, ma soprattutto hanno pregato, ben sapendo che quando il fuoco della polemica divampa la preghiera è l’unico mezzo che può placare i cuori, pur trovando al contempo il modo di manifestare al Papa, spesso in modo semplice e informale, la loro vicinanza.

Questo atteggiamento, che corrisponde allo spirito del Vangelo, non può però essere scambiato per codardia né per eccessivo amore del quieto vivere. Per noi il Papa, qualunque sia il suo nome, è un Padre, protetto dall’amore fattivo dei suoi figli. Sarà bene che se ne ricordino tutti.

Il Papa e l’Islam: reazioni che lasceranno ferite

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