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Il Papa e la Sapienza: libertà calpestata.

Qualcuno ha detto che la chiusura dei cancelli della città universitaria di Roma in faccia al Papa significa la scelta di una garanzia per le libere menti di fronte all’oscurantismo, un atto in difesa della libertà del pensiero e del progresso: come dire che per liberarti di un avversario lo devi tenere lontano, non vedere la sua faccia, non lasciargli esprimere il suo pensiero.Abbiamo visto anche recentemente, nel 1989, quando fu abbattuto il muro di Berlino, a quanto siano utili le barriere o i distacchi forzati dai liberi cammini: allontanare un avversario o un altro da te e segregarlo non avendo rispetto dell’incontro e del dialogo, è scelta della solitudine e, purtroppo, di azioni dannose per la vita civile. E dire che la storia, soprattutto quella recente, ha messo assai frequentemente gli uomini di fronte a scelte responsabili nei confronti della libertà, della dialettica di pensiero, soprattutto quando c’è stato il bisogno di ricordare e riflettere sulle nefandezze e le bestialità delle dittature. Mi piace ricordare a questo proposito la straordinaria forza morale di Rostropovic, il più grande violoncellista del mondo, quando espresse la gioia degli uomini liberi di fronte al muro di Berlino, che cadeva, esaltando con la sua arte la riconquista della libertà, un dono che né le barriere, né i cancelli di una città universitaria, come quella di Roma, potranno mai imprigionare e soffocare.Tutto ciò va detto non solo per esprimere solidarietà e rispetto al Papa, tenuto fuori dall’università, come un portatore di peste, da bambinetti impauriti, ma anche per esaltare il dialogo, l’incontro degli uomini senza che essi siano classificati non per le vesti che portano ma per le idee e le ricchezze morali e di pensiero che sono in grado di dare ai loro simili, sempre per garanzia di tutela e di progresso. Come Epicuro, che esalta il pensiero e il sapere giudicandoli i primi strumenti della libertà dal pregiudizio, forze interiori che garantiscono la felicità all’uomo, così Dante, che lascia nel canto XVII del Paradiso un messaggio di valore universale riguardo alla verità e alla libertà di pensiero. Il poeta, incontrato l’antenato Cacciaguida su nel cielo di Marte (dove splendono gli spiriti militanti) gli manifesta seri dubbi sull’opportunità di raccontare al mondo ciò che ha visto nel suo viaggio attraverso l’inferno e il purgatorio (pene, vergogne e umiliazioni di personaggi importanti e famosi). Cacciaguida risponde con perentoria chiarezza dicendo al poeta che dovrà raccontare tutto ciò che ha veduto e dovrà farlo con coraggio e fermezza, lasciando che si tormentino quelli che hanno colpe da scontare: soltanto una coscienza tormentata dalle proprie colpe potrà essere turbata dalla verità. E allora? Lasciare fuori, oltre il muro, come è accaduto a Roma, colui che si considera un antagonista, è un errore grave, perché il rifiuto del dialogo, dell’incontro dei pensieri è sempre una scelta oscurantista e, se lascia amarezza in chi è tenuto fuori dalle mura, umilia la civiltà, il progresso dei diritti umani e il cammino della storia.Franco Polcrisindaco di Sansepolcro