Benedetto XVI

Il Papa ad Arezzo-La Verna-Sansepolcro: i discorsi

Il testo integrale dei discorsi ufficiali pronunciati da Benedetto XVI nel corso della sua visita pastorale alla Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, domenica 13 maggio 2012.

1. Concelebrazione Eucaristica nel Parco “Il Prato” ad Arezzo (13 maggio 2012)

Cari fratelli e sorelle!E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Porgo il mio cordiale saluto a tutti voi e vi ringrazio per la calorosa accoglienza! Saluto il vostro Pastore, Mons. Riccardo Fontana, che ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto, gli altri Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Un deferente saluto al Sindaco, Avvocato Giuseppe Fanfani, grato per il suo indirizzo di saluto, al Senatore Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri, e alle altre Autorità civili e militari. Un ringraziamento speciale a coloro che hanno generosamente collaborato per questa mia Visita Pastorale. Oggi mi accoglie un’antica Chiesa, esperta di relazioni e benemerita per l’impegno nei secoli di costruire la città dell’uomo a immagine della Città di Dio. In terra di Toscana, la comunità aretina si è infatti distinta molte volte nella storia per il senso di libertà e la capacità di dialogo tra componenti sociali diverse. Venendo per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che la Città sappia sempre far fruttificare questa preziosa eredità. Nei secoli passati la Chiesa che è in Arezzo è stata arricchita ed animata da molteplici espressioni della fede cristiana, tra cui la più alta è quella dei Santi. Penso, in particolare, a san Donato, il vostro Patrono, la cui testimonianza di vita, che affascinò la cristianità del Medioevo, è ancora attuale. Egli fu evangelizzatore intrepido, perché tutti si liberassero dagli usi pagani e ritrovassero nella Parola di Dio la forza per affermare la dignità di ogni persona e il vero senso della libertà. Attraverso la sua predicazione ricondusse all’unità con la preghiera e l’Eucaristia i popoli per i quali fu Vescovo. Il calice infranto e ricomposto da san Donato, di cui parla san Gregorio Magno (cfr Dialoghi I, 7, 3), è immagine dell’opera pacificatrice svolta dalla Chiesa dentro la società, per il bene comune. Così attesta di voi san Pier Damiani e con lui la grande tradizione Camaldolese che da mille anni, dal Casentino, offre la sua ricchezza spirituale a questa Chiesa diocesana e alla Chiesa universale.

Nella vostra Cattedrale è sepolto il beato Gregorio X, Papa, quasi a mostrare, nella diversità dei tempi e delle culture, la continuità del servizio che la Chiesa di Cristo intende rendere al mondo. Egli, sostenuto dalla luce che veniva dai nascenti Ordini Mendicanti, da teologi e Santi, tra cui san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio, si misurò con i grandi problemi del suo tempo: la riforma della Chiesa; la ricomposizione dello scisma con l’Oriente cristiano, che tentò di realizzare con il Concilio di Lione; l’attenzione per la Terra Santa; la pace e le relazioni tra i popoli – egli fu il primo in Occidente ad avere uno scambio di ambasciatori con il Kublai Khan della Cina.

Cari amici! La prima Lettura ci ha presentato un momento importante in cui si manifesta proprio l’universalità del Messaggio cristiano e della Chiesa: san Pietro, nella casa di Cornelio, battezzò i primi pagani. Nell’Antico Testamento Dio aveva voluto che la benedizione del popolo ebreo non rimanesse esclusiva, ma fosse estesa a tutte le nazioni. Sin dalla chiamata di Abramo aveva detto: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). E così Pietro, ispirato dall’alto, capisce che «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (At 10,34-35). Il gesto compiuto da Pietro diventa immagine della Chiesa aperta all’umanità intera. Seguendo la grande tradizione della vostra Chiesa e delle vostre Comunità, siate autentici testimoni dell’amore di Dio verso tutti!

Ma come possiamo noi, con la nostra debolezza, portare questo amore? San Giovanni, nella seconda Lettura, ci ha detto con forza che la liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze non è nostra iniziativa, è di Dio. Non siamo stati noi ad amare Lui, ma è Lui che ha amato noi e ha preso su di sé il nostro peccato e lo ha lavato con il sangue di Cristo. Dio ci ha amato per primo e vuole che entriamo nella sua comunione di amore, per collaborare alla sua opera redentrice.

Nel brano del Vangelo è risuonato l’invito del Signore: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). E’ una parola rivolta in modo specifico agli Apostoli, ma, in senso lato, riguarda tutti i discepoli di Gesù. La Chiesa intera è inviata nel mondo per portare il Vangelo e la salvezza. Ma l’iniziativa è sempre di Dio, che chiama ai molteplici ministeri, perché ognuno svolga la propria parte per il bene comune. Chiamati al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata, alla vita coniugale, all’impegno nel mondo, a tutti è chiesto di rispondere con generosità al Signore, sostenuti dalla sua Parola che ci rasserena: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (ibidem).

Cari amici! Conosco l’impegno della vostra Chiesa nel promuovere la vita cristiana. Siate fermento nella società, siate cristiani presenti, intraprendenti e coerenti. La Città di Arezzo riassume, nella sua storia plurimillenaria, espressioni significative di culture e di valori. Tra i tesori della vostra tradizione, c’è la fierezza di un’identità cristiana, testimoniata da tanti segni e da devozioni radicate, come quella per la Madonna del Conforto. Questa terra, dove nacquero grandi personalità del Rinascimento, da Petrarca a Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che ha inciso sulla storia d’Europa, facendo forza sui valori cristiani. In tempi anche recenti, appartiene al patrimonio ideale della città quanto alcuni tra i suoi figli migliori, nella ricerca universitaria e nelle sedi istituzionali, hanno saputo elaborare sul concetto stesso di civitas, declinando l’ideale cristiano dell’età comunale nelle categorie del nostro tempo. Nel contesto della Chiesa in Italia, impegnata in questo decennio sul tema dell’educazione, dobbiamo chiederci, soprattutto nella Regione che è patria del Rinascimento, quale visione dell’uomo siamo in grado di proporre alle nuove generazioni. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato è un forte invito a vivere l’amore di Dio verso tutti, e la cultura di queste terre ha, tra i suoi valori distintivi, la solidarietà, l’attenzione ai più deboli, il rispetto della dignità di ciascuno. L’accoglienza, che anche in tempi recenti avete saputo dare a quanti sono venuti in cerca di libertà e di lavoro, è ben nota. Essere solidali con i poveri è riconoscere il progetto di Dio Creatore, che ha fatto di tutti una sola famiglia.

Certo, anche la vostra Provincia è fortemente provata dalla crisi economica. La complessità dei problemi rende difficile individuare le soluzioni più rapide ed efficaci per uscire dalla situazione presente, che colpisce specialmente le fasce più deboli e preoccupa non poco i giovani. L’attenzione agli altri, fin da secoli remoti, ha mosso la Chiesa a farsi concretamente solidale con chi è nel bisogno, condividendo risorse, promuovendo stili di vita più essenziali, contrastando la cultura dell’effimero, che ha illuso molti, determinando una profonda crisi spirituale. Questa Chiesa diocesana, arricchita dalla testimonianza luminosa del Poverello di Assisi, continui ad essere attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamento di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità.

Testimoniare l’amore di Dio nell’attenzione agli ultimi si coniuga anche con la difesa della vita, dal suo primo sorgere al suo termine naturale. Nella vostra Regione l’assicurare a tutti dignità, salute e diritti fondamentali viene giustamente sentito come un bene irrinunciabile. La difesa della famiglia, attraverso leggi giuste e capaci di tutelare anche i più deboli, costituisca sempre un punto importante per mantenere un tessuto sociale solido e offrire prospettive di speranza per il futuro. Come nel Medioevo gli statuti delle vostre città furono strumento per assicurare a molti i diritti inalienabili, così anche oggi continui l’impegno per promuovere una Città dal volto sempre più umano. In questo, la Chiesa offre il suo contributo perché l’amore di Dio sia sempre accompagnato da quello del prossimo.

Cari fratelli e sorelle! Proseguite il servizio a Dio e all’uomo secondo l’insegnamento di Gesù, il luminoso esempio dei vostri Santi e la tradizione del vostro popolo. In questo compito vi accompagni e vi sostenga sempre la materna protezione della Madonna del Conforto, da voi tanto amata e venerata. Amen!

2. Recita del Regina caeli nel Parco “Il Prato” ad Arezzo (13 maggio 2012)

Cari fratelli e sorelle!Al termine di questa celebrazione liturgica, l’ora della preghiera mariana ci invita a recarci tutti spiritualmente dinanzi all’effigie della Madonna del Conforto, custodita nella Cattedrale.

Quale Madre della Chiesa, Maria Santissima vuole sempre confortare i suoi figli nei momenti di maggiore difficoltà e sofferenza. E questa Città ha sperimentato molte volte il suo materno soccorso. Pertanto, anche oggi, noi affidiamo alla sua intercessione tutte le persone e le famiglie della vostra comunità che si trovano in situazioni di maggiore bisogno.

Al tempo stesso, mediante Maria, invochiamo da Dio il conforto morale, perché la comunità aretina, e l’Italia intera, reagiscano alla tentazione dello scoraggiamento e, forti anche della grande tradizione umanistica, riprendano con decisione la via del rinnovamento spirituale ed etico, che sola può condurre ad un autentico miglioramento della vita sociale e civile. Ciascuno, in questo, può e deve dare il suo contributo.

O Maria, Madonna del Conforto, prega per noi!Regina Caeli…

3. Visita al Santuario di La Verna (13 maggio 2012)

(La visita al Santuario non è stata possibile per le avverse condizioni del tempo. La sala stampa vaticana ha comunque diffuso il testo che era stato predisposto)

Cari Frati Minori,care figlie della Santa Madre Chiara, cari fratelli e sorelle: il Signore vi dia pace!

Contemplare la Croce di Cristo! Siamo saliti pellegrini presso il Sasso Spicco della Verna dove «due anni prima della sua morte» (Celano, Vita Prima, III, 94: FF, 484) san Francesco ebbe impresse nel suo corpo le piaghe della gloriosa passione di Cristo. Il suo cammino di discepolo lo aveva portato ad una unione così profonda con il Signore da condividerne anche i segni esteriori del supremo atto di amore della Croce. Un cammino iniziato a San Damiano davanti al Crocifisso contemplato con la mente e con il cuore. La continua meditazione della Croce, in questo luogo santo, è stata via di santificazione per tanti cristiani, che, durante otto secoli, si sono qui inginocchiati a pregare, nel silenzio e nel raccoglimento.

La Croce gloriosa di Cristo riassume le sofferenze del mondo, ma è soprattutto segno tangibile dell’amore, misura della bontà di Dio verso l’uomo. In questo luogo anche noi siamo chiamati a recuperare la dimensione soprannaturale della vita, a sollevare gli occhi da ciò che è contingente, per tornare ad affidarci completamente al Signore, con cuore libero e in perfetta letizia, contemplando il Crocifisso perché ci ferisca con il suo amore.

«Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et omne benedictione» (Cantico di Frate Sole: FF, 263). Solo lasciandosi illuminare dalla luce dell’amore di Dio, l’uomo e la natura intera possono essere riscattati, la bellezza può finalmente riflettere lo splendore del volto di Cristo, come la luna riflette il sole. Sgorgando dalla Croce gloriosa, il Sangue del Crocifisso torna a vivificare le ossa inaridite dell’Adamo che è in noi, perché ciascuno ritrovi la gioia di incamminarsi verso la santità, di salire verso l’alto, verso Dio. Da questo luogo benedetto, mi unisco alla preghiera di tutti i francescani e le francescane della terra: «Noi ti adoriamo o Cristo e tibenediciamo qui e in tutte le chiese che sono nel mondo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo».

Rapiti dall’amore di Cristo! Non si sale a La Verna senza lasciarsi guidare dalla preghiera di san Francesco dell’absorbeat, che recita: «Rapisca, ti prego o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio» (Preghiera “absorbeat”, 1: FF, 277). La contemplazione del Crocifisso è opera della mente, ma non riesce a librarsi in alto senza il supporto, senza la forza dell’amore. In questo stesso luogo, Fra’ Bonaventura da Bagnoregio, insigne figlio di san Francesco, progettò il suo Itinerarium mentis in Deum indicandoci la via da percorrere per avviarsi verso le vette dove incontrare Dio. Questo grande Dottore della Chiesa ci comunica la sua stessa esperienza, invitandoci alla preghiera. Anzitutto la mente va rivolta alla Passione del Signore, perché è il sacrificio di della Croce che cancella il nostro peccato, una mancanza che può essere colmata solo dall’amore di Dio: «Esorto il lettore – egli scrive -, prima di tutto al gemito della preghiera per il Cristo crocifisso, il cui sangue deterge le macchie delle nostre colpe» (Itinerarium mentis in Deum, Prol. 4). Ma, per avere efficacia, la nostra orazione ha bisogno delle lacrime, cioè del coinvolgimento interiore, del nostro amore che risponda all’amore di Dio. Ed è poi necessaria quella admiratio, che san Bonaventura vede negli umili del Vangelo, capaci di stupore davanti all’opera salvifica di Cristo. Ed è proprio l’umiltà la porta di ogni virtù. Non è infatti con l’orgoglio intellettuale della ricerca chiusa in se stessa che è possibile raggiungere Dio, ma con l’umiltà, secondo una celebre espressione di san Bonaventura: «[l’uomo] non creda che gli basti la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata» (ibidem).

La contemplazione del Crocifisso ha una straordinaria efficacia, perché ci fa passare dall’ordine delle cose pensate, all’esperienza vissuta; dalla salvezza sperata, alla patria beata. San Bonaventura afferma: «Colui che guarda attentamente [il Crocifisso] … compie con lui la pasqua, cioè il passaggio» (ibid., VII, 2). Questo è il cuore dell’esperienza della Verna, dell’esperienza che qui fece il Poverello di Assisi. In questo Sacro Monte, san Francesco vive in se stesso la profonda unità tra sequela, imitatio e conformatio Christi. E così dice anche a noi che non basta dichiararsi cristiani per essere cristiani, e neppure cercare di compiere le opere del bene. Occorre conformarsi a Gesù, con un lento, progressivo impegno di trasformazione del proprio essere, a immagine del Signore, perché, per grazia divina, ogni membro del Corpo di Lui, che è la Chiesa, mostri la necessaria somiglianza con il Capo, Cristo Signore. E anche in questo cammino si parte – come ci insegnano i maestri medievali sulla scorta del grande Agostino – dalla conoscenza di se stessi, dall’umiltà di guardare con sincerità nell’intimo di sé.

Portare l’amore di Cristo! Quanti pellegrini sono saliti e salgono su questo Sacro Monte a contemplare l’Amore di Dio crocifisso e lasciarsi rapire da Lui. Quanti pellegrini sono saliti alla ricerca di Dio, che è la vera ragione per cui la Chiesa esiste: fare da ponte tra Dio e l’uomo. E qui incontrano anche voi, figli e figlie di san Francesco. Ricordate sempre che la vita consacrata ha lo specifico compito di testimoniare, con la parola e con l’esempio di una vita secondo i consigli evangelici, l’affascinante storia d’amore tra Dio e l’umanità, che attraversa la storia.

Il Medioevo francescano ha lasciato un segno indelebile in questa vostra Chiesa aretina. I ripetuti passaggi del Poverello d’Assisi e il suo indugiare nel vostro territorio sono un tesoro prezioso. Unica e fondamentale fu la vicenda della Verna, per la singolarità delle stimmate impresse nel corpo del serafico Padre Francesco, ma anche la storia collettiva dei suoi frati e della vostra gente, che riscopre ancora, presso il Sasso Spicco, la centralità del Cristo nella vita del credente. Montauto di Anghiari, Le Celle di Cortona e l’Eremo di Montecasale, e quello di Cerbaiolo, ma anche altri luoghi minori del francescanesimo toscano, continuano a segnare l’identità delle Comunità aretina, cortonese e biturgense.

Tante luci hanno illuminato queste terre, come santa Margherita da Cortona, figura poco nota di penitente francescana, capace di rivivere in se stessa con straordinaria vivacità il carisma del Poverello d’Assisi, unendo la contemplazione del Crocifisso con la carità verso gli ultimi. L’amore di Dio e del prossimo continua ad animare l’opera preziosa dei francescani nella vostra Comunità ecclesiale. La professione dei consigli evangelici è una via maestra per vivere la carità di Cristo. In questo luogo benedetto, chiedo al Signore che continui a mandare operai nella sua vigna e, soprattutto ai giovani, rivolgo il pressante invito, perché chi è chiamato da Dio risponda con generosità e abbia il coraggio di donarsi nella vita consacrata e nel sacerdozio ministeriale.

Mi sono fatto pellegrino alla Verna, come Successore di Pietro, e vorrei che ognuno di noi riascoltasse la domanda di Gesù a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?… Pasci i miei agnelli » (Gv 21,15). E’ l’amore per Cristo alla base della vita del Pastore, come pure di quella del consacrato; un amore che non ha paura dell’impegno e della fatica. Portate questo amore all’uomo del nostro tempo, spesso chiuso nel proprio individualismo; siate segno dell’immensa misericordia di Dio. La pietà sacerdotale insegna ai sacerdoti a vivere ciò che si celebra, spezzare la propria vita per chi incontriamo: nella condivisione del dolore, nell’attenzione ai problemi, nell’accompagnare il cammino di fede.

Grazie al Ministro Generale José Carballo per le sue parole, all’intera Famiglia francescana e a tutti voi. Perseverate, come il vostro Santo Padre, nell’imitazione di Cristo, perché chi vi incontra incontri san Francesco e incontrando san Francesco incontri il Signore.

4. Incontro con la Cittadinanza in Piazza Torre di Berta a Sansepolcro (13 maggio 2012)

Cari fratelli e sorelle!Sono lieto di trovarmi a Sansepolcro e di unirmi al vostro rendimento di grazie a Dio per il millenario di fondazione della Città, per i prodigi di grazia e tutti i benefici che, in dieci secoli, la Provvidenza ha elargito. In questa storica Piazza, ripetiamo le parole del Salmo responsoriale di oggi: «Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie… Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni» (Sal 97).

Cari amici di Sansepolcro, vi saluto tutti con affetto, iniziando dall’Arcivescovo Mons. Riccardo Fontana; con lui saluto i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici che si dedicano attivamente all’apostolato. Un deferente pensiero dirigo alle Autorità civili e militari, in particolare al Sindaco, dottoressa Daniela Frullani, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi.

Mille anni fa, i santi pellegrini Arcano ed Egidio, di fronte alle grandi trasformazioni del tempo, si misero alla ricerca della verità e del senso della vita, dirigendosi verso la Terra Santa. Tornando, portarono con sé non solo le pietre raccolte sul monte Sion, ma la speciale idea che avevano elaborato nella Terra di Gesù: costruire nell’Alta Valle del Tevere la civitas hominis a immagine di Gerusalemme che, nel suo stesso nome, evoca la giustizia e la pace. Un progetto che richiama la grande visione della storia di sant’Agostino nell’opera «La Città di Dio». Quando i Goti di Alarico entrarono in Roma e il mondo pagano accusò il Dio dei Cristiani di non aver salvato la Città caput mundi, il Santo Vescovo di Ippona chiarì ciò che dobbiamo aspettarci da Dio, la giusta relazione tra sfera politica e sfera religiosa. Egli vede nella storia la presenza di due amori: «amore di sé», che porta all’indifferenza per Dio, e «amore di Dio», che porta alla piena libertà per gli altri e ad edificare una città dell’uomo retta dalla giustizia e dalla pace (cfr La Città di Dio, XIV, 28).

Di certo questa visione non fu estranea ai fondatori di Sansepolcro. Essi idearono un modello di città articolato e carico di speranza per il futuro, nel quale i discepoli di Cristo erano chiamati ad essere il motore della società nella promozione della pace, attraverso la pratica della giustizia. La loro sfida coraggiosa diventò realtà, con la perseveranza di un cammino che, grazie al supporto del carisma benedettino prima e dei monaci Camaldolesi poi, è continuato per generazioni. Fu necessario un forte impegno per fondare una comunità monastica e poi, intorno alla Chiesa Abbaziale, la vostra città. Non fu solo un progetto che segna l’urbanistica del Borgo di Sansepolcro, perché la stessa collocazione del Duomo ha una forte valenza simbolica: è il punto di riferimento, a partire dal quale ciascuno può orientarsi nel cammino, ma soprattutto nella vita; costituisce un forte richiamo a guardare in alto, a sollevarsi dalla quotidianità, per dirigere gli occhi al Cielo, in una continua tensione verso i valori spirituali e verso la comunione con Dio, che non aliena dal quotidiano, ma lo orienta e lo fa vivere in modo ancora più intenso. Questa prospettiva è valida anche oggi, per recuperare il gusto della ricerca del «vero», per percepire la vita come un cammino che avvicina al «vero» e al «giusto».

Cari amici, l’ideale dei vostri fondatori è giunto fino ai nostri giorni e costituisce non soltanto il cardine dell’identità di Sansepolcro e della Chiesa diocesana, ma anche una sfida a conservare e promuovere il pensiero cristiano, che è all’origine di questa Città. Il Millenario è l’occasione per compiere una riflessione, che è, ad un tempo, cammino interiore sulle vie della fede e impegno a riscoprire le radici cristiane, affinché i valori evangelici continuino a fecondare le coscienze e la storia quotidiana della popolazione. Oggi vi è particolare bisogno che il servizio della Chiesa al mondo si esprima con fedeli laici illuminati, capaci di operare dentro la città dell’uomo, con la volontà di servire al di là dell’interesse privato, al di là delle visioni di parte. Il bene comune conta di più del bene del singolo, e tocca anche ai cristiani contribuire alla nascita di una nuova etica pubblica. Ce lo ricorda la splendida figura del neo-beato Giuseppe Toniolo. Alla sfiducia verso l’impegno nel politico e nel sociale, i cristiani, specialmente i giovani, sono chiamati a contrapporre l’impegno e l’amore per la responsabilità, animati dalla carità evangelica, che chiede di non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri. Ai giovani rivolgo l’invito a saper pensare in grande: abbiate il coraggio di osare! Siate pronti a dare nuovo sapore all’intera società civile, con il sale dell’onestà e dell’altruismo disinteressato. E’ necessario ritrovare solide motivazioni per servire il bene dei cittadini.

La sfida che sta davanti a questo antico Borgo è quella di armonizzare la riscoperta della propria millenaria identità con l’accoglienza e l’incorporazione di culture e sensibilità diverse. San Paolo ci insegna che la Chiesa, ma anche l’intera società sono come il corpo umano, dove ogni parte è diversa dall’altra, ma tutte concorrono al bene dell’organismo (cfr 1Cor 12, 12-26). Ringraziamo Iddio perché la vostra Comunità diocesana ha maturato nei secoli un’ardente apertura missionaria, com’è testimoniato dal gemellaggio con il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Ho appreso con piacere che esso ha determinato frutti di collaborazione e opere di carità in favore dei fratelli più bisognosi in Terra Santa. Gli antichi legami indussero i vostri avi a costruire qui una copia in pietra del Santo Sepolcro di Gerusalemme, per rendere solida l’identità degli abitanti e per mantenere viva la devozione e la preghiera verso la Città santa. Questo legame continua e fa sì che tutto quello che riguarda la Terra Santa sia percepito da voi come realtà che vi coinvolge; come d’altronde a Gerusalemme, il vostro nome e la presenza di pellegrini della Diocesi, rendono attivi i rapporti fraterni. Al riguardo, sono certo che vi aprirete a nuove prospettive di solidarietà, imprimendo un rinnovato slancio apostolico al servizio del Vangelo. E questo sarà uno dei risultati più significativi delle celebrazioni giubilari della vostra Città.

Ancora un accenno al Duomo, dove ho contemplato la bellezza del «Volto Santo». Questa Basilica è il luogo della lode a Dio di tutta la Città, la sede della ritrovata armonia tra i momenti del culto e della vita civica, il punto di riferimento per la pacificazione degli animi. E come i vostri padri seppero costruire lo splendido tempio di pietra, perché fosse segno ed appello alla comunione di vita, spetta a voi rendere visibile e credibile il significato dell’edificio sacro, vivendo in pace nella comunità ecclesiale e civile. In pieno Rinascimento, i biturgensi chiesero al pittore Durante Alberti di rappresentare Betlemme nella Chiesa madre, perché nessuno dimenticasse che Dio è con noi, nella povertà del presepio. Memori del passato e attenti al presente, ma anche proiettati verso il futuro, voi cristiani della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro sapete che il progresso spirituale delle vostre comunità ecclesiali e la stessa promozione del bene comune delle comunità civili richiedono impegno per un inserimento sempre più vitale delle vostre parrocchie ed associazioni nel territorio. Il cammino percorso e la fede che vi anima vi diano coraggio e slancio per continuare. Guardando al vostro ricco patrimonio spirituale, siate una Chiesa viva al servizio del Vangelo! Una Chiesa ospitale e generosa, che con la sua testimonianza renda presente l’amore di Dio per ogni essere umano, specialmente per i sofferenti ed i bisognosi.

La Vergine Santa, venerata in modo particolare in questo mese di Maggio, vegli su ciascuno di voi e sostenga gli sforzi per un futuro migliore. O Maria, Regina della Pace, ascolta la nostra preghiera: rendici testimoni del tuo Figlio Gesù ed infaticabili artefici di giustizia e di pace. Amen!