Toscana
IL PAPA AL CORPO DIPLOMATICO: LA GUERRA NON È MAI UNA FATALITÀ
Quanto alla crisi mediorientale, Giovanni Paolo II ha aggiunto che “la sua soluzione non potrà mai essere imposta ricorrendo al terrorismo o ai conflitti armati, ritenendo addirittura che vittorie militari possano essere la soluzione”.
“Sono impressionato dal sentimento di paura che dimora sovente nel cuore di nostri contemporanei”, ha detto Giovanni Paolo II. Ma, ha subito aggiunto, “tutto può cambiare. Dipende da ciascuno di noi. Ognuno può sviluppare in se stesso il proprio potenziale di fede, di probità, di rispetto altrui, di dedizione al servizio degli altri”.
Perciò il Papa ha dettato “alcuni imperativi, ai quali mi sembra necessario ottemperare, se si vuole evitare che popoli interi, forse addirittura l’umanità stessa, precipitino nell’abisso”: sì alla vita, rispetto del diritto, dovere della solidarietà, no alla morte, no all’egoismo, no alla guerra.
“Anzitutto un sì alla vita!” perché, ha detto Giovanni Paolo II, “il più fondamentale diritto umano è il diritto alla vita!” e “la lotta per la pace è sempre una lotta per la vita!”. “Poi, il rispetto del diritto”, perché “il mondo sarebbe totalmente diverso se si cominciasse ad applicare, in maniera sincera, gli accordi sottoscritti!”. “Infine il dovere della solidarietà” cominciando dai “giovani senza lavoro, persone disabili marginalizzate, anziani abbandonati, paesi prigionieri della fame e della miseria”.
Parallelamente, ha proseguito il pontefice, “i popoli della terra e i loro dirigenti devono avere talvolta il coraggio di dire no'”. “No alla morte! Cioè, no’ a tutto ciò che attenta all’incomparabile dignità di ogni essere umano, a cominciare da quella dei bambini non ancora nati”. “No all’egoismo! Cioè no’ a tutto ciò che spinge l’uomo a rifugiarsi nel bozzolo di una classe sociale privilegiata o di una cultura di comodo che esclude l’altro”, poiché “tutti i popoli hanno il diritto di ricevere una parte equa dei beni di questo mondo”, a cominciare dall’acqua. Infine “no alla guerra!”. “Dico questo ha aggiunto il Papa pensando a coloro che ripongono ancora la loro fiducia nell’arma nucleare e ai troppi conflitti che tengono ancora in ostaggio nostri fratelli in umanità”.
“E’ possibile cambiare il corso degli eventi quando prevalgono la buona volontà, la fiducia nell’altro, l’attuazione degli impegni assunti e la cooperazione fra partner responsabili”, ha detto ancora Giovanni Paolo II. E ha proposto l’esempio dell’Europa e dell’Africa. L’Europa perché “ha saputo abbattere i muri che la sfiguravano” e si è impegnata “nella costruzione di una realtà capace di coniugare unità e diversità, sovranità nazionale e azione comune”.
Ai redattori del “futuro Trattato costituzionale dell’Unione Europea” il pontefice ha raccomandato di inserire un “riferimento alle Chiese e alle istituzioni religiose”. Il Papa ha anche auspicato che in tale Trattato, “nel pieno rispetto della laicità, siano riconosciuti tre elementi complementari: la libertà religiosa nella sua dimensione non solo individuale e cultuale ma pure sociale e comunitaria; l’opportunità di un dialogo e di una consultazione strutturati fra i Governi e le comunità dei credenti; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose godono negli Stati membri dell’Unione”.
“Anche l’Africa ci offre oggi l’occasione di rallegrarci”, ha proseguito il pontefice e offerto alcuni esempi: “L’Angola ha cominciato l’opera di ricostruzione; il Burundi ha intrapreso il cammino che potrebbe condurre alla pace; la Repubblica democratica del Congo si è impegnata seriamente in un dialogo nazionale che dovrebbe condurre alla democrazia. Il Sudan ha ugualmente dato prova di buona volontà”. Ma, allo stesso tempo, il Papa non ha dimenticato di “deplorare i gravi avvenimenti che scuotono la Costa d’Avorio e la Repubblica centroafricana” e ha invitato “gli abitanti dei rispettivi Paesi a deporre le armi”.
“Il dialogo ecumenico fra cristiani, e i contatti rispettosi con le altre religioni, in particolare con l’Islam ha osservato il pontefice costituiscono il miglior antidoto alle derive settarie, al fanatismo o al terrorismo religioso”. Il Papa ha quindi citato “un caso per me motivo di grande sofferenza: la sorte riservata alle comunità cattoliche nella Federazione Russa, che da diversi mesi vedono alcuni dei loro pastori impediti di raggiungerle, per ragioni amministrative. La Santa Sede si attende dalle autorità governative decisioni concrete che mettano fine a questa crisi, decisioni che siano conformi agli impegni sottoscritti dalla Russia moderna e democratica”.